Quello che sta per succedere e perche’

Dopo un 2012 turbolento, il nuovo anno e’ iniziato in un clima economico di relativa tranquillita’. Gli spread sono bassi e la crisi sembra concedere una tregua. Ma cosa ci aspetta nel prossimo futuro? Le difficolta’ sono davvero superate o sono destinate a riproporsi? Poiche’ esistono due opposte chiavi di lettura della crisi, per rispondere a queste domande e’ necessario capire quale sia la piu’ convincente. Vediamole: Chiave di lettura 1: Crisi dei debiti sovrani.

Secondo questa chiave di lettura, alcuni Paesi europei hanno vissuto al di sopra delle loro possibilita’. Hanno aumentato il loro debito pubblico senza migliorare la competitivita’, rischiando il default. L’aumento degli spread indica che i mercati sono restii ad investire in titoli di Paesi spendaccioni e gia’ molto indebitati.
La soluzione della crisi consisterebbe dunque nel rafforzare la disciplina di bilancio, imponendo un tetto al rapporto debito/PIL e implementando drastiche misure di austerity che diminuiscano la spesa. Per scoraggiare la speculazione, a livello europeo andrebbero inoltre introdotte forme di mutualizzazione dei debiti sovrani (acquisto di titoli da parte della BCE, emissione di Eurobonds) in modo che tutti i Paesi si impegnino a garantire, collegialmente, il pagamento degli interessi e il rimborso dei titoli in scadenza emessi dai singoli Stati. Tuttavia, per evitare azzardi morali, i governi nazionali dovrebbero accettare di essere vincolati a realizzare le politiche indicate dagli organismi europei, indipendentemente dalla volonta’ dei loro cittadini.

 

Chiave di lettura 2: Crisi dell’euro.

Secondo questa chiave di lettura, invece, alcuni Paesi europei avrebbero sfruttato l’appartenenza alla moneta unica per aumentare la loro competitivita’, a discapito di altri. Contenendo salari e domanda interna, avrebbero mantenuto la propria inflazione sistematicamente a livelli inferiori rispetto ai partners. I quali, condividendo la stessa moneta, non avrebbero potuto operare una svalutazione difensiva per determinare un riequilibrio. I primi avrebbero accumulato surplus commerciali, mentre i secondi avrebbero visto peggiorare i conti con l’estero, fino ad entrare in crisi.
L’aumento degli spread indicherebbe che i mercati sanno che in futuro il valore dei titoli dei Paesi in crisi potrebbe diminuire: essi potrebbero uscire dall’euro, svalutare, rinegoziare il debito o rinominarlo nella nuova valuta.
Per uscire dalla crisi servirebbe dunque introdurre un meccanismo automatico di riequilibrio fra i Paesi in surplus strutturale e quelli in deficit. Inoltre, data la recessione in atto, le politiche di austerity andrebbero smantellate e sostituite con interventi di segno opposto, a sostegno della domanda e dell’occupazione. Nei Paesi in surplus andrebbero poi alzati significativamente i salari.
Tuttavia, apparendo questa strada impercorribile, poiche’ presupporrebbe che tutti i principali Paesi europei invertano le politiche economiche adottate fino ad oggi, e che quelli piu’ forti accettino trasferimenti automatici verso quelli meno competitivi, l’unica via di salvezza resterebbe l’uscita dall’euro e il recupero della sovranita’ nazionale in materia di politiche economiche e monetarie.

Quale e’ quella corretta?

Chiaramente, queste tesi sono fra loro inconciliabili. Se si accetta l’idea che ad andare in sofferenza siano stati quei Paesi che presentavano un alto rapporto debito/PIL, allora la prima spiegazione appare come quella corretta. Invece, se si crede che la crisi abbia colpito chi ha avuto un tasso di inflazione piu’ alto, converra’ orientarsi sulla seconda.

Ecco una breve tabella riassuntiva:

debito pub / PIL (%) Squilibri esterni e differenziali di costo nell’eurozona
Paese 1999 2007 2011 Saldo conto corrente / PIL
(* 100) 1999-2012
Costo unitario del lavoro
var %1999-2010
Indice prezzi al consumo
1999-2012
Germania

61

65

83

52.0 1.4 21.8
Portogallo

50

68

106

-132.2 11.1 35.1
Italia

114

104

121

-24.4 28.5 30.9
Grecia

103

105

166

-123.2 54.9 43.1
Spagna

62

36

67

-75.5 24.8 38.4

[Dati estratti da Europa: una crisi di debito o di bilancia dei pagamenti? – A.F. Presbitero, Universita’ Politecnica delle Marche, pubblicato su linkiesta.it ]

Le prime colonne mostrano che la prima chiave di lettura e’ infondata: due dei Paesi piu’ colpiti dalla crisi, il Portogallo e la Spagna, fino al 2007 presentavano un rapporto debito/PIL simile o addirittura migliore rispetto a quello della ‘virtuosa’ Germania. La parte destra della tabella conferma quel che abbiamo gia’ avuto modo di affermare: il problema non e’ il debito pubblico. La Germania ha beneficiato di una minore inflazione (ultima colonna) grazie al contenimento del costo del lavoro (penultima colonna) ed oggi vanta il ‘record’ del maggior numero percentuale di lavoratori a basso reddito di tutta l’Europa occidentale (il 22.2%, secondo Eurostat). In questo modo ha aumentato la propria competitivita’, a discapito dei partners europei (terzultima colonna) mandandoli in crisi.

Dunque, i dati indicano che la tesi corretta e’ la seconda, la quale infatti e’ sostenuta da numerosi esperti nazionali ed internazionali. Tuttavia la quasi totalita’ dei media sposa la prima chiave di lettura, l’unica ad essere ufficialmente accettata da tutte le e’lite di governo europee, di destra come di sinistra. Questo non deve stupire: sia ai governanti dei Paesi forti che a quelli degli Stati in crisi conviene far credere che il problema principale siano la spesa dello Stato e il debito pubblico. In questo modo, infatti, i primi possono proseguire il contenimento della domanda interna, arricchendosi grazie alle esportazioni e garantendosi surplus utili ad acquisire aziende pregiate dei Paesi in crisi (come testimonia, per esempio, la recente acquisizione di Ducati da parte di Audi-Volkswagen). I secondi (gli stati in crisi) ottengono di poter sbandierare un ‘vincolo esterno’ grazie al quale imporre ai cittadini quello che altrimenti sarebbe stato impossibile realizzare: tagli ai servizi pubblici e alle pensioni, restringimento delle tutele dei lavoratori, privatizzazioni, continue manovre finanziarie ‘lacrime e sangue’.

Cosi, mentre smantellano lo stato sociale, i governi di Italia, Francia e Germania danno vita ad un insulso gioco delle parti: quando Monti e Hollande spingono per introdurre forme di condivisione dei debiti sovrani, la Merkel risponde pretendendo cessioni di sovranita’ verso le istituzioni UE. Due facce della stessa medaglia, entrambe riconducibili alla chiave di lettura 1. Quella sbagliata.

In seno al Consiglio Europeo e’ stata gia’ siglato l’accordo che consentira’ a ciascun leader di cantare vittoria nella propria patria: da Giugno 2013 la Commissione UE potra’ far sottoscrivere ad ogni Stato un vero e proprio contratto, ove indichera’ le ‘riforme’ da attuare e le modalita’ con cui realizzarle; eventuali ‘meccanismi di solidarieta” saranno riservati ai Paesi che avranno sottoscritto tali intese.

Ecco quindi il leitmotiv che ascolteremo nel 2013: ‘solidarieta” in cambio di cessioni di sovranita’. Lo conferma il presidente del consiglio europeo, Van Rompuy, che pero’ omette di precisare che la solidarieta’ sara’ fasulla: le eventuali forme di mutualizzazione dei debiti saranno parziali e temporanee, come ha gia’ chiarito Angela Merkel, intervenendo al Bundestag. E in ogni caso esse non potranno mai risolvere gli squilibri strutturali fra le economie.

Pertanto c’e’ da aspettarsi che la crisi riesploda. Anche perche’ dal primo gennaio 2013 e’ entrato in vigore il fiscal compact, che statuisce, tra le altre cose, che il rapporto debito/PIL deve assestarsi al 60%. L’Italia, per tentare di raggiungere l’obiettivo, dovra’ varare manovre su manovre, ogni anno, per decine e decine di miliardi. In assenza di una crescita sostenuta, le conseguenze saranno inimmaginabili, come testimoniano le analisi della Corte dei Conti e l’ISPI. L’Italia e gli altri PIGS resteranno intrappolati in una spirale recessiva, senza via di uscita. Ma gli alfieri della chiave di lettura sbagliata non si fermeranno. Anzi, rincareranno la dose. Quelli italiani hanno gia’ nel mirino la privatizzazione della sanita’, che non a caso si sta gia’ realizzando in Spagna.

Uno dopo l’altro i Paesi dell’eurozona dovranno richiedere gli ‘aiuti’ del MES e, in cambio, dovranno cedere ogni residua forma di sovranita’ nazionale. Cosi, le decisioni verranno prese direttamente a Bruxelles e Francoforte, senza che ne’ i cittadini ne’ i Parlamenti nazionali possano opporvi resistenza. Ma cio’ che e’ piu’ drammatico e’ che alla gran parte dell’opinione pubblica, tutto cio’ apparira’ come necessario, in quanto coerente con la teoria della crisi dei debiti sovrani, propagandata dalla stragrande maggioranza dei media.

Per questo, il primo fronte sul quale schierare le forze che vogliono impedire lo sfacelo e’ quello dell’informazione. Un’informazione corretta sulle reali cause della crisi.

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

Be the first to comment on "Quello che sta per succedere e perche’"

Leave a comment