ACQUE MINERALI, UN AFFARE INDIGESTO

Lobby in azione in Parlamento, limiti di tossicità più elevati delle acque di scarico, inchieste giudiziarie. In un libro-inchiesta la verità mai raccontata su chi “vuole darcela a bere”.


L”acqua di rubinetto è più sicura di una bottiglia di minerale: i controlli sulla tossicità sono meno severi sui prodotti imbottigliati, fino alla paradossale situazione che su certe sostanze, come l'arsenico, sono ammesse nella minerale concentrazione più alte nella minerale che nelle acque di scarico.
àˆ una delle sorprendenti rivelazioni contenute in un libro uscito di recente in libreria: Qualcuno vuole darcela a bere. Acqua minerale, uno scandalo sommerso , di Giuseppe Altamore. Un”inchiesta puntigliosa e precisa, che mette in luce i rischi per la salute che possono provenire da una bottiglia di minerale e che svela l”esistenza di una potente lobby dei produttori, capace di influenzare e condizionare le scelte dei governi, fino a rendere intoccabile una legge attenta alle esigenze dell”industria, ma poco rispettosa della salute dei cittadini.
Giuseppe Altamore, giornalista e vicecaporedattore di Famiglia Cristiana, ha compiuto un viaggio attraverso la legislazione italiana e comunitaria, scoprendo inquietanti zone d”ombra che lasciano più di un dubbio, soprattutto in considerazione del fatto che l”Italia è uno dei paesi con il più alto consumo di acqua minerale.
Il libro si apre con la storia di un chimico italiano, autore di una ricerca inviata alla Commissione Europea. Fu l”inizio di una querelle tra Governo italiano e Ue. La contestazione ha poi portato a due progetti di legge, in realtà falliti, diretti a limitare la quantità e il numero di sostanze tossiche presenti nelle bottiglie. In realtà , racconta Altamore, nemmeno il procedimento d”infrazione avviato dall”Unione europea è riuscito a scalfire le multinazionali dell”acqua, che sono riuscite perfino a aggirare le raccomandazioni dell”Organizzazione Mondiale della Sanità e le norme rigidissime del Codex alimentarius, l”insieme di regole che indirizzano e controllano il commercio internazionale.
L”autore di Qualcuno vuole darcela a bere spiega i vuoti normativi sulle etichette, i procedimenti seguiti nella lavorazione dell”acqua, arriva a segnalare i rischi legati alla presenza di sostanze come l”arsenico non possa superare i 10 microgrammi per litro nell”acqua potabile, mentre nelle minerali il limite sia addirittura di 50 microgrammi.
Due sono le inchieste aperte, una dalla Procura di Torino, la seconda a Bari. Le indagini hanno già portato a qualche risultato, sono stati effettuati alcuni sequestri, mentre il Ministero della Salute ha sospeso diverse autorizzazioni. Tutto questo però è solo un piccolo passo. Le ultime pagine del testo sono dedicate ai rischi presenti nella disinfezione delle acque potabili con il cloro.

Il nuovo, 18 luglio 2003

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