Il responsabile limitato, ovvero l’ipercretino

Gli imprenditori per i loro progetti necessitano di finanziamenti bancari, che esigono però di rientrare a breve termine, ma in genere il costo del “breve termine” si rivela poi di gran lunga superiore al valore dei soldi spesi, per una differenza che, si sa, finisce nelle imposte, preventivamente scaricate – per la sopravvivenza dell’azienda (o per “starci dentro” che dir si voglia) – sui prezzi delle merci e dei servizi. In questo giochetto, il “pigliatutto” è sempre la “persona giuridica” o “di carta” cioè lo Stato.

Di Nereo Villa


Invece chi perde sempre è la persona fisica di carne e soprattutto il povero, il quale non può scaricare alcunché, tranne il suo portafoglio. Il mercato, proprio perché non è lasciato libero ma sempre anacronisticamente strutturato e regolamentato dallo Stato, non è mai nell’interesse del venditore o del compratore, bensì solo nell’interesse di tale “carta” mediante legalizzazione dell’irresponsabilità, ma secondo un’essenziale “svista”. Essa riguarda la natura economica del principio “del minimo sforzo”, atto ad ottenere il massimo risultato col minimo dispendio di energia. Denominando tale principio col nome di “principio di diritto commerciale”, la fattispecie giuridica usurpa di fatto quella economica, assumendola a criterio normativo nel codice civile, per es., là dove si parla di “scopo”: “Se i conferimenti non sono determinati, si presume che i soci siano obbligati a conferire […] quanto è necessario per il conseguimento dello scopo sociale” (art. 2253, comma 2°). La “svista” – che potrebbe essere “vista” dagli “schiavi” moderni se avessero ancora il tempo di riflettere – è che lo “scopo” (così come il mezzo, e i criteri per raggiungerlo) può essere solo dei soci, in quanto persone pensanti, non delle società, che sono invece essenzialmente di carta e quindi non pensanti. Anche chi non volesse condividere quest’ultima affermazione non può negare che sei articoli prima si dice chiaramente che lo scopo è l’utile delle persone, non delle S.p.A.: “Con il contratto di società, due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili” (art. 2247). È d’altronde risaputo che la conformità al fine si verifica solo nelle azioni umane (cfr. Rudolf Steiner, “La Filosofia della libertà”, cap. 11°). Pertanto le banche – in quanto “persone giuridiche” al pari dello Stato – non possono avere alcuna pretesa, né “altruismi” di sorta che non siano in conflitto con gli esseri umani reali (è sempre il parassita a predicare l’

altruismo, afferma infatti Ayn Rand in “La fonte meravigliosa”). Ciò significa allora che tutto il ragionamento sui tassi di interesse sui soldi prestati attribuito alla “persona giuridica” (banca) è forzoso, per non dire truffaldino!

Si può certo dire che non è colpa di nessuno – se non della “responsabilità limitata” dell’odierno pensiero debole, creatore di debito “pubblico” – se il sopracitato “pensiero a breve termine” viene a costare così caro. Ma qui il peccato è davvero contro natura! Perché la natura giuridica dovrebbe garantire e non usurpare quella economica. Nella loro essenza, questi due sistemi dell’organismo sociale sono diversi, così come sono essenzialmente diversi nell’organismo umano il sistema circolatorio e quello metabolico. Non ha forse il cuore il compito di garantire la libera espressione del muscolo, consumatore di ATP, o energia, connessa al muoversi delle membra? Da questo punto di vista, anche il principio del conferimento di ATP mediante l’assunzione di cibo, che si attua mediante la masticazione, la digestione, ecc., cos’altro è se non il principio del “minimo mezzo” del… metabolismo? Infatti la “ritmica” della masticazione o quella della digestione non è certo di tipo cardiaco! Ed, anzi, se lo fosse, l’organismo umano si ammalerebbe e perirebbe. Ne consegue che pure il conferimento delle cosiddette quote sociali, che si attua secondo il principio del minimo mezzo, è anch’esso di natura economica, non giuridica. Invece appena ci si associa e si tirano in ballo diritti di proprietà per costituire società astrattizzate (“persone giuridiche”, cioè veri e propri mostri giuridici, fantasmi giuridici), in pratica si “pelano” i cittadini dopo averli convinti attraverso le scuole di Stato (dalle elementari fino all’università) e attraverso i mass media, di una mostruosa bugia, che vorrebbe far credere che la “responsabilità limitata” di dette “società” sia più importante di quella delle persone in carne ed ossa. In altre parole si producono schiavi scientificamente persuasi che “società”, Stato, e sistema bancario siano – attraverso l’introduzione della “persona giuridica” – il nuovo dio dell’essere umano. Ma questa tragicomica accettazione da parte dei cosiddetti “cittadini” di essere signoreggiati dal fantasma giuridico della cosiddetta persona giuridica, cos’è se non stoltezza? Non sarebbe giustificato allora chiamare questi “cittadini” responsabilmente limitati col nome di ipercretini? La “responsabilità limitata” è una distorsione del mondo degli affari che gli statalisti pensano sia addirittura di beneficio in qualche modo per la collettività! Eppure essa non esisteva ancora all’inizio del 19° secolo.

Fu legalizzata verso la metà di esso. Cos’altro è dunque la responsabilità limitata se non il rendere legale il non

mantenere gli impegni e lo scappare dopo aver combinato guai? Questo è possibile perché, col permesso del governo, anziché essere un individuo associato ad altri per interagire col resto del mondo, io sono trasformato in un’“azienda limitata”. Certo, se io ti convinco che la mia marca di shampoo è la migliore per i tuoi capelli, mentre in realtà te li fa poi cadere tutti, io

ho la responsabilità di fare qualcosa di più del renderti i soldi che mi hai pagato. Però, con la responsabilità limitata, io posso essere così incompetente da vendere per sbaglio migliaia di confezioni di questo shampoo corrosivo, finendo con migliaia di clienti che vogliono riavere i loro soldi. E poiché ciò sarebbe troppo per le tasche della mia azienda a responsabilità limitata, cosa

faccio? Chiamo il mio commercialista. In tal modo, tu non riavrai indietro neanche un centesimo. Naturalmente in tal caso io avrò bisogno di un governo che emani leggi che precisino i nuovi standard per gli shampoo del futuro, a salvaguardia dei capelli di tutti e della mia faccia! Dunque si creano i guai e poi, anziché responsabilizzarsi, si legalizza attraverso le “srl” la limitazione di responsabilità, affinché io possa fare guai come gli statalisti gabellieri, beninteso a patto che paghi le tasse, giocando secondo le regole imposte dallo Stato. Ma quando mai nella storia un organismo sociale sviluppò di per sé una tale perversa dinamica? Nonostante circostanze spesso estenuanti, gli uomini lavorano come società onorando responsabilmente i loro debiti e i loro impegni. Ironicamente, lo Stato conferma ulteriormente la protezione della responsabilità limitata non solo rendendola disponibile, ma ponendo in atto la più grande minaccia da cui tutti gli individui vorrebbero essere protetti: la rapina. Che diventa legale mediante le imposte.

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