Iran, scenari di guerra

(Fonte: altrenotizie.org)

di Eugenio Roscini Vitali

Anche se Ahmadinejad lo ha definito un dossier carico di ‘notizie vecchie e tendenziose’, l’ultimo rapporto sul nucleare iraniano pubblicato dall’AIEA conferma i possibili risvolti militari di un programma che per molti anni ha portato avanti una serie di attivita’ “rilevanti per lo sviluppo di ordigni esplosivi nucleari”. La prova del tentativo iraniano di diventare una potenza atomica e’ nei fatti che l’agenzia delle Nazioni Unite ha ricavato dalle oltre mille pagine fornite da 10 Stati membri.

Sono documenti sull’incremento della capacita’ di arricchimento dal 3,5% al 20%; sul trasferimento delle centrifughe dalla centrale di Natanz agli impianti sotterranei di Fordow, due serie di 174 macchine installate all’interno di una ex base militare scavata sotto una montagna nelle vicinanze della citta’ santa di Qom; sulla decisione di accumulare 4922 chilogrammi di uranio arricchito al 5% e 73,7 chilogrammi al 20%, concentrazione e quantita’ sufficiente per ridurre di 5 volte lo sforzo necessario al raggiungimento del livello di purezza (85%) utilizzato per la costruzione di quattro testate nucleari.

Rispetto al precedente rapporto del 2 settembre il documento dell’AIEA non prova in modo definitivo l’esistenza di un programma militare parallelo, ma contiene minuziosi dettagli sulla sperimentazione di materiali altamente esplosivi (tecnologia EBW) e di detonatori ad azione rapida, gusci emisferici in alluminio identificati come “generatore R265”. Si parla di produzione di tetrafluoruro di uranio, il cosiddetto Sale Verde, precursore dell’uranio altamente arricchito, del ricorso ad una rete clandestina per l’acquisto su mercato nero di tecnologie e materiali specifici e della realizzazione di missili a lunga gittata.

L’agenzia delle Nazioni Unite esprime le sue preoccupazione per lo sviluppo al calcolatore di un modello di testate nucleari di caratteristiche tali da poter essere installate sui vettori Shahab-3 e sui test condotti nella ‘vasca’ per esplosioni controllate costruita all’interno della base militare di Parchin. Tutte prove confermate dai documenti forniti dell’intelligence occidentale e dalle immagini satellitari rilevate nel 2005.

In un documento allegato al recente rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica ci sono anche forti indicazioni circa l’aiuto che Teheran avrebbe ricevuto in passato da un “esperto straniero” che per gran parte della sua carriera ha lavorato nel programma di armi nucleari del suo Paese. Il riferimento va all’ingegnere nucleare russo Vyacheslav Danilenko, esperto in dinamiche dei gas e onde d’urto da detonazione che l’Iran avrebbe ingaggiato a meta’ degli anni Novanta e che fino al  2002 avrebbe fornito indicazioni significative sulla realizzazione del generatore R256.

Confortato dalle dichiarazioni dell’ex collega Vladimir Padalko, il settantaseienne scienziato russo nega ogni coinvolgimento e, parlando al quotidiano russo Kommersant, afferma di non essere un  fisico nucleare: “Non sono il fondatore del programma nucleare iraniano”. Padalko, che oggi guida due compagnie per la produzione di nano-diamanti, materiali prodotti dai sistemi di detonazione simili a quello prodotto dall’R256, ha spiegato che questa attivita’ non c’entra assolutamente niente con le armi nucleari e che in Iran anche Danilenko e’ stato impegnato in attivita’ simili.

Secondo quanto pubblicato dal London Daily Mail, Israele starebbe per sferrare un’azione militare contro i siti nucleari iraniani. Fonti del Foreign Office avrebbero riferito che l’attacco, sostenuto da Stati Uniti e Regno Unito, potrebbe aver luogo tra dicembre e i primi mesi del prossimo anno. Il piano d’intervento sarebbe in fase di definizione, ma la recente visita a Tel Aviv del Capo di Stato Maggiore dell’esercito inglese, il Generale David Richards, conferma la volonta’ ad agire e di farlo in fretta.

Vista la distanza che separa Israele dagli obiettivi e l’impossibilita’ di utilizzare gli aerei cisterna, facilmente identificabili dai radar e dai sistemi di difesa aerea, gli israeliani si starebbero preparando ad utilizzare il rifornimento in volo “buddy-to-buddy”, cioe’ il rifornimento tra due aerei dello stesso tipo generalmente utilizzato dagli aerei imbarcati per fornire supporto di avio-rifornimento ai velivoli in fase di rientro e in dotazione ai Tornado italiani  durante la Guerra del Golfo del ’91.

Teheran, che ha definito le accuse dell’AEIA infondate e ha ribadito che non arretrera’ ”di un centimetro”, si e’ detta comunque disposta a rispettare gli obblighi del Trattato di non proliferazione nucleare e a collaborare con l’agenzia della Nazioni Unite. In caso di attacco l’Iran sarebbe comunque pronto a reagire e, a sentire il capo di Stato maggiore, Massoud Jasayeri, uno degli obiettivi sarebbe l’impianto di Dimona, nel Neghev, ritenuto il cuore di un arsenale atomico israeliano.

Riportando le dichiarazioni di Saad-allah Zarey, membro della Guardia rivoluzionaria e uomo vicino all’Ayatollah Ali Khamenei, l’agenzia di stampa Fars ha analizzato una possibile aggressione israeliana parlando di almeno 1.000 sortire per danneggiare in modo non permanente gli impianti atomici iraniani: uno sforzo bellico che nella migliore delle ipotesi ritarderebbe il programma nucleare di due o tre anni e che dovrebbe essere ripetuto ogni cinque. Secondo Zarey la rappresaglia arriverebbe a colpire il Mediterraneo e l’Europa, la Sesta Flotta e le basi americane in Medio Oriente e per distruggere lo Stato ebraico sarebbero sufficienti quattro missili.

Con ogni probabilita’ Zarey fa riferimento ai missili da crociera con capacita’ nucleari che Teheran avrebbe acquisito attraverso il mercato nero dagli arsenali dei paesi dell’ex Unione Sovietica, l’Ucraina e la Bielorussia, una voce che circola negli ambienti occidentali dal 2005 e che si rifa’ a fatti accaduti qualche anno prima.

I missili in questione sarebbero diciotto Kh-55 (Codice Nato AS-15 Kent), venduti a Cina e Iran tra il 1999 e il 200: sono armi aria-terra con range massimo di 2.500 chilometri e testata nucleare da 200 kiloton. Kiev giura che quei missili non erano armati, ma fonti intelligence spettano che la Repubblica islamica sia riuscita ad entrare in possesso delle testate nucleari attraverso un traffico di armi illeciti che potrebbe coinvolgere altri repubbliche dell’ex Unione Sovietica.

Per ora in Iran i rischi di un attacco hanno ricompattato le forze politiche. L’ex presidente della repubblica e leader riformista Mohammed Khatami ha gia’ dichiarato che «se un giorno in Iran dovesse esserci una qualunque interferenza militare, allora tutte le fazioni, che siano riformiste o non riformiste, si unirebbero per far fronte all’attacco».

 

 

(Tratto da: http://www.altrenotizie.org)

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