Inquinamento… mediatico!


Proposte per un’ecologia dell’informazione

Inquinamento …mediatico

Tubi digerenti di notizie o merce venduta agli inserzionisti? àˆ questa la nostra situazione di consumatori dell’informazione. Ne discutono Ramonet e Montalban, teorizzando un ruolo attivo della società civile, una sorta di Greenpeace della comunicazione.

di Marco Bello da Porto Alegre

Ha i baffi folti e i capelli abbondanti Ignacio Ramonet quando, al Forum sociale di Porto Alegre, racconta le sue riflessioni sulla democrazia nei mass media a duemila persone di tutte le età . Ma soprattutto ha uno sguardo fermo e determinato, dietro agli spessi occhiali. Parla in spagnolo fluente e quando si leva una voce ‘perché non parla in francese monsieur Ramonet?’, risponde nella sua lingua, il direttore di Le Monde Diplomatique, ‘no, perché qui la gran maggioranza delle persone capisce meglio questo idioma’. àˆ questione di comunicazione, anche questa.
Al secondo Forum sociale mondiale [Fsm] informazione e comunicazione sono stati temi centrali. Questioni come: in che modo la società civile può riappropriarsi dell’informazione? Come passare da quella verticale ‘sedativo per le masse’ a quella orizzontale, per far circolare idee ed esperienze anziché prodotti da vendere? Un tema che tocca ognuno di noi, o almeno chi da consumatore vuole diventare un cittadino cosciente. Ramonet alcune idee le ha: ‘La mia tesi è sviluppare un’ecologia dell’informazione – dice a un pubblico attonito – nello stesso modo in cui abbiamo constatato che l’ambiente è contaminato, dobbiamo convincerci che l’informazione è un mezzo totalmente inquinato. Occorre lavorare per ripulirla da tutta questa ideologia che vuole convincerci della nostra posizione di sottomessi, sviluppare una sorta di Greenpeace dell’informazione’. Chiede strutture indipendenti di monitoraggio, in ogni paese, sull’operato dei mass media.

Una merce gratuita

Oggi, nell’era della globalizzazione, la caratteristica principale dell’informazione è quella di essere una mercanzia. Pertanto non circola seguendo leggi proprie [quelle che si studiano nelle facoltà di scienza della comunicazione] ma è soggetta alle leggi del mercato, sostiene Ramonet. ‘Le informazioni che circolano sono quelle che le imprese di comunicazione stimano essere le più richieste dalla società ‘. Continua riassumendo le tre caratteristiche delle notizie di massa: ‘Sono molto brevi, semplici, in lingua quasi elementare, e infine patetiche, ovvero devono far ridere [distrattiva] o piangere [compassionevole]’. Ma a guardarle bene, queste sono le caratteristiche ‘di tutti i prodotti della cultura di massa. Il problema è che per l’informazione le conseguenze sono più devastanti perché in generale la prendiamo come un riflesso della realtà ‘.
Un altro tassello, ricorda il direttore, è che nonostante sia una merce, la notizia ha la tendenza a essere sempre più gratuita. ‘L’affare funziona così: l’impresa non vende l’informazione al cittadino, ma vende i cittadini agli inserzionisti degli annunci pubblicitari. Si sovverte la relazione tra l’informazione e la società : la prima diventa qualcosa di secondario nel meccanismo’. Più il messaggio ha caratteristiche di massa, più il pubblico è vasto, e meglio l’affare funziona. Ecco perché è corta, semplice e patetica. Una conseguenza è anche il degrado della condizione dei giornalisti, perché se è merce gratuita, deve pure costare poco a chi la produce. E il lavoro diventa approssimativo.

Ricevitori ‘digerenti’

Secondo Manuél Vasquéz Montalban, il famoso scrittore spagnolo, nonostante si reclami una democrazia di partecipazione, sul terreno della comunicazione questa è molto difficile da realizzare. ‘Ci sono due poli fondamentali, chi emette l’informazione e chi la riceve. Chi produce è oggi una concentrazione dei mezzi, il che elimina l’idea stessa di pluralità della cultura democratica e liberale. àˆ come dire – spiega – nel grande supermercato dell’informazione posso comprare astucci diversi, ma dentro trovo sempre gli stessi contenuti. Per quanto riguarda chi riceve, questi è ormai stato convertito in un soggetto passivo, destinato solo a ricevere messaggi, metabolizzarli, digerirli’. Ecco perché l’informazione deve essere semplice. Ma l’alternativa qual è? ‘Che il ricevitore diventi attivo, possa a sua volta emettere moltiplicando i centri di comunicazione’. Ma secondo Montalban ‘questo è difficile nella pratica’.

Il mercato dell’alternativa

Roberto Savio, fondatore e presidente emerito di Inter Press Service, agenzia di notizie internazionale indipendente, ha 40 anni di militanza nel settore. Si esprime con un tipico accento italo-argentino ed enfatizza il ruolo della società civile: ‘Occorre creare un grande movimento di partecipazione, perché la comunicazione è di tutti e non di alcuni, e correggere gli eccessi della globalizzazione’, come le concentrazioni di imprese produttrici. ‘Per creare un mondo diverso dobbiamo usare la comunicazione come nostro strumento. Utilizzando le nuove tecnologie, noi iniziamo un processo per la creazione di qualcosa che ora non esiste, che è la circolazione massiva di idee, temi, sensazioni, espressioni, esperienze’. Per esempio senza Internet il Forum sociale mondiale non sarebbe possibile, sottolinea. L’anziano professionista è pragmatico ‘in realtà si sta aprendo un nuovo mercato, quello del mondo alternativo, con valori diversi, che ora si diffonde su Internet, ma che deve conquistare altri spazi’. E spinge sul ruolo delle associazioni ‘devono far conoscere questi valori alla gente che non ha più coscienza politica ed è senza interesse per i grandi temi’. Ma mette in guardia perché ‘la società civile invece tende sempre a chiudersi nel suo ghetto, incontrarsi tra persone simili, uscire dal sistema politico ed evitare le masse’. Questo significa che ‘il sistema di potere si restringe sempre più, diventa sempre meno partecipativo. Al contrario: la vera alternativa è entrare nel potere, non uscirne’.

Per Ramonet c’è anche un’altra difficoltà da superare: ‘Come funzionano la verità e la bugia? Oggi la verità è quando tutti i media dicono la stessa cosa, la menzogna è quando tutti dicono che un fatto è falso’. E fa un esempio, come quando, per preparare la guerra, tutti dicevano che c’erano ceceni in Afghanistan. In realtà si è poi verificato che non era vero. ‘Se noi vogliamo fare un’informazione differente, una contro-informazione, dobbiamo essere in grado, ad esempio, di dire che non c’erano ceceni. La verità non si trova nella quantità ma nello qualità ‘. Allora però, la contro-informazione deve essere molto rigorosa, perché ‘Internet ci ha dato strumenti nuovi, ma se circolano notizie false, come spesso accade, cadiamo nella guerra delle menzogne, che non ci porta da nessuna parte’.

Progetto Movimientos. Per non perdersi nella rete

Come fare per diventare elementi attivi nella comunicazione, in grado di ricevere, ma anche elaborare e diffondere informazione? Un modo c’è, secondo l’Agenzia Latinoamericana di Informazione [Alai], che da anni appoggia organizzazioni e movimenti sociali nel settore comunicazione. E si basa su Internet. ‘Una delle difficoltà [per le organizzazioni di base] è capire cos’è Internet. Non è solo un mezzo in più, ma un una nuova dimensione comunicazionale – dice Sally Burch di Alai, nordamericana trapiantata in Ecuador – Nella rete esistono tanti modi diversi di comunicare’. Un altro aspetto importante: ‘Internet non è solo utile per aumentare la visibilità di un’organizzazione ma per rinforzare la democrazia interna alla stessa’. Può essere utilizzata cioè per passare da una struttura verticale, in cui l’informazione passa dall’alto al basso, a un flusso di informazione orizzontale, che facilita la partecipazione nella presa di decisioni.
L’Alai ha realizzato un progetto insieme ad alcuni coordinamenti regionali di associazioni per un portale comune: www.movimientos.org [tra gli altri Via campesina, Movimento senza terra, Grido degli esclusi]. ‘àˆ orientato ai movimenti che hanno bisogno di comunicare, aumentare la loro flessibilità interna e l’accesso all’informazione – spiega Sally – Usa la logica del condominio: ogni coordinamento ha un piano, e poi ci sono gli spazi condivisi, per le campagne, forum sociali, motori di ricerca’. Uno spazio comune, perché così non si è ‘persi’ nella rete. ‘Un elemento fondamentale in questo processo è stata la formazione e lo scambio di esperienze’. L’Alai ha fatto uno studio sull’approccio alle nuove tecnologie di diverse associazioni, per capirne i problemi, le capacità , il grado di accettazione e riuscire a impostare una formazione su come superare gli ostacoli e diventare ‘attore di comunicazione e non solo ricevitore passivo’.
Molte organizzazioni latinoamericane hanno strutture precarie. ‘Abbiamo innanzitutto spiegato ai membri che a monte ci deve essere una decisione politica, che dia priorità alla comunicazione, e le soluzioni si trovano’ spiega Sally. ‘Poi c’è la formazione, che non è solo sulle tecnologie, ma affronta molti elementi: adattare le tecniche alle necessità delle organizzazioni, in che modo comunicare e come gestire l’informazione. Si parla di criteri politici su come ricevere, selezionare e canalizzare le informazioni’. Sally ricorda che i flussi sono sia interni alle associazioni sia verso l’esterno. In questo secondo caso c’è la dimensione ‘internazionale’ di Internet, fondamentale per organizzare pressioni dall’estero anche su problemi interni al paese. àˆ dell’Alai il libro: ‘Movimientos sociales en la Red’ [www.alainet.org/publica/msred].

La campagna

Il diritto alla comunicazione

Le Nazioni Unite stanno preparando il summit mondiale della Società dell’informazione che si svolgerà in due tempi: a Ginevra nel 2003 e a Tunisi nel 2005. Lo scopo è sviluppare una visione comune della società dell’informazione e progettare un piano d’azione strategico.
‘Siamo a un bivio: tra la strada neoliberale, per la quale mass media e conoscenza in generale saranno sempre più privatizzati e la strada dei diritti umani’ sostiene Sean O Siochru, irlandese doc, della Campagna per il diritto alla comunicazione nella società dell’informazione [Cris]. Iniziativa della Piattaforma per il diritto alla comunicazione, che raccoglie associazioni, ong e istituti di ricerca per una società dell’informazione basata su trasparenza, diversità , partecipazione.
La campagna si concentra su due aspetti: la necessità di un forum internazionale che controlli i media e la coscientizzazione dei cittadini sull’importanza di questo monitoraggio [www.comunica.org/cris].

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