Quanto costa un inceneritore?

Quello di Torino, ad esempio, costerà alla collettività sabauda oltre 500 milioni di euro, quanto il costo di ben 3 ospedali! In pochi poi sanno che la Provincia, di questi impianti, ne sta per costruire ben due (quello già citato e quello di Settimo Torinese) ma che, secondo uno studio del Politecnico di Torino, saranno sovradimensionati. E ancor meno persone sono a conoscenza che i terreni agricoli circostanti questi due inceneritori verranno contaminati da diossine, polveri sottili, metalli pesati per decine di chilometri, così come attestano fior di studi medici e così come è successo per quello di Brescia ma sempre però sottaciuto (Davide Pelanda).


E’ stato infatti dimostrato dai medici che nelle aree circostanti gli inceneritori aumentano tumori e malattie cardiorespiratorie che colpiscono soprattutto anziani e bambini. Invece nessuno sa proprio che già l’Unione Europea avrebbe stimato i costi sanitari degli inquinanti emessi dagli impianti. Esisterebbe infatti, secondo il dottor Roberto Topino, specialista torinese in Medicina del Lavoro, un documento realizzato da TRM in collaborazione con il Politecnico di Torino (discusso in un’assemblea pubblica il cui video si trova su www.youtube.com/watch?v=sJbkpMXEDV8 ) in cui si parla, ad esempio, del cancro da cromo che costerebbe 58.178 euro mentre il cancro al polmone da idrocarburi policiclici aromatici costerebbe 7.854 euro.

Piano di compensazioni eufemisticamente dette “ambientali”

Tra le cose più incredibili di questi impianti piemontesi è che è stato di recente varato il Piano strategico di azione ambientale (in sigla PSAA) dove sono state individuate opere per 41.422.000 euro per interventi di compensazione ambientale quali ad esempio piste ciclabili, arredo e verde urbano, riqualificazione ambientale, oltre ad altre varie infrastrutture viarie e ferroviarie tanto da far dire all’assessore provinciale alla Pianificazione ambientale Angela Massaggia che «il termovalorizzatore riqualificherà l’intera area circostante e questo è un vero elemento di originalità che contraddistingue il progetto»

Per coprire economicamente queste opere interverranno vari enti: TRM, cioè la società che costruirà gli impianti, metterà una somma corrispondente al 10% dell’importo dei lavori di costruzione del termovalorizzatore, cioè 24.39.000 euro, la Regione Piemonte da parte sua contribuirà con 15.161.000 euro, la Provincia di Torino con 1.237.000 euro mentre i rimanenti 634.000 euro saranno a carico di altri enti.

La raccolta differenziata? Tagliamola, costa troppo!

Se la sua collega assessore provinciale alla Pianificazione ambientale gioisce degli inceneritori, il suo collega all’Ambiente del Comune di Torino, Domenico Mangone piange perché non ha più soldi per differenziare in città l’immondizia. Quest’ultimo ha chiesto appunto alla sua collega della Provincia di rivedere al ribasso gli obiettivi della raccolta previsti per Torino: la città fa infatti fatica a sostenerla e che in alcuni quartieri, proprio per problemi economici probabilmente non ci arriverà. Un dato su tutti è quello che in due quartieri, Nizza-Lingotto e Mirafiori Sud, la spesa prevista per il 2009 per la raccolta differenziata sarà pari a 3 milioni di euro. Ed è lo stesso assessore comunale Mangone ad affermare che «non è escluso che le attuali serie difficoltà ci obblighino a rallentare lo sviluppo della raccolta porta a porta nel prossimo biennio e triennio poiché forse non potremo più mantenere il tasso di sviluppo dell’ultimo periodo». Attualmente comunque il target di raccolta differenziata della città di Torino è stimata in 47-48% , mentre ora si attesta al solo 40,8% contravvenendo agli obiettivi previsti dal decreto legge nazionale 152/06 del 45% e dunque il Comune potrebbe dover pagare una mega-sanzione. Anche se si cercheranno le deroghe, come quelle ad esempio per i Comuni ad alta affluenza turistica o come sede di servizi.

Inoltre nel suo Piano provinciale gestione rifiuti in cui si prevedono i due inceneritori, si dice che la raccolta differenziata arriverà al massimo al 51-52%.

Il pericolo per la salute dei termovalorizzatori non viene considerato dai mass media

Intanto il dottor Roberto Topino, specialista in Medicina del Lavoro, e sua moglie, la dottoressa Rosanna Novara, Biologa con Dottorato di Ricerca in Oncologia, hanno preso carta e penna, scrivendo una lettera alla rubrica Specchio dei Tempi del quotidiano La Stampa di Torino, scrivendo che «studi medici internazionali hanno ormai ben documentato, oltre ogni ragionevole dubbio, la pericolosità di questi impianti, che si traduce in un aumento di tumori, di infarti e di malformazioni fetali. L’attenzione degli studiosi si è concentrata sulle diossine, sulle nanopolveri e sui metalli pesanti che vengono emessi nell’aria e nell’ambiente. Senza dimenticare che un impianto delle dimensioni di quelli che si vogliono realizzare, costa come un ospedale (ma non cura le malattie) e distrugge risorse, che si potrebbero riutilizzare, risultando quindi assolutamente antieconomico. Vorremmo sottolineare che esistono alternative ecocompatibili, in primo luogo la raccolta differenziata, e che è falsa l’affermazione che l’inceneritore elimina le discariche, infatti anche gli impianti più moderni richiedono una discarica di servizio della dimensione di circa il 30%   dei rifiuti trattati».

A tale lettera si è subito sentita in dovere di rispondere il qui già citato assessore provinciale alla Pianificazione ambientale Angela Massaglia dicendo in sostanza che i due termovalorizzatori saranno costruiti «con le più moderne tecnologie, scelte da una commissione specializzata. I pericoli paventati da Topino e Novara sono riferiti agli inceneritori di vecchia generazione, diffusi in Europa negli Anni 60-70. Negli ultimi anni le emissioni di diossine da impianti di termovalorizzazione si sono ridotte del 96%, molto più che per altre fonti di diossine ome le industrie e il traffico. Le emissioni rilevate oggi sui moderni impianti per tutti gli inquinanti (polveri, metalli, gas acidi, diossine ecc. ) sono da 10 a 100 volte inferiori ai limiti di legge. Rispetto alle nanopolveri, meno del 2% può essere correlato ai termovalorizzatori, contro percentuali ben più alte per gli autoveicoli (il 60% in Inghilterra, il 43% in California)». Sempre nella risposta ai dottori l’assessore provinciale dice che «La raccolta differenziata non può essere un’alternativa al termovalorizzatore, tuttavia per noi è prioritaria. Grazie all’impegno dei cittadini e a ingenti risorse della Provincia oggi siamo quasi al 50% di riciclo (eravamo al 25% nel 2003!) e cresceremo ancora. Se non ci fosse la raccolta differenziata, il termovalorizzatore – che non distrugge risorse, ma produce energia elettrica e termica per il riscaldamento – non potrebbe funzionare: infatti è stato progettato per bruciare circa il 50% dei rifiuti prodotti. Le scorie della combustione sono il 20% del rifiuto incenerito. E’ vero i costi di un termovalorizzatore sono elevati».  

A tale risposta prontamente i due medici citati, Topino e Novara, hanno replicato con una ulteriore lettera di precisazione che non è stata mai pubblicata dal quotidiano La Stampa.

In essa si diceva che «Il termovalorizzatore sarà sicuro soltanto secondo l’assessore alla Pianificazione ambientale della Provincia di Torino. Si direbbe che l’assessore Massaggia non abbia letto il quarto rapporto della Società Britannica di Medicina Ecologica, che ha illustrato dettagliatamente anche i rischi degli inceneritori di nuova generazione e ha svelato i trucchi e gli imbrogli per far sembrare sicuri gli impianti. Anche un recente articolo apparso sulla rivista dell’Ordine dei Biologi ha ampiamente dimostrato che il sistema di trattamento dei rifiuti basato sull’incenerimento fa acqua da tutte le parti».

Intanto l’Italia è nuovamente condannata dalla Corte di giustizia europea in materia di rifiuti

Porta la data del 22 dicembre 2008 l’ennesima condanna al nostra Paese per mancata attuazione della disciplina in materia di rifiuti. Questa volta i rifiuti sono i rottami destinati ad attività siderurgiche e metallurgiche e il combustibile da rifiuti di qualità elevata. La Corte europea ritiene infatti che tali rottami ferrosi siano semplici residui di produzione e di consumo e tali devono essere considerati fino alla conclusione del processo di recupero completo che termina con la loro trasformazione in prodotti siderurgici e metallurgici. Escluderli a priori rende di fatto inapplicabile la normativa comunitaria sulla tutela dell’ambiente a tali materiali per ciò che riguarda il loro trasporto, il deposito ecc…

Per ciò che riguarda invece il combustibile da rifiuti di qualità elevata, la Corte europea dice che l’operazione di trattamento dei rifiuti solidi urbani per l’ottenimento del combustibile si concretizza facendo solo una selezione e mescolanza di rifiuti e quindi non può essere come il processo di  fabbricazione di un prodotto.

Davide Pelanda

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