La storia della INNSE, la fabbrica occupata dagli operai a Milano

Ricordate la INNSE, fabbrica milanese di meccanica “pesante”, che gli operai occupano da quasi un anno? E’ una unità produttiva con commesse che i lavoratori hanno portato avanti in autogestione e con prospettive di lavoro anche per il futuro.  Un po’ come successe in Argentina dove, alla vigilia della grave crisi economica di quel paese sudamericano del 2001, nei sobborghi poveri di Buenos Aires, trenta operai disoccupati entrarono nella fabbrica dove lavoravano rifiutandosi di uscire per far ripartire le macchine e riuscire a riprendere la produzione. Di qui il bel film di Naomi Klein “The Take – La Presa” (Fandango editrice).

di Davide Pelanda


Ma qui non siamo in Argentina, nei sobborghi poveri. Qui siamo a Milano.  Nella ricca Regione Lombardia, nel milanese, ben 49 dipendenti (erano 50 ma uno è è stato stroncato da un infarto dovuto probabilmente dallo stress di questa assurda situazione ndr) vogliono lavorare nella loro fabbrica, nonostante il padrone, l’industriale Silvano Genta, la voglia per così dire “rottamare” e delocalizzare sia le lavorazioni che i lavoratori stessi (il cui numero probabilmente in futuro verrà ridimensionato ndr) forse in Piemonte, a Settimo Torinese.

Il tutto perchè quell’area dove la INNSE sorge, a Lambrate, è situata proprio nella zona della futura EXPO 2015, appetibile per le varie speculazioni e spartizioni che preparano quella faraonica manifestazione.

Ma gli operai non ci stanno a questi ricatti, vogliono difendere il loro posto di lavoro e vogliono far sì che «il padrone Genta non si impossessi del macchinario – essi dicono – resistendo con un presidio continuo davanti alle portinerie al suo tentativo di entrare e di svuotare l’officina e di vendere le apparecchiature al miglior offerente». Hanno resistito e stanno resistendo anche contro le cariche delle Forze dell’Ordine che nel febbraio scorso, dopo un frettoloso tavolo di confronto nella sede della Regione Lombardia tra l’assessore competente ed i lavoratori, hanno forzato con la violenza il presidio dei lavoratori INNSE e fatto entrare nello stabilimento due camion del proprietario e imprenditore Genta per caricarvi dei semilavorati

Oltre a questa follia – e cioè che per poter lavorare e mantenere una famiglia si debbano ricevere denunce e manganellate dalla Polizia – c’è stato pure chi è stato denunciato ed anche licenziato.

Ma «questa battaglia – dicono ancora i lavoratori della fabbrica – non riguarda solo noi, ma tutti quelli che credono che questa forma di resistenza operaia possa essere un possibile punto di partenza per lottare contro i licenziamenti, in una crisi che ne produce migliaia al giorno. Una battaglia che riguarda tutti quelli che credono che la città di Milano non possa finire in mano a speculatori di ogni tipo, immobiliaristi sull’orlo del fallimento, speculatori finanziari, bancarottieri di ogni ordine e grado che chiudono le fabbriche senza nessuna opposizione sociale».

In solidarietà con questi lavoratori è stato sottoscritto un documento con oltre un migliaio di firme dal significativo titolo “Giù le mani dall’officina, l’officina non si tocca”, mentre una loro ampia delegazione si è recata di recente a Settimo Torinese, per una manifestazione davanti alla sede legale dell’industriale Genta, il loro “rottamatore”.

Ad accoglierli ed a manifestare con loro c’erano i rappresentanti operai di 10 industrie del Torinese a rischio chiusura. Anche dalla Valle di Susa è partita una delegazione delle fabbriche in chiusura o in cassa integrazione. Espressioni di solidarietà sono venute dagli studenti degli istituti superiori situati lungo il percorso del piccolo corteo sviluppatosi nel centro di Settimo. Ed una bandiera INNSE sventola in Valle di Susa ai cancelli della CABIND, fabbrica a rischio chiusura di Chiusa S. Michele ed una bandiera NO TAV è stata issata ai cancelli della INNSE a Milano.

Una lotta generosa di questi lavoratori contro un padrone che si comporta «come negli anni ’50 – ricorda Bruno Casati, assessore al Lavoro della Provincia di Milano – il padrone chiude la fabbrica, scappa e manda quattro buttafuori da discoteca a mettere lucchetti e telecamere. I lavoratori, allertati, arrivano nella notte, si riprendono la “loro” fabbrica, mettono in fuga i buttafuori e continuano la produzione». Questo oggi vuol proprio dire essere responsabili ed affidabili!!!

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