I lavoratori di Manolada: In ogni caso, nessun greco vorrebbe questo lavoro

(Fonte: znetitaly.altervista.org)

Raccoglitori irregolari di fragole a Manolada, Grecia – Foto Piet den Blanken

di Tamara van der Putten ”’ 4 agosto 2014

Con un tribunale greco che libera gli aggressori e il padrone di 35 raccoglitori di fragole del Bangladesh, torna all’attenzione la condizione dei lavoratori migranti in Grecia.

Nella piccola cittadina greca di Nea Manolada il profumo delle fragole riempie l’aria. Situato nella regione di Ilia nel Peloponneso occidentale, un vasto numero di imprese occupa centinaia di ettari di terreno per coltivazioni intensive in serra. Con un giro d’affari di piu’ di 90 milioni di euro, la produzione di fragole copre la maggior parte (fino al 95%) del mercato greco, mentre il 70% e’ esportato in paesi quali Russia, Germania e Regno Unito, tra altri.

Ad ogni angolo di strada si possono trovare manifesti idillici del carnoso frutto rosso e scorgere ville eccessivamente lussuose non e’ difficile. Nel 2011, nel mezzo della crisi dell’economia greca, l’ex primo ministro ‘socialista’ George Papandreou ha elogiato i proprietari delle coltivazioni per il loro audace spirito imprenditoriale e innovativo in agricoltura. Ma a quale costo ”’ e soprattutto a carico di chi ”’ si regge il cosiddetto ‘miracolo’ di Manolada?

All’interno di una tenda calda e afosa il ventenne Murad Alemir ha uno strofinaccio legato in giro alla vita per evitare che uno sciame di mosche si appiccichi al suo torace sudato. Il giovane lavoratore immigrato fa parte di una squadra di dieci altri sul pavimento. La maggior parte sta dormendo; altri mangiano fragole. Come una sardina in barattolo un altro uomo e disteso sul fianco affaccendato a digitare sul suo telefono. Questo e’ un tipico ricovero di Manolada, una tenda improvvisata di trenta metri quadrati fatta di plastica, cartoni e bastoni di bambu’.

Ospitando fino a 25 raccoglitori di fragole, le temperature nella tenda salgono in estate fino a 40 gradi. Non c’e’ elettricita’, ne’ fognatura. Tre mesi l’anno si fanno la doccia e lavano i propri vestiti in un corso d’acqua situato dietro la piu’ vicina pompa di benzina. Nel resto della stagione usano una pompa che funziona solo due giorni la settimana.

Piu’ di settanta lavoratori provenienti dal Bangladesh vivono in questo specifico campo. Ce ne sono altri venticinque simili, tutti vicini alle serre dove gli uomini faticano piu’ di otto o nove ore il giorno in condizioni molto pericolose per la loro salute. Dopo lo scoppio di un incendio in una delle baracche nel 2006 e dichiarazioni del comando regionale dei pompieri che descrivevano la sistemazione dei lavoratori come ‘una discarica umana’, ispezioni del lavoro e della sanita’ sono state condotte diverse volte, ma nulla e’ cambiato da allora.

Tuttavia i lavoratori non indulgono all’autocommiserazione. ‘Ci abbiamo messo solo quattro giorni per costruire questo’, dice Murad orgoglioso dell’accampamento. Ci guida in un giro alle aree magazzino, alle ‘toilette’ (dei semplici buchi nel terreno), al loro orto e persino a un piccolo spazio per le preghiere. Mentre s’inginocchia noto cicatrici di pallettoni lungo le gambe. In effetti Murad e’ uno dei sopravvissuti a una brutale sparatoria che ha avuto luogo l’anno scorso. Essa, e null’altro, e’ il miracolo di Manolada.

Sfruttamento, sangue e impunita’ descrivono forse meglio la sinistra realta’ che sta dietro i campi macchiati di rosso. Il 17 aprile 2013 tre caposquadra del maggiore produttore di fragole dell’area hanno aperto il fuoco su un gruppo di lavoratori del Bangladesh in sciopero, lasciando 35 feriti e molti in condizioni critiche, dopo che gli uomini avevano reclamato sei mesi di paghe arretrate.

I tre sparatori e il loro datore di lavoro Nicos Vangelatos sono stati arrestati su accuse di contrabbando di manodopera, possesso illegale di armi e violazioni della legge sul lavoro. Il 6 giugno un tribunale di Patrasso ha finalmente avviato la causa con un gruppo d’e’lite dei piu’ notori penalisti della nazione in rappresentanza di Vangelatos e dei suoi caposquadra.

Nel dibattito pubblico incentrato sul caso gli sparatori sono stati rapidamente rivelati come membri dell’Alba Dorata, il partito neonazista che ”’ nonostante una recente repressione del governo ”’ ha guadagnato il terzo posto nei voti alle recenti elezioni del parlamento europeo. Alla luce della sparatoria, tuttavia, l’Alba Dorata ha negato qualsiasi coinvolgimento. La direzione del partito, invece, ha condannato gli sparatori per aver ‘impiegato immigrati irregolari, privando del sostentamento migliaia di famiglie greche.’

Come emerge, il sentimento contro gli immigrati e’ prevalente nell’area circostante: a solo dieci minuti di macchina da Manolada un albergo a gestione famigliare consegna portachiavi con la svastica ai propri clienti. Molti sono molto espliciti nelle loro idee, anche se spesso le presentano in maniera contorta. ‘Non ho problemi con gli immigrati’, dice un giovane locale di un paese vicino,’ fintanto che non mi vengono vicino’. Aspirando con aria casuale la sigaretta aggiunge: ‘Hanno malattie, vedi, perche’ vivono con un mucchio di uomini’.

La stessa Manolada, una piccola cittadina di circa 2.000 residenti greci, ospita anche circa 4.000 immigrati, prevalentemente dal Bangladesh e dal Pakistan, ma anche immigrati della prima ondata da Albania, Romania e Bulgaria. La maggior parte di loro e’ priva di documenti e si tratta o di lavoratori stagionali o di residenti permanenti.

Come in gran parte dell’Europa, l’agricoltura greca dipende fortemente da manodopera immigrata a basso costo e molti qui sono occupati in condizioni spaventose per salari miserabili; cioe’, nel caso che siano effettivamente pagati. Quando, in seguito, video sconvolgenti e racconti di testimoni hanno rivelato condizioni realmente degradanti prossime a moderna schiavitu’, hanno presto cominciato a circolare in rete appelli al boicottaggio delle ‘fragole insanguinate’.

La sentenza di mercoledi, tuttavia, ha rivelato la vera faccia della giustizia greca. Il tribunale di Patrasso ha assolto due degli accusati ”’ tra cui Vangelatos, l’imprenditore ”’ e sono state archiviate le accuse di contrabbando di manodopera. Gli altri due, gli sparatori effettivi, hanno ricevuto una condanna iniziale di piu’ di 14 e 8 anni, ma sono stati rilasciati con la condizionale dopo l’appello contro la sentenza, con l’opzione di pagare, in alternativa, un’ammenda di cinque dollari il giorno.

All’esterno del tribunale dozzine di immigrati sono state viste piangere, sconvolte e incredule per la sentenza. ‘Mi vergogno di essere greco’ ha dichiarato ai media assiepati l’avvocato degli immigrati Moises Karabeyidis. Ma sfortunatamente, in un paese gia’ segnato da crescente xenofobia e impunita’ dei responsabili di attacchi razzisti, la decisione della corte non e’ una sorpresa.

L’anno scorso il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, denunciava ancora gli spari come un ‘atto vergognoso e senza precedenti [che] e’ estraneo all’etica greca’. Superfluo dirlo, questa e’ anche quella stessa ‘etica’ che muove il governo a guida conservatrice della Grecia a reprimere violentemente gli immigrati: dalla massiccia operazione poliziesca di allontanamento lanciata nel 2012 ”’ eufemisticamente chiamata Xenious Zeus, dall’antico dio greco dell’ospitalita’ ”’ in cui decine di migliaia di immigrati privi di documenti sono state radunate per controlli abusivi dell’identita’, alla successiva detenzione di circa 7.000 persone nei cosiddetti ‘centri di accoglienza’, dove rischiano sino a 18 mesi di condizioni veramente inumane (una legge recente consente che il periodo sia prorogato indefinitamente).

E anche la stessa entica che ha guidato il ministro dell’ordine pubblico, Nikos Dendias, nel protestare per l”invasione‘ e la ‘bassa qualita’‘ dei migranti in arrivo nel paese. Di fronte al caso di Manolada, tuttavia, Dendias ha prontamente dichiarato che ‘lo sfruttamento di centinaia di migliaia di esseri umani nostri fratelli non e’ accettabile’.

Secondo la logica della dirigenza, dunque, lo sfruttamento dei lavoratori immigrati e’ considerato contrario all’etica e agli standard morali greci solo quando tocca il livello massimo estremo del tentato omicidio. Tali evidenti crimini devono ovviamente essere condannati. Tirate le somme, comunque, queste parole vuote non sono sufficienti a garantire giustizia alle vittime reali della violenza. Ancora una volta i responsabili di tali azioni vergognose riescono a farla franca con la sconvolgente complicita’ delle autorita’.

Gli spari di Manolada sono solo l’esempio piu’ recente di una lunga storia di violenza razzista contro i lavoratori immigrati dell’area. L’incidente piu’ recente denunciato risale al 2012, quando due coltivatori ”’ uno dei quali e’ lo sparatore dell’anno scorso ”’ hanno picchiato un trentenne egiziano, gli hanno bloccato la testa nel finestrino di un’auto e lo hanno trascinato in giro per un chilometro. Un’aggressione simile ha avuto luogo nel 2009, quando due greci avrebbero legato due lavoratori del Bangladesh a una moto trascinandoli attraverso la piazza centrale.

In due separate occasioni, nel 2008 e nel 2011, giornalisti sono stati brutalmente aggrediti e minacciati da agricoltori locali mentre cercavano di scrivere sulle condizioni di sfruttamento incontrollato. Come ha dichiarato al New Statesman Dina Daskalopoulou, una delle giornaliste che hanno pubblicato l’articolo:

Quando i proprietari hanno notato la nostra presenza e quello che stavamo facendo, si sono radunati attorno a noi e ha cominciato a spintonarci e a urlarci contro [‘¦]. Io sono stata chiamata ‘nemica dei greci’ e ‘anticristiana’ e molto altro. La polizia, pur pienamente a conoscenza degli incidenti, non ha fatto nulla. Nessun procuratore distrettuale ha assunto iniziative, nulla, nemmeno quando ho ricevuto telefonate anonime che mi dicevano ‘duemila euro sono sufficienti per farti uccidere, qui.’

Il vergognoso verdetto della corte e la conseguente impunita’ goduta di responsabili della violenza razzista sono stati descritti da molti come una giornata nera per la giustizia in Grecia. Nel frattempo i lavoratori immigrati che realmente sono la base del ‘miracolo’ di Manolada restano inermi di fronte allo sfruttamento economico, alle violenze fisiche e al razzismo istituzionalizzato. Con i loro diritti e la loro dignita’ negati dal sistema economico e legale, il solo valore degli immigrati per la societa’ greca appare essere la loro forza lavoro non remunerata.

Tornati all’accampagmento Murad parla del pervasivo senso d’ingiustizia che vivono quotidianamente i raccoglitori di fragole. ‘Possono venire ad arrestarci con facilita”, dice delle autorita’ locali che hanno costantemente chiuso un occhio sulle pratiche del lavoro altamente redditizie nell’area. ‘Non ci disturbano perche’ sanno di avere bisogno di noi’. Abbassando lo sguardo sulle cicatrici delle pallottole sulle sue gambe aggiunge: ‘In ogni caso nessun greco vorrebbe questo lavoro’.

Tamara van der Putten e’ un’antropologa medica ed ex volontaria del Comitato Greco per i Profughi (GCR) di Atene. Desidera ringraziare il GCR e in particolare Vassilis Kerasiotis, che ha rappresentato in tribunale i raccoglitori di fragole, per la sua instancabile dedizione al caso e per aver reso possibile il reportage fotografico [vedere l’originale su Roarmag.org] . Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autrice.

Piet den Blanken e’ un fotografo documentarista e fotogiornalista olandese specializzato in migrazioni internazionali. Il suo lavoro si concentra sulle vite e condizioni di lavoro di quelli che vivono ai margini della societa’ (sito web).

www.znetitaly.org

Fonte: [zcomm.org]

Originale:  Roarmag.org

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2014 ZNET Italy ”’ Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 

(Tratto da: http://znetitaly.altervista.org)

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