Schiavizzati dal libero commercio

Molte nazioni ricche si sono industrializzate con l'aiuto di meccanismi ora proibiti dalle leggi del commercio globale
13-07-2003 – Fonte: nuovimondimedia.it


Il mito fondante delle nazioni dominanti è quello di aver raggiunto la loro superiorità industriale e tecnologica tramite il libero commercio. Alle nazioni che oggi sono povere viene detto che se vogliono seguirci nella strada per il successo, devono aprire le loro economie alla concorrenza straniera. E questo è un inganno.

Quasi tutte le nazioni ricche si sono industrializzate con l'aiuto di uno o due meccanismi ora proibiti dalle leggi del commercio globale. Il primo è la “protezione dell'industria nascente”: la difesa delle nuove industrie dalla concorrenza estera finché non siano abbastanza grandi da poter competere alla pari. Il secondo è il furto di proprietà intellettuale. La storia suggerisce che lo sviluppo tecnologico può essere impossibile senza uno di questi meccanismi, o entrambi.

La rivoluzione industriale in Gran Bretagna è stata fondata sull'industria tessile. Questa è stata protetta e promossa da uno spietato intervento statale. Come ha documentato l'economista dello sviluppo Ha Joon Chang dell'Università di Cambridge, dal 14° secolo in poi, lo Stato britannico ha sistematicamente tagliato fuori i concorrenti, attraverso la tassazione o il bando dell'importazione di prodotti finiti e il bando dell'esportazione di meterie prime (lana e tessuto grezzo) a Paesi che avevano industrie concorrenti. (1) Lo Stato ha introdotto leggi di protezione simili per i nuovi manufatti che abbiamo cominciato a sviluppare all'inizio del 18° secolo.
àˆ solo quando la Gran Bretagna ha ottenuto una indiscussa superiorità tecnologica in quasi ogni aspetto della produzione industriale che ha scoperto le virtù del libero commercio. àˆ stato solo negli anni dal 1850 al 1870 circa che abbiamo aperto la maggior parte dei nostri mercati.

Gli Stati Uniti, che adesso insistono sul concetto che nessuna nazione può svilupparsi senza il libero commercio, hanno difeso i loro mercati con la stessa aggressività durante la fase chiave del loro sviluppo. Il primo ad esporre sistematicamente le ragioni della protezione dell'industria nascente è stato Alexander Hamilton, il primo Segretario del Tesoro USA. Nel 1816 la tassa su quasi tutti i prodotti finiti importati era del 35%, il che sale al 40% nel 1820 e, per alcuni beni, al 50% nel 1832. (2) Questo fattore, insieme al costo del trasporto delle merci negli Stati Uniti, ha dato ai produttori interni un vantaggio formidabile nel loro mercato di origine.
C'è una buona possibilità che il protezionismo sia stato una causa più immediata della guerra civile americana che non l'abolizione della schiavitù. I dazi alti aiutavano gli Stati del nord, che si stavano industrializzando rapidamente, ma danneggiavano gli Stati del sud, che dipendevano fortemente dalle importazioni. La vittoria dei repubblicani fu la vittoria dei protezionisti sui sostenitori del libero mercato: nel 1864, prima della fine della guerra, Abramo Lincoln aumentò le tasse di importazione al loro massimo storico. Gli USA rimasero la nazione più protetta del mondo fino al 1913. Per tutto questo periodo, fu anche la nazione che crebbe più rapidamente. (3)

Le tre nazioni che si sono sviluppate in modo più spettacolare negli ultimi 60 anni (Giappone, Taiwan, Corea del Sud), non l'hanno fatto tramite il libero commercio ma tramite la riforma agraria, la fondazione e la protezione di industrie chiave e la promozione attiva delle esportazioni da parte dello Stato. Tutte queste nazioni hanno imposto controlli severi sulle imprese estere che cercavano di aprire fabbriche sul loro territorio. (4) I loro governi hanno investito massicciamente nelle infrastrutture, nella ricerca e nella pubblica istruzione. In Corea del Sud e Taiwan, lo Stato possedeva tutte le principali banche commerciali, il che ha permesso allo stesso Stato di prendere le decisioni più importanti sugli investimenti. (5) In Giappone, il Ministero del Commercio Internazionale e dell'Industria esercitava lo stesso controllo con mezzi legali. (6) Questi Paesi hanno usato tariffe ed astuti trucchi legali per escludere prodotti esteri che minacciavano lo sviluppo delle nuove industrie. (7) Hanno concesso ingenti sussidi alle esportazioni. In altre parole, hanno fatto tutto quello che l'Organizzazione Mondiale per il Commercio, la Banca Mondiale e il FMI proibiscono o scoraggiano oggi.

Ci sono due notevoli eccezioni a questo percorso di sviluppo. Né la Svizzera né i Paesi Bassi hanno usato la protezione di industrie nascenti. Invece, come ha mostrato lo storico Eric Schiff in “Industrializzazione senza Brevetti Nazionali” pubblicato nel 1971, essi hanno semplicemente rubato le tecnologie di altre nazioni. (8) Durante le fasi chiave del loro sviluppo (1850-1907 in Svizzera; 1869-1912 nei Paesi Bassi) nessuna delle due nazioni ha riconosciuto brevetti nella maggior parte dei settori industriali.
L'industrializzazione della Svizzera è decollata nel 1859, quando una piccola azienda con sede a Basilea rubò il processo di tintura dell'anilina che era stato sviluppato e brevettato in Gran Bretagna due anni prima. L'azienda fu in seguito rinominata Ciba; più recentemente, dopo una serie di fusioni, è diventata Novartis e quindi Syngenta. Nei Paesi Bassi, nei primi anni 1870, due aziende intraprendenti di nome Jurgens e Van Der Bergh copiarono una ricetta francese brevettata e cominciarono a produrre una cosa chiamata margarina. Le due aziende in seguito si fusero per formare un'azienda chiamata Unilever. Nella decade del 1890, un certo Gerard Philips rubò il progetto di Thomas Edison per le lampade a incandescenza, e fondò l'azienda di elettronica più famosa d'Europa. (9)

Le regole commerciali proibiscono alle nazioni che sono povere oggi di seguire sia l'una che l'altra strada per lo sviluppo. Le nuove industrie sono immediatamente esposte alla concorrenza con aziende estere affermate, che hanno capitali, esperienza, diritti sulla proprietà intellettuale, reti di marketing consolidate ed economie di scala dalla loro parte. Il “trasferimento tecnologico” è incoraggiato in teoria, ma proibito nella pratica da un regime sui brevetti sempre più spietato. Incapaci di sviluppare da sole delle proprie imprese competitive, le nazioni povere sono bloccate nella loro posizione di fornitrici di manodopera e materie prime a basso costo per le aziende del mondo ricco. Ne risulta che è a loro proibito avanzare oltre un certo livello di sviluppo. Se da una parte non ci sono ragioni valide per permettere alle nazioni ricche di proteggere le loro economie, appaiono dall'altra evidenti quelle per permettere alle nazioni povere di seguire gli unici percorsi di sviluppo che sembrano funzionare.

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