I numeri che Bono canterà all’America
di Giuseppe Frangi [g.frangi@vita.it]
23/05/2002
Bisogna riconoscere che ha avuto coraggio il segretario del tesoro americano Paul O’ Neill ad accogliere la sfida di Bono. Il leader degli U2, lo scorso agosto, lo aveva invitato a fare un viaggio con lui in Africa, per guardare finalmente in faccia l’altra faccia della globalizzazione. Un viaggio serio, quello proposto da Bono e attualmente in corso, che “costaâ€Â� ben dieci giorni al ministro dell’economia della più grande potenza del pianeta. Che conclusioni ne trarrà ? Certamente sarà dura per lui cavarsi da un certo imbarazzo. Il suo paese, per esempio, ha appena approvato, a scopo elettorale, una serie di misure di sostegno alla produzione agricola che sono destinate a mettere in ginocchio milioni di contadini nei paesi africani: 190 miliardi di dollari supplementari in dieci anni, che, per fare un paragone, equivalgono a più di un terzo dell’intero Prodotto interno lordo dell’Africa sub sahariana in questo stesso arco di tempo. O, se si vuole un paragone ancor più scioccante, sono il doppio di quanto tutti i paesi poveri riceveranno in aiuti da tutti paesi ricchi.
Per esempio, se facesse tappa in Mali O’ Neill potrebbe fare due conti con i produttori di cotone, principale ricchezza del 153° [su un totale di 162] paese più povero del pianeta. Scoprirà che il prezzo garantito dal governo americano ai suoi ricchi contadini, praticamente un dollaro al chilo contro lo 0,65 del prezzo di mercato, si tradurrà in un vero cataclisma economico nel Mali. Arrossirà O’ Neill nel venire a sapere che il paese africano, nonostante il suo scarsissimo peso, ricorrerà al Wto contro questo palese sopruso della libertà commerciale. Un vero testa coda della storia: la globalizzazione calpestata dalla più grande potenza economica e difesa dal Pollicino del pianeta! Sarà dura per O’ Neill spiegare come a Doha, neppure un anno fa, all’ultimo vertice della World trade organisation, erano stati proprio gli Usa a battersi per l’abbattimento di tutte le sovvenzioni in campo agricolo. Allora, lui stesso aveva propugnato “l’importanza vitale che un commercio più libero rappresentava per la ripresa economica e per la crescita dei paesi più poveriâ€Â�. I diligenti paladini della globalizzazione ci avevano riempito di cifre e di analisi per dimostrarci gli effetti quasi salvifici dell’abbattimento di ogni vincolo al mercato. Sei mesi sono bastati per rimangiarsi tutto e convertirsi ad un feroce protezionismo d’altri tempi!
Non ce ne stupiamo. Basta leggere l’onesta ammissione che Mario Baldassarri, vice ministro dell’economia del governo Berlusconi, pubblicata nel quaderno che gli abbonati a Vita riceveranno settimana prossima [“Tutto il valore del microcreditoâ€Â�; chi lo volesse può telefonare allo 02 5522981]. Dice Baldassarri che quello che chiamiamo mercato andrebbe più correttamente definito una “concorrenza oligopolisticaâ€Â�. Si tratta di “oligopoli concentrati, con forte innovazione tecnologica e forti barriere all’ingressoâ€Â�. Insomma commercio sì, importazioni no! Bella logica, che anche l’Italia nel suo piccolo sperimenta, come Baldassari, dati alla mano ha dimostrato: negli ultimi 40 anni le vendite di nostri prodotti al Terzo mondo ci hanno regalato l’1/ l’1,5 di Pil. Insomma, sono più i poveri a sostenere i ricchi che non viceversa.
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