I ricchi immaginari


Nelle cifre intese a dimostrare che le popolazioni povere stanno uscendo dalla povertà i conti non tornano.

L’economia globale sta funzionando bene. Sarà anche vero che i ricchi si stanno appropriando di una porzione sempre maggiore della ricchezza del mondo, sarà anche vero che l’ecosistema si sta schiantando, ma, così almeno crediamo, i poveri stanno uscendo dalla povertà . Questo è ciò che ci viene presentato come il test definitivo del grande esperimento neoliberista: se mentre le risorse del mondo vengono privatizzate e le corporazioni deregolate stiamo comunque vincendo la guerra contro la povertà , allora significa che le ineguaglianze e distruzione che accompagnano il processo possono essere spiegate come poco più che danni collaterali.

Esiste un solo insieme di dati che fornisca una visione globale che mostri se i redditi dei poveri siano in ascesa o in discesa, e viene citato ovunque. Questi dati farebbero pensare che ci sia in atto un trend lento ma significativo: tra il 1990 e il 1999 la percentuale delle persone che vivono in povertà assoluta è scesa dal 29 al 23 percento. Per quanto brutte siano alcune delle sue caratteristiche, il modello economico esistente sta aiutando i poveri.

Le cifre sono quelle elaborate dalla Banca Mondiale[1]. La Banca Mondiale sostiene di sapere, con un’approssimazione di più o meno 10.000, quante persone vivano al di sotto di quella che la comunità internazionale definisce la soglia di povertà . La reazione di coloro che criticano il modo in cui funziona l’economia globale è di accettare i calcoli della Banca Mondiale, ma di ribattere che ci sono metodi più equi e meno distruttivi per ottenere gli stessi risultati. Ma il punto è che queste cifre sono prive di fondamento.

Un nuovo articolo dell’economista Sanjay Reddy e del filosofo Thomas Pogge dimostra che la metodologia impiegata dalla Banca Mondiale è talmente difettosa che i suoi calcoli non possono in alcun modo essere corretti[2]. Non solo questi sembrano sottovalutare grossolanamente il livello di povertà globale, ma il trend in discesa che vorrebbero dimostrare sembra essere un artefatto del modo in cui le cifre sono state elaborate. I dati della Banca Mondiale, con i quali si misura il successo o il fallimento dell’intera economia globale, non servono a nulla.

Partiamo da qui: la maggior parte della popolazione mondiale non usa dollari americani per aquistare ciò di cui ha bisogno, e l’equivalente di un dollaro in moneta locale in una parte del mondo può comprare più dell’equivalente di un dollaro in un altro posto. Quindi per cercare di stabilire quante persone vivono con meno dell’equivalente di $1,08 al giorno [considerata la soglia di povertà assoluta], la Banca Mondiale utilizza un metodo detto ‘parità di potere d’aquisto’, che misura la quantità di beni o servizi che si possono comprare in diversi paesi in cambio dell’equivalente di un dollaro.

L’articolo sostiene che i calcoli della Banca sono viziati da varie carenze fatali. La più ovvia di queste è il fatto che la sua stima del potere d’aquisto dei poveri è basato su una misura della capacità di comprare qualsiasi merce o servizio disponibile in una certa economia: non solo cibo, acqua e un riparo, ma anche biglietti aerei, pedicure e personal trainer. Il problema è che mentre i prodotti essenziali sono spesso più cari nei paesi più poveri che in quelli ricchi, i servizi costano meno perché i salari delle persone che li forniscono sono più bassi.

Se, per esempio, un dollaro negli Stati Uniti compra o la stessa quantità di alimenti base che 30 rupie comprano in India, o l’equivalente di tre rupie di servizi [quali quelli offerti da un’impresa di pulizie, un autista o un parrucchiere], allora un calcolo della parità del potere d’acquisto basato sulla media di questi dati fa pensare che una persona in possesso di 10 rupie in India abbia lo stesso potere d’aquisto di una persona in possesso di un dollaro in America. Ma i poveri non comprano i servizi di addetti alle pulizie, autisti o parrucchieri. Una cifra media di tutte le merci e i servizi che una certa economia offre, piuttosto che di quelli aquistati dai poveri, fa sembrare le persone al fondo della scala sociale tre volte più ricche di quanto non siano[3].

La Banca otterrebbe una visione di gran lunga più accurata del potere d’acquisto dei poveri se misurasse solo i prezzi di ciò che essi comprano davvero, piuttosto che includere i prezzi di ciò che comprano i più ricchi nelle stesse economie. Non esistono ancora dati completi, ma i calcoli iniziali di Reddy e Pogge, basati sul costo di pane e cereali, indica che l’analisi della Banca potrebbe aver sottovalutato il numero di persone nel mondo che vivono in povertà assoluta di qualcosa come il 30-40%.

Man mano che il settore dei servizi si espande nelle nazioni povere, i dati della Banca creeranno l’impressione che il potere d’acquisto dei poveri stia crescendo, a prescindere dal fatto che la loro situazione economica sia cambiata o no. Lo stesso falso trend viene stabilito da uno spostamento in direzione del settore dei servizi nelle nazioni ricche, poiché allora un dollaro comprerà un proporzione minore del totale di merci e servizi disponibili. Il potere d’aquisto RELATIVO di un dollaro degli abitanti di nazioni povere aumenta nella stessa proporzione, anche se in termini assoluti il costo della vita per loro rimane immutato. In altre parole, un boom del mercato immobiliare a New York fa sembrare più ricchi gli abitanti delle baracche di Lusaka.

Questi artefatti statistici creano un trend in discesa inesistente nelle cifre sulla povertà . La Banca lo ha esacerbato ri-tarando la soglia di povertà in modo che rifletta la struttura dei consumi globali totali. In questo modo, man mano che l’economia mondiale migra verso il settore dei servizi, i poveri sembrano aver bisogno di meno denaro di quanto ne sarebbe altrimenti necessario per mantenere il loro standard di vita.

E, in modo ancora più grave, i dati che sembrano essere così precisi da indicare con un’approssimazione di più o meno 10.000 quanti dei 6 miliardi di abitanti del pianeta patiscano povertà assoluta sono in realtà basati su una miscela di congetture e estrapolazioni selvagge. Il primo dei due sondaggi principali della Banca misurò il livello dei prezzi soltanto in 63 paesi. Stranamente, la Cina non era tra questi, e né la Cina né l’India compaiono nel secondo sondaggio [sulla base del quale è stato stabilito il trend di cui sopra]. Un insieme di dati sulla povertà globale, presentati come altamente accurati, che non contiene traccia di cifre comparative utili sulle due nazioni con il maggior numero di abitanti del pianeta, può senz’altro essere definito fantasioso.

Le statistiche della Banca, inoltre, non riflettono i cambiamenti in fatto di disparità di reddito. Se il consumo totale in una nazione aumenta solo perché i ricchi sono diventati più ricchi, questo non sarà evidente dalle cifre prodotte dalla Banca, che invece faranno credere che tutti gli abitanti di quella nazione siano più prosperi. Eppure sappiamo che in molti paesi, soprattutto quelli in cui privatizzazione, deregulation e riduzione della spesa sociale introdotte dal modello neoliberale sono state di più ampia portata, i ricchi stanno diventando più ricchi a spese dei poveri.

Che le statistitiche chiave dell’economia globale siano state per così tanto tempo elaborate con metodi che palesemente non servono a nulla è un’indicazione rivelatrice di quanto poco agli uomini che gestiscono il mondo interessi l’effetto delle loro politiche economiche. Se non possono neanche prendersi la briga di produrre dati significativi sulla povertà globale, non abbiamo motivo di credergli quando dicono di volerla affrontare. Attualmente lo sviluppo nel mondo sta procedendo senza strumenti affidabili per decidere se il risultato è che i poveri stanno diventando ancora più poveri o no.

Articolo di Gorge Monbiot
Titolo originale: Rich in Imagination
Tratto da : http://www.zmag.org/Italy/monbiot-ricchiimmaginari.htm

[1] Banca Mondiale, 2002. Pospettive economiche globali e i paesi in via di sviluppo: fare in modo che il commercio funzioni per i poveri.

[2] Sanjay G. Reddy e Thomas Pogge, March 2003. How Not To Count the Poor [Come non contare i poveri]. http://www.columbia.edu/~sr793/

[3]Questo esempio è citato nella relazione riassuntiva di Pogge e Reddy: Ignoto: la portata, distribuzione e trend della povertà globale del reddito. http://www.columbia.edu/~sr793/

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