Via crucis Pordenone-Aviano per chiedere lo smantellamento delle bombe

«Oggi, 29 marzo 2009, siamo qui, davanti alla base di Aviano, dove sono custodite circa cinquanta B61. Non sono bombe che hanno uno scopo militare; rappresentano piuttosto un simbolo politico, ma di un’era che non esiste più. “Il mondo è già cambiato”: l’hai detto tu. Annunciare che tutte le B61 ancora presenti in Europa (Belgio, Germania, Italia, Olanda e Turchia) verranno tolte dagli Stati Uniti per essere smantellate, sarebbe un segnale straordinario. Con un’unica azione confermeresti la tua volontà di dare inizio a un periodo storico nuovo nel quale i rapporti fra popoli e Stati si fondano sulla relazione di accordo, o anche di disaccordo, ma non più sul ricatto della forza distruttrice più apocalittica inventata dall’uomo».

di Cinzia Agostini


Sono alcune delle parole contenute nella lettera che i partecipanti alla via crucis Pordenone-Aviano, giunta quest’anno alla sua tredicesima edizione, hanno consegnato al sindaco di Aviano perché se ne faccia portavoce ufficiale. Una lettera aperta indirizzata a quel Barack Obama che ha riacceso un barlume di speranza nel popolo dei pacifisti, con le sue prime iniziative concrete per l’affermazione della legalità, la distribuzione delle risorse ai più poveri, il rientro dalla guerra in Iraq, contro la tortura.

«Nel tuo programma elettorale abbiamo letto che vuoi arrivare a un mondo libero da armi nucleari  – continuano i partecipanti all’iniziativa – Ne siamo felici e per questo ti chiediamo di arrivare con rapidità alla ratifica del trattato per la messa al bando delle sperimentazioni nucleari, a cancellare i piani per lo scudo in Europa, alla revisione della dottrina nucleare della Nato».    

Rispetto alle passate edizioni, il numero di persone partite da Pordenone per percorrere a piedi i 15 chilometri che la separano dalla base Nato (a causa della pioggia incessante e del freddo, una parte del percorso è stato compiuto in auto) quest’anno era minore: complice il clima invernale e, chissà, quello sociale. Ma la via crucis, intitolata “Tu non uccidere” da uno scritto di don Primo Mazzolari, del quale ricorre il cinquantesimo anno dalla morte, nelle sue cinque tappe di riflessione e preghiera ha toccato gli ambiti da cui maggiormente si erge l’urlo dei crocifissi di oggi: il carcere, l’immigrazione, la crisi economica, le armi, la lotta tra il male e il bene.

«Non dirci che siamo sognatori. E’ la tredicesima volta che in tanti a piedi percorriamo il tratto dalla città di Pordenone alla base militare di Aviano, prendendo coscienza e collegandoci alle sofferenze di quanti devono soccombere per le nostre scelte di potenza e di privilegio, ma anche pregando perché rimanga tenace la speranza che il diritto alla giustizia e alla pace dei popoli trovi risposte concrete e adeguate.

Con grande sincerità dobbiamo confessarti che questo tipo di strutture militari, assieme alla montagna di risorse gettate via per la produzione di armi, per noi rimangono una ferita inferta ai popoli e al pianeta, segno e strumento di ingiustizia e di prepotenza. Sappiamo che sarà un percorso durissimo e pericoloso e sarà ostacolato da gruppi potenti, che vogliono imporre i loro interessi – concludono nel loro appello – Trovando l’energia nei figli che crescono e che aspettano da noi un futuro diverso e rispondendo alle attese pressanti della maggioranza dell’umanità, pensiamo sia possibile rivedere la nostra posizione complessiva di gendarmi del mondo».

Cinzia Agostini

 

 

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