Tutto sta funzionando molto bene per i ricchi e potenti

(Fonte: znetitaly.altervista.org)

 

di Noam Chomsky ”’ 9 dicembre 2013

Quella che segue e’ una versione abbreviata e  leggermente rivista di un’intervista a Noam Chomsky apparsa domenica 8 dicembre su giornale greco Avgi, vicino alla Syriza

C.J.Polychroniou e Anastasia Giamali: L’ideologia neoliberale afferma che il governo e’ un problema, che la societa’ non esiste e che ciascuno e’ responsabile del proprio destino. Tuttavia le grandi imprese e i ricchi si affidano, come sempre, all’intervento dello stato per conservare la loro presa sull’economia e per godersi una fetta maggiore della torta economica. Il neoliberismo e’ un mito, semplicemente una costruzione ideologica?

Noam Chomsky: Il termine neoliberismo e’ un po’ fuorviante. Le dottrine non sono ne’ nuove ne’  liberali. Come dite voi, le grandi societa’ e i ricchi si affidano estesamente a quello che l’economista Dean Baker chiama ‘lo stato balia conservatore’ che essi nutrono. Cio’ e’ vero in modo spettacolare nel caso delle istituzioni finanziarie. Un recente studio del FMI attribuisce i profitti delle grandi banche quasi interamente all’implicita polizza di assicurazione del governo (‘troppo grandi per fallire’), non soltanto i salvataggi ampiamente pubblicizzati, ma l’accesso a denaro a basso costo, valutazioni favorevoli determinate dalla garanzia dello stato e molto altro. Lo stesso vale per l’economia produttiva. La rivoluzione informatica, oggi la sua forza motrice, si e’ affidata molto fortemente su ricerca e sviluppo, approvvigionamenti e altri meccanismi statali. Lo schema risale alla prima industrializzazione inglese.

Tuttavia ne’ il ‘neoliberismo’ ne’ la sua versione precedente come ‘liberismo’ sono stati dei miti, certamente non per le loro vittime. Lo storico dell’economia Paul Bairoch e’ solo uno dei molti che hanno mostrato che ‘il forzato liberismo economico del Terzo Mondo nel diciannovesimo secolo e’ uno dei principali elementi che spiegato il ritardo della sua industrializzazione’, in realta’ della sua ‘de-industrializzazione’, una storia che prosegue sino a oggi sotto varie maschere.

In breve, le dottrine sono, in misura sostanziale, un ‘mito’ per i ricchi e i potenti, che ideano molti modi per proteggersi dalle forze del mercato, ma non per i poveri e i deboli che sono sottoposti alle loro devastazioni.

Che cosa spiega la supremazia del dominio incentrato sul mercato e della finanza predatrice in un’era che sperimentato la crisi del capitalismo piu’ distruttiva dopo la Grande Depressione?

La spiegazione di fondo e’ la solita: tutto sta funzionando benissimo per i ricchi e i potenti. Negli Stati Uniti, ad esempio, decine di milioni sono disoccupati, un numero ignoto di milioni  e’ uscito disperato dalla forza lavoro e i redditi e le condizioni di vita sono in larga misura stagnati o sono declinati. Ma le grandi banche, che sono state responsabili della crisi piu’ recente, sono piu’ grandi e piu’ ricche che mai, i profitti delle imprese stanno battendo record, ricchezza superiore ai sogni di ogni cupidigia si sta accumulando presso quelli che contano, il sindacato e’ gravemente indebolito da politiche che lo aggrediscono e dalla ‘crescente insicurezza dei lavoratori’, per prendere a prestito l’espressione usata da Alan Greenspan per spiegare il grandioso successo dell’economia che lui ha gestito quando era ancora ‘Santo Alan’, forse il piu’ grande economista dopo Adam Smith, prima del collasso della struttura che aveva amministrato, assieme alle sue fondamenta intellettuali. Dunque di che cosa c’e’ da lamentarsi?

La crescita del capitale finanziario e’ collegata al declino del tasso di profitto nell’industria e alle nuove opportunita’ di distribuire piu’ diffusamente la produzione in luoghi dove la manodopera e’ piu’ facilmente sfruttata e i limiti al capitale sono piu’ deboli, mentre i profitti sono distribuiti in luoghi con le aliquote [fiscali] piu’ basse (‘globalizzazione’). Il processo e’ stato agevolato degli sviluppi tecnologici che hanno facilitato la crescita di un ‘settore finanziario fuori controllo’ che ‘sta divorando la moderna economia di mercato (cioe’ l’economia produttiva) dall’interno, proprio come la larva della vespa ragno divora l’ospite in cui e’ stata deposta’, per mutuare l’espressione suggestiva di Martin Wolf sul Financial Times, forse il corrispondente finanziario piu’ rispettato del mondo di lingua inglese.

A parte cio’, come segnalato, il ‘dominio mercatocentrico’ impone una dura disciplina ai molti, ma i pochi che contano se ne proteggono efficacemente.

Che cosa ne pensi della tesi a proposito del dominio di una e’lite transnazionale e della fine dello stato nazione, specialmente visto che chi la propone afferma che questo Nuovo Ordine Mondiale ci domina gia’?

C’e’ qualcosa in essa, ma non andrebbe esagerata. Le multinazionali continuano a contare sullo stato loro patria per la protezione, economica e militare, e anche concretamente per l’innovazione. Le istituzioni internazionali restano largamente sotto il controllo degli stati piu’ potenti e in generale l’ordine globale stato-centrico resta ragionevolmente stabile.

L’Europa si sta approssimando sempre piu’ alla fine del ‘contratto sociale’. Questo sviluppo ti sorprende?

In un’intervista Mario Draghi ha informato il The Wall Street Journal che ‘il tradizionale contratto sociale del continente’ ”’ forse il suo maggiore contributo alla civilta’ contemporanea ”’ ‘e’ obsoleto’ e va smantellato. E lui e’ uno dei burocrati internazionali che sta facendo il massimo per proteggere quel che ne resta. Il mondo degli affari ha sempre disdegnato il contratto sociale. Ricordate l’euforia della stampa finanziaria quando la caduta del ‘comunismo’ offri una nuova forza lavoro – istruita, addestrata, sana e persino bionda e con gli occhi azzurri ”’ che poteva essere utilizzata per minare il ‘lussuoso stile di vita’ dei lavoratori occidentali. Non e’ la conseguenza di forze inesorabili, economiche o d’altro genere, bensi un disegno politico basato sugli interessi di quelli che l’hanno progettato, che e’ molto piu’ probabile siano banchieri e direttori generali piuttosto che gli addetti alle pulizie dei loro uffici.

Uno dei problemi piu’ grossi che hanno oggi di fronte molte parti del mondo capitalista avanzato e’ il fardello del debito, pubblico e privato. Nelle nazioni della periferia dell’eurozona, in particolare, il debito sta avendo effetti sociali catastrofici poiche’ ‘e’ sempre il popolo a pagare’, come hai esplicitamente sostenuto in passato. A beneficio degli attivisti di oggi, spiegheresti in che senso il debito e’ ‘un costrutto sociale e ideologico’?

Ci sono molti motivi. Uno e’ stato colto bene da un’espressione del direttore esecutivo statunitense del FMI, Karen Lissakers, che ha descritto l’istituzione come ‘il gendarme della comunita’ del credito’. In un’economia capitalista se tu mi presti dei soldi e io non ti rimborso, il problema e’ tuo. Non puoi chiedere che siano i miei vicini a pagare il debito. Ma poiche’ i ricchi e potenti si proteggono dalla disciplina del mercato, le cose vanno diversamente quando una grande banca presta soldi a debitori a rischio, dunque a tassi di interesse e con profitti elevati, e poi questi ultimi non sono in grado di rimborsarli. Allora il ‘gendarme della comunita’ del credito’ accorre in soccorso, assicurando che il debito sia rimborsato, con la responsabilita’ trasferita al pubblico in generale mediante programmi di aggiustamento strutturale, austerita’ e politiche simili. Quando ai ricchi non va di pagare quei debiti, possono dichiararli ‘odiosi’, dunque non validi: imposti ai deboli attraverso mezzi iniqui. Una enorme quantita’ del debito e’ ‘odiosa’ in questo senso, ma pochi possono appellarsi a istituzioni potenti perche’ li salvino dai rigori del capitalismo.

C’e’ una quantita’ di altri meccanismi. La JPMorgan Chase e’ stata appena multata per 13 miliardi di dollari (per la meta’ fiscalmente deducibili) per quello che puo’ essere considerato un comportamento penalmente illecito i piani di mutui fraudolenti, per i quali le solite vittime soffrono sotto un fardello di indebitamento senza speranza.

L’ispettore generale del programma di salvataggio del governo statunitense, Neil Barofksy, ha fatto notare che si e’ trattato ufficialmente di un accordo legislativo: le banche che erano le colpevoli dovevano essere salvate e le loro vittime, persone che perdevano la casa, dovevano ricevere una qualche protezione e sostegno limitati. Come egli spiega, e’ stata onorata seriamente solo la prima parte dell’accordo, e il piano e’ diventato un ‘regalo ai dirigenti di Wall Street’, senza sorpresa per nessuno di coloro che capiscono il ‘capitalismo concretamente esistente’.

La lista va avanti.

Nel corso della crisi i greci sono stati presentati in tutto il mondo come pigri e corrotti evasori fiscali cui piace soltanto manifestare. Questa idea e’ diventata dominante. Quali sono i meccanismi usati per convincere l’opinione pubblica? Si possono contrastare?

I ritratti sono presentati da quelli che dispongono della ricchezza e del potere per plasmare il dibattito prevalente. La distorsione e l’inganno si possono affrontare soltanto minando il loro potere e creando organi di potere popolare, come in tutti gli altri casi di oppressione e dominazione.

Quali sono le tue idee su quello che sta succedendo in Grecia, in particolare a proposito delle costanti richieste della ‘troika’ e dell’intransigente desiderio tedesco di promuovere la causa dell’austerita’?

Pare che lo scopo ultimo delle richieste tedesche ad Atene, nell’ambito della gestione della crisi del debito, sia la cattura di tutto cio’ che in Grecia c’e’ di valore. Alcuni in Germania appaiono intenzionati a imporre ai greci condizioni di virtuale schiavitu’ economica.

E’ piuttosto probabile che il prossimo governo in Grecia sara’ un governo della Coalizione della Sinistra Radiale. Quale dovrebbe essere il suo approccio nei confronti dell’Unione Europea e dei creditori della Grecia? Inoltre, un governo di sinistra dovrebbe mostrarsi rassicurante nei confronti dei settori piu’ produttivi della classe capitalista, o dovrebbe adottare i componenti centrali di un’ideologia operaia-populista tradizionale?

Si tratta di questioni pratiche difficili. Sarebbe facile per me abbozzare cio’ che mi piacerebbe accadesse, ma considerata la realta’ esistente qualsiasi percorso seguito ha rischi e costi. Anche se io fossi in condizioni di valutarli correttamente ”’ e non lo sono ”’ sarebbe irresponsabile sollecitare una politica senza serie analisi e prove.

La bramosia di distruzione del capitalismo non e’ mai stata in dubbio, ma nei tuoi scritti recenti presti una crescente attenzione alla distruzione dell’ambiente. Pensi che sia davvero in gioco la civilta’ umana?

Penso sia in gioco una sopravvivenza umana decente. Le prime vittime sono, al solito, i piu’ deboli e i piu’ vulnerabili. Cio’ e’ risultato evidente anche al vertice globale sul cambiamento climatico che si e’ appena concluso a Varsavia, con scarsi risultati. E c’e’ ogni ragione per attendersi che cio’ continui. Uno storico futuro ”’ se ce ne sara’ uno ”’ osservera’ con stupore lo spettacolo attuale. Alla guida del tentativo di evitare una catastrofe probabile ci sono le cosiddette ‘societa’ primitive’. Le Prime Nazioni in Canada, i popoli indigeni nell’America Meridionale e cosi via in tutto il mondo. Assistiamo alla lotta per il salvataggio e la protezione dell’ambiente che ha luogo oggi in Grecia, dove i residenti di Skouries a Chalkidiki stanno opponendo una resistenza eroica sia agli scopi predatori della Eldorado Gold sia alle forze di polizia che sono state mobilitate dallo stato greco a sostegno della multinazionale.

Quelle che guidano entusiasticamente la corsa alla caduta nel precipizio sono le societa’ piu’ ricche e piu’ potenti, con vantaggi incomparabili, come gli Stati Uniti e il Canada. Esattamente l’opposto di quello che prevedrebbe la razionalita’, esclusa la razionalita’ folle della ‘democrazia capitalista concretamente esistente’.

Gli Stati Uniti rimangono un impero mondiale e, secondo la tua spiegazione, operano in base al ‘principio mafioso’, cioe’ che il padrino non tollera una ‘disobbedienza impunita’. L’impero statunitense e’ in declino e, in tal caso, pone una minaccia ancor maggiore alla pace e alla sicurezza globali?

L’egemonia globale statunitense ha toccato un picco storica senza uguali nel 1945 e da allora e’ declinata costantemente, anche se resta ancora molto grande e anche se il potere sta divenendo piu’ diversificato, non c’e’ all’orizzonte nemmeno un concorrente. Il tradizionale principio della mafia e’ costantemente invocato ma la capacita’ di metterlo in atto e’ piu’ limitata. La minaccia alla pace e alla sicurezza e’ molto reale. Per fare un solo esempio, la campagna dei droni del presidente Obama e’ di gran lunga l’operazione terroristica piu’ vasta e distruttiva attualmente in corso. Gli Stati Uniti e il vassallo Israele violano la legge internazionale con assoluta impunita’, ad esempio, minacciando di attaccare l’Iran (‘tutte le opzioni sono aperte’) in violazione dei principi chiave della Carta dell’ONU. La piu’ recente Revisione della Posizione Statunitense sul Nucleare ha un tono piu’ aggressivo di quelle che l’hanno preceduta, un avvertimento da non ignorare. Anche la concentrazione del potere pone pericoli piuttosto generali in questo campo.

Per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese tu hai sempre detto che il dibattito su uno o due stati e’ irrilevante.

Il dibattito su uno o due stati e’ irrilevante perche’ quella di uno stato non e’ un’opzione. E’ peggio che irrilevante: e’ una distrazione dalla realta’.

Le opzioni reali sono o (1) due stati o (2) una prosecuzione di cio’ che Israele sta facendo con il sostegno degli Stati Uniti: mantenere Gaza sotto un assedio devastante, separata dalla West Bank e impossessarsi sistematicamente di cio’ che trova di valore nella West Bank integrandolo nel contempo piu’ strettamente a Israele, impossessarsi di aree con non molti palestinesi ed espellere silenziosamente quelli che vi sono. I contorni sono chiarissimi nei programmi di sviluppo e di  espulsione.

Considerata l’opzione (2) non c’e’ motivo per cui Israele o gli Stati Uniti debbano acconsentire alla proposta di uno stato unico che non ha neppure sostegno internazionale da nessuna parte. Fino a quando non sara’ riconosciuta la realta’ della situazione in evoluzione, parlare di uno stato unico (lotta per i diritti civili, contro l’apartheid, il ‘problema demografico’, ecc.) e’ soltanto un diversivo, che presta implicitamente sostegno all’opzione (2). Questa e’ la logica essenziale della situazione, piaccia o no.

Hai detto che gli intellettuali d’e’lite sono quelli che ti mandano piu’ in bestia. Questo e’ perche’ tu fondi la politica con la morale?

Gli intellettuali d’e’lite, per definizione, godono di molti privilegi. I privilegi offrono opzioni e conferiscono responsabilita’. I piu’ privilegiati sono in una posizione migliore per ottenere informazioni e per agire in modi che influenzino le decisioni politiche. Ne consegue l’immediata valutazione del loro ruolo.

E’ vero che io penso che le persone dovrebbero essere all’altezza delle loro responsabilita’ morali elementari, una posizione che non dovrebbe avere necessita’ di essere difesa. E le responsabilita’ di chi vive in una societa’ piu’ libera e aperta sono, di nuovo ovviamente, maggiori di quelle chi puo’ pagare dei costi per l’onesta’ e l’integrita’. Se i commissari dell’Unione Sovietica accettavano di sottomettersi al potere statale, potevano almeno invocare a loro attenuante la paura. I loro omologhi in societa’ piu’ libere e aperte possono appellarsi solo alla codardia.

Il documentario a cartoni animati di Michel Gondry ‘Is the Man Who Is Tall Happy?’ [L’uomo alto e’ felice? ”’ Sottotitolo: una conversazione a cartoni animati con Noam Chomsky] e’ appena uscito in cinema selezionati di New York City e di altre grandi citta’ degli Stati Uniti dopo aver ricevuto rare recensioni. Hai visto il film? Ti e’ piaciuto?

L’ho visto. Gondry e’ davvero un grande artista. Il film e’ realizzato con delicatezza e intelligenza e riesce a cogliere alcune idee importanti (spesso non comprese nemmeno nel settore) in un modo molto semplice e chiaro, anche con tocchi personali che mi sono sembrati molto sensibili e ponderati.

Da Z Net ”’ Lo spirito della resistenza e’ vivo

www.znetitaly.org

Fonte: [www.zcommunications.org]

Originale: Truthout

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2013 ZNET Italy ”’ Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

 

 

(Tratto da: http://znetitaly.altervista.org)

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