Sotto l’influenza di una grande paura

La spropositata guerra nella quale è inabissata l’umanità intera porta con sé uno sconfinato senso di sopraffazione e di carestia. Come tutte, anche questa è una guerra preparata e vede schierati i suoi ottusi e devoti volontari. Per un osservatore esterno, un alieno come me che si trova al di fuori del panico generale perché pensa e vive diversamente, la convinzione è che la catastrofe non sia nella direzione verso la quale tutti urlano. No, non è a causa di un nuovo e inarrestabile morbo che il genere umano è minacciato e non morirete adesso più di quanto non sia sempre accaduto.
Avete permesso la presenza di troppi intermediari tra voi e il mondo reale.
Con gli occhi spalancati sui vostri schermi perennemente accesi, che assicurano l’antidoto quotidiano contro i rischi di un pensiero autonomo e di una vita naturale, non distinguete la differenza fra alleanza e repressione, cura e malattia, libertà e reclusione, verità e falsificazione, prudenza e delirante superstizione. Da troppo tempo avete rinunciato a coltivare la spiritualità profonda, difficile e silenziosa che servirebbe per rafforzare l’animo e nutrire il coraggio di una coscienza libera con un senso critico personale.
Esiste qualcosa a cui non credereste se a dichiararlo fosse la voce unificata di un potere ufficiale?
Quel potere, lo stesso che con una mano vi ha trascinato sotto l’ombra di un patibolo inesistente e con l’altra vi stringe al collo il fermo e rassicurante cappio della democrazia, può davvero spingervi a pensare e fare qualsiasi cosa? Non è la prima volta che volete credere all’inferno per sentirvi dire che per voi esiste la salvezza o, con uno slogan meno solenne ma non meno tranquillizzante, che ‘andrà tutto bene’.
Sotto l’influenza di una grande paura, non avete solo perso il senno e il contatto con la realtà ma alimentate un’infermità grave che non ha nulla a che vedere con le conseguenze di un’infezione.
La caccia al malato (e al portatore, al sano, a chiunque) istituita e promossa dall’autorità che vi governa è spregevole e indegna e non esiste pericolo, ragione o psicosi che possano giustificare una simile folle persecuzione.
Quanta miseria c’è in questo vostro «Vietato ammalarsi».
Il martello di una nuova Inquisizione si alza nelle mani della moltitudine di scrupolosi accusatori, arrendevoli come servi ma arroganti come padroni, che fin troppo volentieri hanno accettato di vedere nel prossimo un nemico e di considerarsi esecutori di un ordine morboso che ha trasformato in dovere quello che fino a ieri è stato chiamato diritto alla salute, istituendo l’obbligo universale di essere sani, disinfettati, ospedalizzati.
Dalle caverne del suo euforico isolamento, una nuova classe di schiavi festosi e riconoscenti chiama civiltà la passiva subordinazione alla legge della paura e ostenta con fierezza il grottesco compiacimento con cui porta le sue catene, reclamandone di nuove e sempre più strette, catene per tutti, come premio per la condivisione obbligatoria di un totalitario e tutto moderno concetto di sicurezza, in nome del quale si sacrifica qualsiasi cosa, si trasforma il mondo in un ospedale, si dispone arbitrariamente dell’esistenza e del corpo altrui e le persone diventano meri agglomerati di cellule da isolare come potenziali vettori di malattia. Per la prima volta nella storia e completamente in barba al più elementare buon senso, si affronta una necessità sanitaria mettendo in quarantena i sani. I malati invece vengono ammassati insieme ai pazienti comuni in strutture sanitarie da principio già carenti nella gestione dei ricoverati, anziani e degenti gravi la cui sopravvivenza è realmente messa in pericolo dall’aumentata probabilità di sopportare le complicanze di un’infezione. La paralisi di un intero apparato economico e sociale frena, e in alcuni casi blocca completamente, la già scarsa e vergognosa assistenza ai malati domiciliari gravi, che la chiusura delle aziende sanitarie e il panico generalizzato condannano all’abbandono pressoché totale, in una situazione surreale dove persino i medici (ma per fortuna non tutti) concedono solo improbabili ‘consulti’ telefonici o si godono all’improvviso ferie mai prese, pur di stare lontano dagli ammalati. In tutto questo, alle persone inferme considerate non gravi viene impedita l’assistenza, la compagnia e la cura da parte dei familiari e le si espone inutilmente al rischio di un peggioramento fisico, oltre che psicologico. Agli anziani più fortunati, quelli senza patologie particolari, viene imposta la vita che farebbero se fossero invalidi, rinchiusi e costretti a trascorrere le ultime stagioni della loro esistenza digiuni d’aria, di movimento e di quelle relazioni che gli allungherebbero la vita nutrendo il loro spirito. I soldi disponibili si spendono per i sani, affinché possano mascherarsi da infetti e continuare a farneticare di rispetto e reclamare sicurezza per tutti.
Coloro che esigono tutto questo spacciandosi per partigiani del benessere collettivo sono ciechi alle conseguenze disastrose che una simile situazione ha sulla salute fisica e psicologica delle categorie più deboli e tremano solo per sé stessi, perché questo gli hanno detto di fare.
Poveri, tristi burattini spaventati, che non vogliono saperne di una vita in carne e ossa e così, per scongiurare i normali rischi legati al vivere libero, pretendono piuttosto di imporre a tutti una sopravvivenza di legno e distribuiscono orecchie da somaro a chi vorrebbe solo preservare il diritto naturale di muoversi nel mondo e relazionarsi liberamente, portando avanti l’esercizio primario della propria umanità.
Qualsiasi atto che pretenda di revocare la sovranità assoluta che ogni essere vivente ha per natura sul proprio corpo è solo un atto di persecuzione nazista. Nessuno può autorizzarlo e ogni volta che un potere univoco, indiscutibile e soverchiante ottiene questa limitazione, che sia attraverso un’azione di forza, la manipolazione o un sistema di leggi (o con tutte e tre, come avviene oggi), impone una barbarie inaccettabile. Chiunque non consideri invalicabile il confine della pelle di un altro individuo e per salvare la propria sia disposto a sacrificare le libertà fondamentali del prossimo è solo il vile complice di questa oppressione.
Mai come oggi una dittatura (anch’essa mascherata, ma con l’efficace travestimento della democrazia) ha goduto della prepotenza così capillare di un regime orizzontale, dell’individuo contro l’individuo, dove la delazione del vicino è considerata un atto civico, dove è la massa stessa che esige prepotentemente la sua gabbia sterile e comanda che nessuno possa starne fuori.
Che ognuno stabilisca per sé l’opportunità di rinchiudersi, avere paura, uscire, ammalarsi, vivere o morire, stringersi ai propri simili oppure no e che tutti mettano a tacere le miserabili smanie di dominio sugli altri fermentate sotto la demenza delle loro pericolose fobie.
Perché vivete così? Perché cercate di dilatare il tempo di una vita che siete disposti a vivere da reclusi o, peggio, da carcerieri di voi stessi e del prossimo? Lontani dal sole, dagli affetti, dal confronto, dalla natura e dall’aria libera fuggite la possibilità di ammalarvi per rifugiarvi nella certezza di un’esistenza mutilata, dove vi ammalerete a maggior ragione, convinti sia meglio morire “su un nulla sicuro piuttosto che su un incerto qualcosa”.
I signori che oggi si frugano le maniche per rifilare al mondo la carta falsa dell’epidemia perpetua, che da ora in avanti, dicono, non cesserà mai realmente di  tormentare il genere umano e al pari di un immortale spiritello perfido e dispettoso resterà sempre in agguato, non sono dei semplici ciarlatani che vaneggiano assurdità, sono dei criminali. Attraverso la paura, ormai lo hanno imparato, possono permettersi di affermare e ottenere qualunque cosa.
Questo virus farà il suo corso e passerà da sé, come è sempre accaduto e come sarebbe successo se al posto del terrore avesse vinto la sensibilità di continuare a vivere insieme. La ferita provocata dalla disumanità con cui è stato gestito, al contrario, non guarirà.
La nobiltà superiore del patto non scritto di spontanea e solidale vicinanza tra esseri umani è stata impedita, martoriata e resa illegale dalla ragione distorta di un contratto sociale che affama e mette tutti in pericolo a colpi di panico e dispotismo, con i suoi decreti per la disintegrazione della socialità, senza i quali l’umanità non sarebbe arrivata spontaneamente a questo livello di abbrutimento.
Al di sopra delle masse si muovono gli interessi feroci di soggetti ignobili (organizzazioni internazionali, aziende informatiche, centri di ricerca, miliardari e sedicenti filantropi, scienziati, politici corrotti, istituti finanziari, industrie farmaceutiche, finanziatori di aziende per l’automazione, la robotica e le biotecnologie…) che lavorano costantemente con l’unico scopo di conservare e accrescere, attraverso la tecnologia, il loro potere di controllo e manipolazione sulla gente comune, continuando a dirigere le scelte e ogni aspetto della vita delle persone.
Non credere a questo è come non credere alla luce del giorno.
Le appendici elettroniche delle quali siete i servi compiaciuti sono i guinzagli più evidenti di quei poteri sproporzionati che si spartiscono il pianeta, banchettando sulla schiena curva e obbediente di quell’organismo ammaestrato che si chiama massa.
Confinando il pensiero e la percezione libera in un mondo falsificato e immateriale, che sostituisce sempre più quello vasto e concreto della realtà vera e tangibile, l’era digitale plasma così la fisionomia incorporea dell’uomo senza dimensione, addestrato, sterilizzato, controllato, senza libertà e per ciò senza futuro.
Presto, quelle appendici verranno integrate forzatamente nel corpo delle persone, che così non saranno più solo manipolate: saranno programmate. Oggi si è fatto più di un passo verso questa direzione ripugnante.
La scienza che si dichiara indifferente ai problemi dell’etica, che cioè si autorizza a non rispondere delle proprie azioni ritenendosi immune dalle responsabilità del giudizio e della coscienza, è una scienza inumana e deve essere rifiutata da chiunque non aspiri alla sicurezza di un trattamento da ingranaggio.
I pochi (persone comuni, politici, filosofi) che in questa situazione hanno conservato la dignità e la ragione, perché pensano e vivono diversamente, devono resistere. In tempi talmente bui, dove gli individui non sono considerati, e non si considerano loro stessi, più che esecutori senza diritti, più che macchine, pretendere il riconoscimento delle libertà personali e reclamare la sovranità sul proprio corpo non è un atto eroico ma è molto di più: un atto realmente e profondamente umano.
È necessario saper rinunciare alla vita per la libertà e le idee, mai il contrario. Bisogna accettare i limiti e le incertezze proprie dell’esser vivi rifiutando la smaterializzazione della realtà e delle coscienze. Come “la pace è la qualità degli uomini misurati”, così la salute è la condizione degli uomini assennati.
È necessario temere la gabbia e la falsificazione molto più della peste e, con decisione, mostrare la volontà concreta di ritornare ad essere liberi.

L’alieno

 

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