Armi o sviluppo? Oxfam denuncia gli Stati produttori

Dalle cinque massime potenze mondiali, componenti del Consiglio di sicurezza Onu giunge il 90% delle armi acquistate nel mondo. Per i loro armamenti, i Paesi in via di sviluppo stornano fondi alla sanità e ai servizi sociali, paralizzando il proprio sviluppo.


Lo denuncia la ong britannica Oxfam nel rapporto “Guns or Growth?” (Armi o sviluppo?), in cui chiede ai Paesi esportatori di armi (Stati Uniti, Gran Bretagna, Cina, Francia e Russia in primis) di non fare affari con quei governi che impiegano per l'acquisto i fondi destinati all'aiuto alle popolazioni locali. “I governi esportatori di armi non rispettano le promesse fatte e questo significa negare educazione ai bambini e cure mediche ai malati di Aids” dice senza mezzi termini Barbara Stocking, direttore di Oxfam, che chiede un trattato internazionale e norme più severe sul controllo del mercato delle armi.
Secondo il rapporto, mai un Paese esportatore di armi ha ad esempio accertato con quali fondi venissero pagate. Solo Gran Bretagna e Olanda si sono poste il problema.
Si sottolinea anche che mentre ogni anno vengono spesi nel mondo dai 50 ai 60 miliardi di dollari per aiuti alle popolazioni, la cifra per le spese della difesa è invece di 900 miliardi.

Oman, Siria, Myanmar, Pakistan, Eritrea e Burundi spendono più in armi di quanto facciano assieme per salute e istruzione. Il disastro si vede nei Paesi dell'Africa subsahariana, dove al boom delle spese militari corrisponde un netto calo delle aspettative di vita. In particolare, il Sudafrica viene criticato per i 6 miliardi di dollari spesi per acquistare (da GB, Svezia, Germania e Francia) navi da guerra jet militari e sottomarini nel pieno dell'epidemia di Aids.

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