Non fa una bella figura l’Italia in tribunale

Si è da poco celebrata la Giornata europea della giustizia civile e l’Italia ancora una volta si è presentata a testa bassa. All’inizio di ottobre il Consiglio d’Europa ha denunciato deficienze strutturali del sistema giudiziario italiano tali da minacciare lo Stato di diritto. Non è una novità, ormai da diversi anni l’Italia si posiziona nella visione di tutte le istituzioni internazionali nelle ultime posizioni per performance del settore giustizia [Daniela Marchesi, www.lavoce.info].

Non è solo la preservazione dello Stato di diritto a preoccupare: una giustizia civile troppo lenta ha un impatto negativo e rilevante sul grado di competitività del sistema economico.  L’inefficienza della giustizia civile italiana risiede in alcune carenze dal lato dell’offerta, ma anche in molte storture che interessano il lato della domanda. Cosa si sta facendo per correggere le distorsioni?

Dal lato dell’offerta

L’ultimo rapporto Cepej, pubblicato all’inizio di ottobre, mostra nuovamente che le risorse pubbliche impegnate nel settore giustizia in Italia non sono scarse, ma sono in linea con la media di altri paesi dell’Europa a 15, che hanno però tempi dei processi di molto inferiori. Non è quindi in una carenza di spesa la radice dell’inefficienza della nostra macchina giudiziaria. Questa affermazione appare in contrasto con l’esperienza comune: si porta spesso all’attenzione pubblica il fatto che i tribunali non hanno risorse, al punto da rendere critico anche lo svolgimento delle attività quotidiane. Le denunce di disagio non sono, tuttavia, in contrasto con l’evidenza di una destinazione di risorse non esigua al settore. Emerge dai dati che è la composizione della spesa a risultare differente da quella degli altri paesi: la componente incomprimibile per l’Italia è molto alta. Il 77 per cento del budget dei tribunali è assorbito dalle retribuzioni dei magistrati e del resto del personale. Per l’Austria questo rapporto è del 55 per cento, per la Francia del 54 per cento, per Germania e Svezia del 60 per cento.

Differenze importanti si riscontrano anche nel livello degli stipendi dei magistrati. Mentre all’inizio della carriera la retribuzione dei nostri giudici è del tutto in linea con quella degli altri paesi, non è così per i livelli più alti. Fatta eccezione per la Svezia, rappresentiamo il caso in cui la progressione di stipendio con l’avanzare della carriera (dal livello iniziale a quelli del grado più alto) è maggiore: 3,2 volte, contro, ad esempio, il 2,4 dell’Austria, il 2,2 della Germania e l’1,7 dei Pesi Bassi. Inoltre, il fatto che tale progressione avvenga in Italia per anzianità e non per incarichi svolti, fa sì che la platea di soggetti che ne fruisce sia ampia. Le soluzioni per incrementare l’efficienza dal lato dell’offerta vanno, perciò, cercate più in una razionalizzazione della spesa e dell’organizzazione generale del settore, che in un aumento della quantità di risorse da impegnare.

Cosa si sta facendo

Le disposizioni contenute nella Finanziaria che tagliano gli incrementi stipendiali legati all’anzianità, ovviamente, non sono di per sé una soluzione: gli scatti di carriera oggi sono legati soltanto all’anzianità e quindi un taglio generalizzato riduce la spesa, ma non seleziona in alcun modo in favore dell’efficienza del servizio. Tuttavia, ha il pregio di porre il focus su una questione che va risolta. La riforma dell’ordinamento giudiziario, sia per le tormentate vicende parlamentari che la interessano, sia per il contenuto dei progetti che si profilano, non sembra ancora trovare la strada dei rimedi efficaci a questo problema.

Alcuni segnali positivi vengono invece dal lato della riorganizzazione generale dei tribunali. Il ministero della Giustizia intende operare tagli e accorpamenti in modo che tutte le strutture giudiziarie contino su un organico minimo di 14 magistrati. Si tratta di un intervento necessario, ma contenuto nella misura, a dispetto della vivacità delle proteste che si sono sollevate. Da analisi econometriche della Commissione tecnica della spesa pubblica e dell’Isae, ad esempio, emerge che, per il sistema italiano, sarebbe ottimale un minimo di 20 magistrati per tribunale, che il 72 per cento dei tribunali è attualmente sottodimensionato e che le performance della giustizia sono in passato migliorate in occasione di riforme che hanno aumentato la dimensione media dei tribunali. La produttività dei magistrati risulta aumentare al crescere delle dimensioni del tribunale in cui operano, per effetto di economie di specializzazione.

La situazione dal lato della domanda

La situazione dal lato della domanda appare anche più problematica di quella relativa al lato dell’offerta.

La combinazione delle regole del processo civile, di quelle che interessano la formula di determinazione dell’onorario degli avvocati, la lentezza stessa della giustizia, generano una serie di incentivi di comportamento distorti il cui risultato finale è di indebolire ampiamente la forza contrattuale della parte che ha ragione. L’effetto è quello di gonfiare la componente patologica della domanda di giustizia civile e di intasare i tribunali producendo ulteriori allungamenti dei processi. Lo stato di debolezza contrattuale della parte che ha ragione pregiudica l’utilità di ricorrere a sistemi di incentivazione all’uso di forme di giustizia alternativa – le cosiddette Adr – che hanno avuto successo in altri paesi, ad esempio in Inghilterra. La riforma più efficace consisterebbe nel sostituire l’attuale formula di parcella degli avvocati, basata su un sistema a prestazione, in una forma di compenso a forfait, e di consentire al legale di percepire una quota rilevante del compenso nel caso in cui una transazione tra le parti si raggiunga nelle primissime fasi del processo, come avviene in Germania.

Siamo molto lontani da questa ipotesi. Anche le novità introdotte dal decreto Bersani, che seppure non risolutive avviavano la strada a una riforma dei compensi, rischiano di essere presto vanificate. Una proposta di riforma della professione forense, trasversale, presentata qualche giorno fa al Parlamento prevede che il sistema tariffario resti com’è, a prestazione, e che minimi siano per molti casi ristabiliti.

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