Sovranita’ monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi

Sovranita' monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisiRené Guenon ha osservato, a proposito della moneta, che e’ accaduto ‘quanto generalmente accade per tutte le cose che, a questo o ad altro titolo, svolgono una funzione nell’esistenza umana: sono state cioe’ spogliate a poco a poco di ogni caratteristica “sacra” o tradizionale, per cui quella stessa esistenza, nel suo insieme, e’ diventata del tutto profana e si e’ infine ridotta alla bassa mediocrita’ della “vita ordinaria” quale e’ visibile al giorno d’oggi’ (1).

Al giorno d’oggi si constata effettivamente che la degenerazione della ‘questione monetaria’ e dell’utilizzazione della moneta sta spaventosamente accelerando il processo di dissoluzione di ogni nesso organico, comunitario, solidaristico. Il predominio rapace della finanza speculativa e’, negli effetti e nei risultati, sotto gli occhi di tutti ma, nelle cause e nei meccanismi di riproduzione, ancora poco evidente agli occhi dei piu’.

Gli anticorpi esistono, ma in un contesto di svalutazione del significato della politica e del senso dello Stato non sono facilmente reperibili.

La verita’ e’ che di una maggiore – non minore – presenza dello Stato vi e’ bisogno, a salvaguardia del bene comune e contro le pretese dei ‘mercati’. Nel campo economico particolare attenzione meriterebbe il rilancio delle grandi opere pubbliche, le sole che possono veramente incrementare sviluppo e produzione assicurando lavoro e occupazione.

In Italia, ad esempio, l’immenso settore della messa in sicurezza del territorio e dell’edilizia costituirebbe certamente un volano della massima importanza ed efficacia. Come dare il via a un grande intervento del genere? La risposta c’e’, facile concettualmente da individuarsi quanto difficile nella realizzazione per l’opposizione dei veri poteri forti: essa consiste sostanzialmente nello stampare denaro di Stato e farlo circolare, denaro di proprieta’ pubblica non assoggettato pertanto a debito verso le istituzioni bancarie private (BCE e attuali banche centrali nazionali); questo eviterebbe anche il ricorso ai prestiti del Fondo Monetario Internazionale, concessi in cambio di micidiali ‘riforme strutturali’.

Intanto figure realmente esistenti ma tutto sommato secondarie (la ‘burocrazia’, i politici ladri e corrotti, gli evasori dello scontrino, le ‘mafie’) sono continuamente evocate al fine di distogliere l’attenzione popolare dalle radici e dalle ragioni profonde della crisi, che sono di ordine finanziario e, appunto, speculativo. Il saggio di Claudio Moffa fornisce una risposta equilibrata ed esauriente a tutto cio’, accompagnando chiarezza di esposizione a profondita’ di ricerca: si tratta di un testo importante per tanti aspetti, noi cerchiamo di sottolinearne particolarmente alcuni:

1) la rappresentazione della continuita’ storica dell’esperienza italiana a proposito della cruciale questione del signoraggio bancario e, piu’ precisamente, della proprieta’ della moneta. Continuita’ che comprende il regime fascista (segnatamente la legge del 1936 che pone sotto controllo statale l’emissione monetaria) e gli anni della Repubblica fino all’inizio degli anni Novanta (con qualche scricchiolio gia’ nel decennio precedente per opera degli infausti apripista della speculazione Andreatta e Ciampi). E’ infatti all’inizio degli anni Novanta che, parallelamente a Tangentopoli, si procede al sistematico smantellamento della residua sovranita’ monetaria e dello Stato sociale, travolti dal peso immane di un ‘debito pubblico’ originato proprio dalla trasformazione della moneta pubblica – di proprieta’ dello Stato, quindi della collettivita’ – in moneta privata, ossia posta a debito della collettivita’;

2) l’analisi in proposito del pensiero marxiano, che marca una sostanziale differenza fra il Marx del III libro de Il Capitale (peraltro parzialmente riscritto da Engels in seguito alla morte dell’autore) e quello del I libro dell’opera e soprattutto di quello de Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850: nel primo caso l’attenzione del pensatore di Treviri e’ tutta appuntata sul rapporto conflittuale fra classe operaia e classe imprenditoriale industriale, trascurando completamente l’esistenza autonoma del capitalismo finanziario; nel secondo viene invece acutamente evidenziato il ruolo decisivo e predominante – gia’ a quell’epoca ! – svolto dal capitale finanziario, in grado di speculare sul deficita’ di Stato, tenendolo cioe’ ‘artificiosamente sospeso nelle ansie della bancarotta e obbligato cosi a contrattare coi banchieri nelle condizioni piu’ sfavorevoli’ (2).
La ricerca di Moffa spazia con ampiezza di riferimenti da Marx a Pound, da molteplici esempi storici – concernenti la Bibbia, Erodoto, la storia romana, l’esperienza islamica e quella della Chiesa – al dibattito attuale, spesso trascurato dai massmedia per deliberata scelta o, talvolta, per preoccupante superficialita’ e ignoranza della materia;

3) l’indicazione di concreti e possibili scenari risolutivi. Al di la’ di pur importanti ipotesi di lavoro (quali la rinegoziazione del debito pubblico, l’adozione di monete complementari alternative all’euro e la formazione di due diverse eurozone) ‘per bloccare la deriva e invertire la tendenza c’e’ un’unica soluzione: lo Stato italiano stampi in proprio, anziche’ i titoli di Stato, gli euro – o la lira, nel caso in cui la BCE non accettasse questa decisione, legittima secondo lo stesso Trattato dell’Unione’, sottolinea Moffa, richiamando l’attenzione sulla necessita’ di convocare al tavolo delle trattative – e delle responsabilita’ – il capitale finanziario, finora unico grande assente dalla persistente esortazione al rigore e ai sacrifici rivolta a imprese e lavoratori/cittadini (disoccupati e precari in primis).

E’ dunque giustissimo il richiamo – posto a introduzione delle conclusioni dell’opera – alle parole espresse dal Premio Nobel per l’Economia nel 1988 Maurice Allais: ‘La creazione di moneta deve essere di competenza dello Stato e dello Stato soltanto. Tutta la creazione di moneta eccedente la quantita’ di base da parte della Banca centrale deve essere resa impossibile, in modo che scompaiano i ‘falsi diritti’, che derivano attualmente dalla creazione di moneta bancaria’.

Il 1988: era ancora un periodo, evidentemente, in cui lo strapotere del cosmopolitismo finanziario – dell’usurocrazia, per usare un termine che puo’ disturbare qualche anima candida – non era ancora assoluto come lo divento’ pochi anni dopo, e come e’ tuttora. Oggi l’esigenza e’ effettivamente quella di rompere la gabbia: la gabbia della truffa del ‘debito’ e anche quella dell’utilizzazione di categorie politiche e sociali usurate e anacronistiche mantenute a bella posta per nascondere la realta’. Studi interessanti e appropriati come quello di Moffa incrinano i falsi paradigmi della Globalizzazione e dell”Occidente’ favorendo in modo veramente trasversale la presa di coscienza e di consapevolezza dei motivi veri della crisi all’ordine del giorno nei Paesi europei.

NOTE
1. R. Guenon, Il Regno della Quantita’ e i Segni dei Tempi, Adelphi, Milano 1982, p. 109
2. C. Marx, Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, Uffici della critica sociale, Milano 1896 – Feltrinelli Reprint, Milano, s.d., p. 24

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

Be the first to comment on "Sovranita’ monetaria e rinegoziazione del debito contro la crisi"

Leave a comment