Le radici bananiere dell’Europa


C’era una volta la banana libera, poi e’ arrivata l’Ue
Quando il mercato delle banane era libero, ciascun Paese faceva a modo suo:
chi sovvenzionava le sue banane, chi addirittura non tassava le banane altrui e chi le faceva entrare nei suoi mercati offrendo una situazione tariffaria privilegiata’. Nel 1993 si e’ detto basta a questo caos delle banane e si e’ creata l’organizzazione comune del mercato delle banane, in
primis perche’ ‘questa disparita’ di situazioni nuoce alla libera
circolazione delle banane’. Nel regolamento Cee 404/1993 si prevede tutto e il suo contrario, dai sovvenzionamenti ai produttori di banane che si trovino isolati geograficamente e impossibilitati ad aderire ad una organizzazione, ma soprattutto alle organizzazioni di produttori,
incentivate a nascere e svilupparsi per gestire i produttori di banane. Poi si prevede perfino la ‘concessione di un premio alla cessazione della bananacoltura’ aggiungendo e specificando che ‘e’ necessario che l’estirpazione avvenga quanto prima’. Non osiamo pensare che qualcuno prima
abbia estirpato e poi ripiantato per prendersi sue ‘concessioni’ diverse. Ma qualcuno deve averlo previsto: infatti si chiarisce che il ‘beneficiario’ non possa ripiantare le banane nella stessa azienda in cui ha preso il premio unico alla cessazione’ per 20 anni. Non in altre aziende, ovviamente!

Ogni anno grazie a questo regolamento si stabilisce quante banane si devono produrre e consumare in Europa. Il calcolo viene fatto sia in base ai dati dell’anno precedente sia sulle previsioni dei consumi e delle ‘recenti tendenze dei consumi e sull’evoluzione dei prezzi di mercato’. Ma le tonnellate di banane che ci mangiamo, o che ci fanno mangiare tutti gli anni
sono anche suddivise per provenienza, quelle comunitarie, quelle dell’ACP [Paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico] e quelle dei Paesi terzi.

Puo’ accadere che un anno non vada tutto come previsto; si sa delle volte la natura riesce a scombussolare ancora le previsioni del tempo dell’Ue. Cosa fare? Un bel provvedimento ad hoc, ci sembra il minimo.

E’ cosi’ che il 23 maggio scorso dopo avere preso atto che Guadalupa e Martinica [che fanno parte dell’Unione Europea per chi non se lo ricordasse, anche se sono nei Caraibi] hanno avuto un’annataccia, si e’ corsi ai rimedi.
Cosi’ si e’ stabilito un ‘aiuto compensativo’ di 30,33 euro per ogni 100 chili di banane prodotte e commercializzate nel 2002, piu’ 3,34 euro/100 kg per la regione della Martinica e 4,57 euro/100 chili per quelle della Guadalupa, a cui ancora va aggiunto per le banane commercializzate da
gennaio a dicembre 2003 altri 21,23 euro ogni 100 chili.

Se si pensa che sul mercato finale un chilo di banane costa 2,5/3 euro sembra abbastanza evidente che il mercato sia un attimo viziato. Oltre agli aiuti standard alle organizzazioni, solo per il 2002, come aiuto straordinario, ad un chilo di banane prodotte nella Martinica sono stati dati 0,35 euro. Ma se vi sembra poco, e’ praticamente la meta’ di quello che
nello stesso regolamento viene considerato il reddito medio alla produzione, calcolato in 64,03 euro ogni 100 chili.

A cosa sono serviti questi numeri? A dire che dopo essersi tanto scandalizzati o interrogati sull’utilita’ di inserire -in quella che dovrebbe essere la Costituzione europea- il richiamo alle ‘radici cristiano giudaiche’, non comprendiamo perche’ simile dibattito non sia sorto sulla nostra attualita’ di mangiatori e produttori di banane. Perche’ non scrivere
che ogni cittadino europeo ha diritto a mangiarsi le sue tonnellate di banane pagandole una cifra esageratamente piu’ cara rispetto al prezzo del mercato, in modo da conservare le sue radici di bananiero? Inutile scandalizzarsi se poi una mucca europea riceve dalle mammelle di Bruxelles
una quota pari a quella che e’ il reddito medio di un Paese povero, almeno e una mucca.

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