La fine della sovranita’ nazionale

Che a Londra si sia discusso se fornire di armi gli insorti libici e’ la conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, che in Libia non si e’ intervenuti per ‘salvaguardare le vite dei civili’, che era la motivazione ufficiale della risoluzione Onu, ma a favore di una delle due fazioni in campo. Tuttavia la notizia piu’ inquietante che viene dal summita’ di Londra e’ un’altra: la decisione di costituire ‘un Gruppo di contatto permanente con il compito di coordinamento fra gli organismi internazionali per interventi umanitari e di supporto delle opposizioni’. E’ la fine della sovranita’ nazionale. Nessuno Stato potra’ piu’ essere padrone a casa sua, dipendera’ da un Superstato che sara’ arbitro di decidere se si comporta in modo sufficientemente virtuoso con le opposizioni interne, tale da non meritare una punizione, a suon di bombe, come quella che sta subendo la Libia. Ma chi sono costoro che si arrogano questi diritti? Sono 36 Paesi, fra cui alcuni dei piu’ importanti Stati democratici, o presunti tali, che hanno deciso di identificarsi con la ‘comunita’ internazionale’, concetto fumoso ma che viene regolarmente tirato fuori quando si vuole far rigar dritto qualcuno che non e’ ‘democratically correct’. Ma nel mondo ne esistono altri 140.
Naturalmente nessuno si sognera’ mai di far decollare dei Mirage verso Mosca. L’attivita’ del ‘Gruppo di contatto’ si dirigera’ verso gli stracci che, per una ragione o per l’altra, non vanno a sangue all’Occidente. In qualsiasi paese e’ relativamente facile fomentare un’opposizione per avere poi il pretesto di intervenire. Gli americani lo hanno fatto in Kosovo, armando gli indipendentisti albanesi, e tentano di farlo quotidianamente in Iran. Gli inglesi lo hanno fatto in Libia. All’inizio della crisi libica stavo dalla parte degli insorti. Si simpatizza istintivamente con chi si rivolta contro un dittatore. Mi convinceva che affermassero che ‘in ogni caso la questione deve essere risolta fra noi libici, senza interventi stranieri’. Ma e’ bastato che Gheddafi reagisse perche’ si mettessero a invocare Papa’ Sarkozy e Mamma Nato. Fermati davanti a Sirte dalle truppe di Gheddafi gridavano: ‘Attendiamo i raid della Nato. Sarkozy pensaci tu. Arriva presto, che cosi poi noi possiamo avanzare’. E’ un modo molto comodo, questo, di fare gli insorti, di fare gli eroi con la mutua. Gli insorti afghani, che rappresentano un’opposizione direi piuttosto consistente visto che occupano l’80% del Paese, subiscono da dieci anni il trattamento che i rivoltosi libici hanno assaggiato per pochi giorni dagli aerei di Gheddafi. Non si lamentano. Si battono, disprezzando gli americani che usano quasi esclusivamente i caccia e i droni, aerei senza equipaggio, e facendo strame di civili (persino Karzai, di fronte all’ennesima strage, e’ stato costretto a dire ai suoi padroni americani: ‘Ma combattete almeno un po’ all’afghana!’).
E’ molto facile fare i muscolari quando si sa che si puo’ colpire senza essere colpiti. E’ il caso di Pierluigi Battista che ha innescato una polemica contro i ‘pacifisti di destra’, in particolare Feltri. Ho conosciuto Battista quando facevamo Pagina. Era, con Aldo Piro, uno dei nostri ‘giovani di bottega’. Bravissimi entrambi. Ma Battista e’ uno che se gli scoppia un petardo a dieci metri sviene. Fa parte di quella schiera di ‘ammiratori dell’eroismo altrui, dei monopolizzatori del patriottismo delle retrovie, degli snob della guerra’ cosi splendidamente descritti da Curzio Malaparte ne ‘La rivolta dei santi maledetti’ dopo Caporetto. Se ci fosse una sola possibilita’ che un missile di Gheddafi colpisse le nostre citta’, le nostre case e magari la sua, Pierluigi Battista diventerebbe piu’ pacifista di Feltri.

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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