In vacanza coi nostri sensi

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Finalmente, un po’ di vacanza ce la faremo tutti. I ‘consigli per gli acquisti’ raccomandano gli aspetti legati all’immagine: i luoghi alla moda, la presenza dei VIP, i locali, le star, etc. Vale dunque la pena di ricordare che, dovunque si vada, ad ogni prezzo, e’ possibile trasformare la vacanza in un’esperienza di cui poi sentiremmo il bisogno per molti mesi (spesso pagando per farla in qualche workshop di fine settimana, anche in un seminterrato metropolitano): il recupero dei sensi.
L’individuo postmoderno, per la prima volta nella storia umana, vive per molti mesi l’anno dimenticandosi del proprio apparato sensoriale. Che oltre ai cinque sensi comprende altri momenti di consapevolezza corporea, da quella dell’essere posti sulla terra, su un proprio territorio (cio’ che gli anglosassoni chiamano grounding), a quella di essere in movimento, con tutte le relative sensazioni e percezioni.
Di solito facciamo queste cose automaticamente, senza accorgercene, senza parteciparvi emotivamente, senza profittarne. Siamo chiusi ai sensi. Inconsapevolmente, diventiamo tutti dei piccoli robot che la mattina si alzano, ingurgitano velocemente qualcosa, si recano sul luogo del lavoro fermi su un tram, macchina o treno, si siedono davanti alla scrivania, e li rimangono fino a sera, lasciando i propri sensi in un pressoche’ totale torpore.
Il pranzo, che potrebbe essere un momento di relazione col cibo, ha preso ormai il nome del tempo che gli si dedica, pausa pranzo: da cibo, esperienza del gusto (ma anche estetica ed affettiva) e’ diventato solo un’interruzione del lavoro.
Le macchine indispensabili a vivere la giornata, quelle per raggiungere il luogo di lavoro o studio, i computer e gli altri strumenti operativi, quelle per comunicare (cellulari etc.), sono invece importantissime, ma non sollecitano i nostri sensi. Pigiare sui tasti di un computer o di un cellulare e’ un’esperienza sensoriale misera: pressione e precisione nell’individuare il tasto e’ tutto cio’ che e’ richiesto.
Queste macchine di plastica, d’altronde, non ci restituiscono nessuna sensazione: ne’ calore, ne’ morbidezza, al massimo un suono elettronico che ci avvisa di qualcosa. Privarci delle sensazioni e informazioni che i sensi ci trasmettono ha pero’ un costo elevato. Il risultato piu’ evidente e’ una mancanza di energia.
La terra su cui poggiamo, ad esempio, e’ un enorme trasmettitore di forze, a condizione di saperlo, e quindi, di riceverle. Proviamo a stare sulla terra, quella verde di un prato, o di una spiaggia, di un bosco, o su una lastra di roccia, coi piedi piatti sopra di essa, e il corpo ben poggiato su un nostro centro (ognuno ha il suo, ma quello di tutti e’ posto circa a meta’ tra l’ombelico e l’inguine). Meglio se la mattina ( o il tramonto), guardando verso il sole, respirando con calma, ma profondamente. Dopo qualche minuto ci sentiamo piu’ forti, piu’ sereni, piu’ “coi piedi per terra”, piu’ equilibrati. Piu’ aperti alle energie che ci vengono dalla terra.
A partire da li, possiamo consentirci di aprirli tutti, i nostri sensi. Quelli legati al naso, all’odorato, e sentire cosi gli odori, quelli buoni e quelli cattivi, attraenti e ripugnanti. L’apertura all’odorato aiuta quella dell’udito: che ci insegnera’ subito a distinguere tra melodie (naturali o prodotte dall’uomo), e rumori; o anche i baccani, traduzione moderna dei suoni forti degli antichi Baccanali, oggi ripetuti dai festival di musica amati dai giovani, ma anche in certe feste popolari.
La vacanza coi sensi ci apre nuovi percorsi, rifornendoci di nuove energie, e antiche gioie umane. Meglio approfittarne.

(Tratto da: http://www.ariannaeditrice.it)

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