Perché Tremonti si sta comportando così

Ambrose Evans-Pritchard, ben informato giornalista economico del Telegraph, in suo articolo del gennaio 2008, “Spain and Italy threaten EMU stability” aveva lanciato una profezia a dir poco funesta, ovvero che nei circoli britannici si dava ormai per certo che l’Italia (e la Spagna) sarebbero stati entro breve espulsi dall’area euro per la loro gestione finanziaria allegra. Il debito pubblico di queste due nazioni infatti aveva raggiunto cifre da capogiro (Ludovico Polastri ).


Bernard Connolly, già capo delle ricerche economiche alla commissione Europea ed ora analista strategico della Banque AIG, si era lanciato in una profezia ben più funesta, che l’Italia “avrebbe subito una crocifissione simile a quella dell’Argentina”. L’Argentina si crocifisse agganciando la sua moneta al dollaro: l’effetto sulla sua economia troppo debole per una valuta forte furono perdita di competitività, rincari, fuga di capitali, e infine bancarotta e miseria di massa. Nel caso odierno invece chi ci crocifiggerà sarà l’euro. Goldman Sachs già consiglia clienti e investitori di andare «short» (in pratica di scommettere al ribasso) sui Buoni del Tesoro italiani e di essere «lunghi» (a rialzo) sui BOT tedeschi. E’ un invito ad avviare una speculazione che punta sulla divergenza tra forti e deboli nell’euro-zona, e di fatto aumenterà tale divaricazione con effetti disastrosi per noi: gli stessi che fruttarono tanti miliardi a Soros negli anni ‘90 e in cui Ciampi e Amato fecero perdere all’Italia 60 mila miliardi di lire.

La differenza la farà la Germania che non appena ingranerà la marcia della ripresa porrà le nazioni che si sono allegramente indebitate, spingendo il proprio debito statale oltre ogni limite, a non rendere più interessanti i loro BOT, fonte di copertura dell’immenso debito pubblico. Le manovre che la Cancelliera Merkel sta effettuando in questi giorni, volte a rilanciare la domanda interna tramite la detassazione riservata alle PMI è, oltre un’iniezione di fiducia e sostegno, un richiamo per gli investitori esteri che non si faranno certo scappare l’occasione di comperare un po’ di debito tedesco, sicuramente solvibile, a discapito di quello italiano, ben poco raccomandabile. Lo «spread» tra BOT italiani e Bund tedeschi sarà enorme e porterà ad una diversa valutazione, da parte dei «mercati» (leggi: speculazione) dei titoli di debito, e anzitutto dei Buoni del Tesoro, emessi dai vari Paesi europei. I BOT tedeschi e quelli italiani sono emessi entrambi in euro. Dunque, dovrebbero fruttare lo stesso interesse. Invece non è così. Per comprare i BOT italiani, gli investitori (speculatori) chiedono un interesse maggiore, a compenso del rischio Italia. E lo «spread», divario fra i BOT tedeschi e quelli italiani, si allargherà. Va da sé che il mercato punirà la gestione cicaleccia italiana rendendo non più appetibili i BOT nostrani ed innescando una raffica di vendite. Ricordo che più del 55% del debito pubblico italiano è in mano agli stranieri. Siamo in loro balìa e, si sa, con l’Italia non sono mai stati teneri. I Paesi del Sud Europa hanno perso, in pochi anni, un buon 30% in competitività della loro forza lavoro rispetto alla Germania: per quanto i salari italiani siano i più bassi della zona, i mancati investimenti che davvero aumentano la produttività del lavoro (innovazioni industriali, infrastrutture veloci) fanno sì che i salari debbano scendere ancor più.

Per l’Italia, il problema è aggravato dall’astronomico debito pubblico (responsabile: la Casta e i suoi clienti), pari al 115% del PIL (contro l’80% della Germania). Siamo forse alla vigilia di un disastro economico che si realizzerà non appena partirà l’ordine dai mercati finanziari di vendere i titoli di stato italiani e comprare quelli tedeschi. Ed sarà la solita manovra: abbassare il rating italiano per svalutare i nostri cespiti e patrimoni, e poi acquistarli per un boccone di pane. Come già fecero ai tempi del «Britannia», il panfilo della regina, su cui salì Mario Draghi ( in odore di promozione al dicastero economico) ad incoraggiare la svendita. E forse sarà proprio questo delinquente a decretare il nostro immiserimento. Per questo solo fatto, dovrebbe essere, se non in galera, ad Hammamet; invece è al vertice di Bankitalia. A volte ritornano. Per questo si sta iniziando a mormorare nei mercati finanziari il declassamento del debito italiano, anzi di più, l’espulsione del nostro Paese dall’area euro: «farete la fine dell’Argentina». Può venire il momento in cui l’insieme di allarmismi, speculazioni al ribasso ed una possibile messa in quarantena da parte degli anglo-tedeschi, possono accumularsi spingendo l’Italia dove Tremonti non vorrebbe, cioè a far fare default al nostro paese. E’ forse anche per questo che ormai l’impotente ministro dell’economia italiana vorrebbe smarcarsi da un folle, chiamato Berlusconi, che sta mandando l’Italia verso il baratro, con il beneplacito di Boccastorta.

Quello che ci sta aspettando sono: fallimenti di aziende, disoccupazione alle stelle, benzina carissima. L’unico consiglio che mi sento di dare è di convertire quanto prima gli euro che eventualmente sono a disposizione dei risparmiatori nelle banche in oro, case, terra. Beni non deperibili. L’Italia in una cosa non è l’Argentina perché esistono ancora isole d’eccellenza scientifica. Un’inchiesta del TG3, «Report», ne ha mostrato recentemente alcune: giovani straordinari, con salari da precari e da borsisti, costretti a lavorare in scantinati scrostati con impianti invecchiati o guasti, sempre sul punto di dover smettere per «mancanza di finanziamenti» e di prendere il volo per le università estere che li reclamano, fanno cose egregie. Invenzioni sorprendenti. Scoperte strepitose, che potrebbero tradursi in brevetti assoluti. Identificare le nostre eccellenze non è difficile, visto che c’è riuscito un giornalista. Ciò che rende difficile la loro identificazione, che rende “invisibili” i nostri giovani migliori e più dedicati, sono i baroni: quelli che stanno ai piani nobili, e mandano i giovani negli scantinati e nelle autorimesse.

Quello che occorre con urgenza, è smantellare le baronìe. Quelle universitarie anzitutto, la vera palla al piede della scienza italiana. Quelle dei sedicenti «industriali» alla Montezemolo, che parla tanto di «investimenti nella ricerca» ma, quanto a lui, investe in una ditta di moda e vestiti di lusso. Ma anche quella dei politici puttanieri che si avvertono l’un l’altro per coprirsi delle malefatte a spese del contribuente, quelli dei Marrazzo ( leggi M’Arrapo), dei Berlusconi, insomma della destra e della sinistra che in una cosa sono d’accordo: rovinarci con buona pace di quei tre milioni di creduloni (per non usare un altro termine) che hanno fatto la fila per eleggere (e pagare) i loro saprofiti.

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