Moltiplicare PIL e pesci

L’idea che sta alla base dell’ uso del PIL come indicatore e’ che un aumento di movimenti contabili corrisponda per forza di cose ad un miglioramento economico. Il che di solito e’ vero, ma il fatto che il PIL sia uno strumento (di misura – ndr) cosi’ rozzo lo espone a falsificazioni piu’ o meno evidenti.


Il PIL e’ un indice e non una misura; e’ la somma di tutti movimenti contabili considerati sempre positivi, uscite ed entrate che siano. Di conseguenza, puo’ “indicare” l’andamento dell’economia, ma non corrisponde a nulla. 

L’idea che sta alla base dell’ uso del PIL come indicatore e’ che un aumento di movimenti contabili corrisponda per forza di cose ad un miglioramento economico. Il che di solito e’ vero, ma il fatto che il PIL sia uno strumento (di misura – ndr) cosi’ rozzo lo espone a falsificazioni piu’ o meno evidenti.

La prima falsificazione e’ quella degli intermediari. Se un ristoratore compra 10 euro di insalata da un’azienda agricola, abbiamo un movimento da 10 per l’azienda agricola e uno per il ristoratore, col risultato che siamo ad un PIL di 20. Se lo stato impone che il ristoratore debba comprare il cibo da un “rivenditore”, allora abbiamo i primi 20 euro di PIL dall’agricoltore al rivenditore, poi abbiamo altri 22 (diciamo che ci sia un euro di guadagno, e l’insalata venga venduta ad 11) dal rivenditore al negozio. Ripeto: stiamo parlando della medesima insalata.

E’ quindi possibile per un governo drogare il PIL con una serie di regolamenti che impongano degli intermediari tra il cliente finale e il produttore. Per esempio, i bar non possono comprare la pasta e poi cuocerla per farvi il pranzo di mezzogiorno; devono comprarla da un’azienda che lavori nella ristorazione perche’ non possono avere una vera cucina. Aumentando la quantita’ di intermediari, aumenta il PIL ufficiale, senza che venga prodotta una briciola in piu’.

Un altro modo e’ agire sugli ammortamenti: poiche’ il PIL contiene anche gli ammortamenti, basta un piccolo regolamento su come contabilizzarli e su quanto contabilizzare che improvvisamente gli ammortamenti diventano piu’ alti (perche’ improvvisamente si decide di lasciar ammortare di piu’, o perche’ si fanno politiche di sconto fiscale su chi compra beni in ammortamento) , ed ecco che il PIL cresce. Ma cresce di debiti, perche’ questo e’ un ammortamento.

Anche la crescita dei mutui fa crescere il PIL: poiche’ ovviamente i movimenti contabili si fanno anche per le rate dei mutui, il risultato e’ che se esse aumentano, e’ aumentato il PIL. Con ogni probabilita’ gli aumenti di PIL avvenuti negli scorsi tre anni sono stati dovuti ad una combinazione di aumento dei mutui e facilitazione degli ammortamenti brevi.

Si’, avete capito bene: la cosiddetta “crescita” non era altro che un effetto sulla misura del PIL dell’aumento dei mutui  casa. Veniva conteggiata come positiva la disperazione della gente. La vostra. Esatto.

Un altro metodo che si usa per far aumentare artificialmente il PIL e’ quello dell’autofatturazione. L’autofatturazione un tempo era legata quasi esclusivamente agli acquisti “intraCEE”. Quando compravate qualcosa all’estero succedeva che la fattura dall’estero non potesse venir controllata facilmente.

Il risultato e’ che lo stato pretendeva un complesso sistema di contabilita’ per il quale il nostro imprenditore depositava si’ la fattura dello straniero (10 euro di PIL), poi fatturava a se’ stesso (altri 10 euro di PIL), poi stornava e semmai rivendeva (altri 10 euro di PIL di storno piu’ il valore della vendita con il ricarico). Ovviamente, cosi’ facendo il PIL di ogni acquisto dall’estero si moltiplicava speculativamente. E il governo arrvava a vantare il “PIL in aumento”. Si’, certo: era tutta speculazione contabile.

Ebbene, nel tempo i casi ove e’ necessaria l’autofatturazione si sono moltiplicati nel tempo, a seconda dei governi in carica e delle attivita’ aziendali.

Ma possiamo andare ancora avanti: se siete dei dipendenti , e guadagnate 10, quando andate a spendere quei 10 otterrete UN movimento contabile da 10, quello del negoziante.

Se invece vi costringiamo a prendere partita IVA, e potrete scaricare l’ IVA su quei 10, il risultato sara’ che chiederete una fattura e la metterete in contabilita’. Risultato: adesso abbiamo DUE movimenti contabili. Il vostro (avete comprato 10) e quello del negoziante (ha venduto 10). E puf, anche la disperazione dei precari diventa miracolosamente aumento del PIL.

In definitiva, quindi, se in Italia l’economia diventasse piu’ giusta e cadesse quell’inutile selva di intermediari, se in Italia l’economia diventasse piu’ giusta e finisse questa storia di finte aziende con Partita IVA anziche’ i dipendenti, il PIL calerebbe.

Quindi non piangete se cala il PIL. Nella situazione italiana, cioe’ nella situazione nella quale e’ stato aumentato artificialmente in passato, un calo del PIL non significa quasi nulla, se non una SEMPLIFICAZIONE CONTABILE.

Se noi semplificassimo la contabilita’ alle aziende portandole al livello di semplicita’ del fisco tedesco, il PIL italiano crollerebbe improvvisamente del 50%.

E l’economia non farebbe una piega, perche’ sarebbe soltanto un cambiamento nel modo di contabilizzare i movimenti di denaro.

IL PIL e’ un INDICE, ma in paesi di estrema complessita’ contabile NON RAPPRESENTA DI FATTO NULLA.

E’ troppo facile farlo crescere speculativamente.

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