Aid crisis

Nel 2011 gli aiuti allo sviluppo sono complessivamente diminuiti del 2,7% Premessa Sono stati da poco resi noti da parte dell’OCSE, come tutti gli anni piu’ o meno nel mese di aprile, alcuni dati fondamentali relativi all’ammontare per il 2011 degli aiuti ai paesi in via di sviluppo da parte delle nazioni ricche. Tali dati non sono, come c’era per alcuni versi da aspettarsi, molto positivi. Ma prima di ragionarci sopra con qualche dettaglio vogliamo fornire al lettore un breve inquadramento storico-economico della questione.
Una sintetica analisi storico-economica Nel 1970 i paesi sviluppati avevano promesso di raggiungere progressivamente nel tempo l’obiettivo di donare aiuti a favore dei paesi poveri per un ammontare pari allo 0,7% del pil dei primi. Tale obiettivo di fondo non e’ mai stato in realta’ raggiunto, se non da parte di alcuni paesi del Nord-Europa (Svezia, Norvegia, Danimarca, Lussemburgo, Olanda), mentre altri, come ad esempio gli Stati Uniti e l’Italia, presentano a tutt’oggi un livello dello 0,20%.

Complessivamente, comunque, tali aiuti hanno presentato rilevanti oscillazioni nel tempo, collocandosi ad esempio intorno al livello del 0,34% del pil nel 1990 e a quello dello 0,22% del 1997, migliorare un po’ ed arrivare nel 2008 intorno al 30%.

Va anche sottolineato che i paesi donatori, nel fissare la quantita’ degli aiuti e la direzione geografica degli stessi, non appaiono spesso molto disinteressati. Essi partono in generale dai loro obiettivi geo-strategici, nonche’ dai loro interessi commerciali e tengono in rilevante considerazione anche gli antichi legami coloniali. Gli Stati Uniti, in particolare, legano strettamente gli aiuti ad un’agenda militare-politico-economica molto stretta.

D’altro canto, appare difficile pervenire a delle indicazioni generali e sicure sull’efficacia delle politiche di aiuto. Le posizioni in letteratura vanno da chi sostiene che esse tendano ad accelerare lo sviluppo di un paese sino a chi invece, assumendo una posizione molto piu’ critica, afferma che esse sono semmai una delle cause stesse del sottosviluppo, incoraggiando la corruzione, generando inflazione, creando un indebitamento massiccio ed accrescendo l’instabilita’ politica in vari paesi. Si puo’ comunque, alla fine, affermare che esse possono essere efficaci a certe condizioni abbastanza restrittive: se esse sono cosi considerate solo come un ausilio delle politiche di sviluppo e non l’asse principale, soprattutto poi in presenza di una forte capacita’ di messa in opera di piani di sviluppo adeguati da parte dei paesi interessati ”’il cambiamento deve in effetti partire soprattutto dall’interno-, quando inoltre esse sono legate a progetti molto specifici, quando i paesi occidentali non impongono clausole vessatorie e cosi via.
Lo studio dell’OCSE In tale quadro possiamo ora piu’ incisivamente sottolineare alcuni dei contenuti del recente rapporto OCSE. Dunque, nel 2011 i paesi membri dell’OCSE hanno indirizzato circa 133,5 miliardi di dollari come stanziamenti ufficiali ai paesi in via di sviluppo, cio’ che ha rappresentato circa lo 0,31% del pil dei paesi ricchi. Si e’ trattato di una riduzione netta del 2,7% rispetto alle cifre dell’anno precedente, anno in cui il livello degli aiuti aveva raggiunto la sua punta massima, dopo un incremento costante registratosi nei dieci anni precedenti, movimento che aveva fatto si che tali aiuti fossero cresciuti di circa il 63% tra il 2000 e il 2010. Tale incremento era dovuto, in gran parte, alle favorevoli condizioni economiche dei paesi sviluppati sino almeno al 2007-2008.

Tale riduzione, per l’organizzazione citata, e’ da mettere in collegamento con la crisi e con le relative restrizioni di bilancio di molti dei paesi sviluppati; cosi la caduta degli stanziamenti appare particolarmente accentuata da parte di paesi come la Grecia e la Spagna. Persistendo tale pressione presumibilmente negli anni futuri, c’e’ da prevedere una tendenza alla riduzione per un certo numero di anni. Cosi, quella che qualcuno aveva chiamato come l’era d’oro per l’aiuto estero sembra ormai essersi chiusa.

La caduta complessiva degli importi appare peraltro differenziata da caso a caso. Cosi, ad esempio, essa appare piu’ accentuata per quanto riguarda i flussi che si sono diretti verso i paesi piu’ poveri, nel qual caso essi si sono ridotti di ben l’8,9%. L’aiuto ai paesi africani e’ aumentato invece dello 0,9%, ma mentre i paesi sub-sahariani hanno visto una riduzione di circa l’1%, quelli del Nord Africa hanno invece registrato un incremento, suscitato in particolare presumibilmente dai sommovimenti politici nella regione.Come sottolinea un recente articolo apparso sul sito del Guardian, con tutta l’eventuale loro buona volonta’ i politici dei paesi ricchi trovano ora piu’ difficile giustificare ai loro elettori uno stanziamento maggiore a favore dei paesi poveri, mentre essi riducono la spesa a favore delle classi povere nei loro stessi paesi. Ricordiamo che oggi anche le capitali di un paese come la Grecia, ma anche della Gran Bretagna, sono ormai piene di bambini senza risorse. Una tragedia da una parte e dall’altra. (Tratto da: http://www.finansol.it)

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