Imperatore (di Ignacio Ramonet)

Ieri (2 novembre 2004, ndr), gli elettori americani hanno scelto non solo il loro nuovo presidente ma anche l'uomo più potente del pianeta. Dalla fine della “guerra fredda” e dalla scomparsa dell'Unione Sovietica, gli Stati Uniti d'America si sono trasformati nell'unica iperpotenza mondiale. I tragici attentati dell'11 settembre 2001 hanno ratificato questa egemonia e hanno convertito il capo della Casa Bianca in una nuova specie di imperatore della Terra


In qualsiasi luogo del pianeta, il presidente nordamericano esercita un'influenza determinante su un numero consideravole di questioni. In materia di commercio, di ambiente, di sicurezza o di relazioni internazionali, le sue decisioni hanno un impatto rilevante su quello che accade nei nostri paesi. Giustificata o meno, qualsiasi decisione presa da Washington coinvolge in maniera decisiva tutte le democrazie e la maggior parte dei popoli della Terra. E non solo per quanto concerne guerra e pace, come abbiamo visto con l'invasione e l'occupazione dell'Iraq, ma anche, per esempio, per quanto riguarda l'economia.

Non c'è un solo paese membro dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) la cui economia e il cui mercato non siano influenzati dalle decisioni di Washington. Nessuno stato moderno può dirsi completamente indipendente dal formidabile potere d'attrazione dell'economia americana. Gli Stati Uniti sono la locomotiva di quella che si chiama globalizzazione liberale. Molte delle decisioni che il presidente prende, per esempio, in materia di aumenti tributari delle importazioni, possono avere un impatto decisivo su alcuni settori della nostra agricoltura, della nostra pesca o della nostra industria e possono tradursi in perdite ingenti di posti di lavoro.

Per quanto riguarda la questione della sicurezza, abbiamo già visto come la “guerra contro il terrorismo internazionale”, dopo l'11 settembre 2001, abbia indotto il presidente americano a prendere decisioni severe di controllo delle persone e delle frontiere. E a pretendere che tutti i paesi alleati adottassero leggi simili a quelle statunitensi. Ormai non si viaggia con la stessa libertà di prima, soprattutto se si ha intenzione di entrare in territorio statunitense.

E' bene ricordare che con l'indipendenza, nel 1776, degli Stati Uniti e l'entrata in vigore della costituzione, nel 1787, si è costituita, per la prima volta nella storia, la carica di presidente della Repubblica. Questo incarico non era mai esistito prima, in nessun paese (nell'antica Roma, il magistrato supremo della Repubblica era il console). George Washington, presidente dal 1789 al 1797, fu colui il quale, per la rpima volta nella storia del mondo, esercitò questa funzione. Ma per più di un secolo, sebbene vi siano stati presidenti celebri come Adams, Jefferson o Lincoln, il centro del potere era nelle mani, prima di tutto e soprattutto, dei membri del Congresso. Il primo che riuscì a trasformare la presidenza in un'istitutzione più attiva e dominante fu Theodor Roosevelt (1901-1909) che intraprese la costruzione del canale di Panama, limitò la concentrazione del potere economico ed ebbe una visione imperialistica dell'America in politica internazionale. Poi, con il presidente Woodrow Wilson (1913-1921), il vincitore della prima guerra mondiale, il presidente degli Stati Uniti si trasformò in uno dei principali leader del pianeta.

Con gli altri vincitori – Gran Bretagna, Francia e Italia – Wilson sarà l'artefice della ricomposizione della mappa politica dell'Europa nel 1919 e uno dei promotori della Società delle Nazioni (organismo precursore delle Nazioni Unite).

Durante il XX secolo, una serie di presidenti con forti personalità (Franklin Roosevelt, Truman, Eisenhower, Kennedy, Johnson, Nixon, Reagan e Clinton) si sono sempre più accaparrati poteri che prima erano prerogativa del Congresso. Fino a convertire la figura che esercita questo incarico nella persona più potente del mondo.

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