Noi e l’Islam

A distanza di quasi sette anni dagli attentati alle torri gemelle, non solo è lecito interrogarsi, ma è anzi doverosa “un’operazione verità” che miri non solo a schiarirci le idee, ma anche a ricollocare sotto la giusta prospettiva un universo che indissolubilmente e profondamente legato al nostro sotto molteplici punti di vista: commerciale ed economico (basti pensare al ruolo geopolitico del petrolio, e, per contro, l’importanza dei mercati arabi per l’assorbimento di prodotti finiti), religioso, turistico e, infine, culturale [Alberto Leoncini].

Se da un lato sono riscontrabili delle costanti culturali e una matrice comune, non v’è dubbio che le differenze tra noi e le varianti in seno alla loro stessa religione siano molteplici, come peraltro siamo sempre pronti a sottolineare quando le “generalizzazioni” sono fatte su di noi. Non è possibile esaurire questi temi in poche battute, come in questa occasione, tuttavia è essenziale aprire un dibattito sereno e privo di esasperazioni per iniziare a concepire la reciproca conoscenza. Abbiamo parlato di questi temi con Raffaella Biasi, studiosa che da molti anni si occupa di quel mondo.

Anzitutto i fondamenti: arabo e islamico, quali le differenze?

Gli arabi sono tutte quelle popolazioni che popolano l’area mediorientale, ma che possono essere di religione anche copta o cristiana, invece i musulmani sono quelle persone che professano la religione Islamica. Costoro occupano ormai una sostanziosa fetta del mondo e sono pari a circa 1 miliardo 200000  persone. Il fatto che siano legati soprattutto all’area mediorientale deriva dalle conquiste che i primi 4 califfi fecero dei territori della mezzaluna (dal 632 d.C. in poi) e al fatto che nei secoli quelle regioni sono state legate culturalmente alla religione islamica, dalla quale è praticamente impossibile dissociarsi. Un tempo si dividevano i territori in dar-al-harb (luoghi con persone infedeli) e dar-al-islam (dimora dell’Islam), ma ora il mondo globalizzato non fa alcuna differenza di territorio. Infatti il dar-al-islam è ovunque vi sia una comunità musulmana. La comunità (Umma) è molto legata e legante e mantiene vive le tradizioni anche attraverso un forte controllo del rispetto delle regole islamiche.

Sunniti e sciiti, in che cosa si differenziano principalmente?

Se apparentemente la differenza è minima perché entrambe le fedi hanno base salda nell’Unico Corano, terminato di comporre insieme con il terzo califfo Uthman, dal quarto califfo in poi, Ali, le cose cambiano progressivamente e sostanzialmente. Per gli sciiti, infatti, la guida spirituale è l’ultimo dei quattro califfi ben guidati (il quarto, Ali, genero del profeta). Sostanzialmente le differenze sono enormi: gli sciiti , che popolano perlopiù l’Iran e parte dell’Iraq, credono nell’attesa messianica, i loro Imam sono i loro Maestri personali a cui devono obbedienza, mantengono un substrato zoroastriano di fondo ecc. Gli hadith a cui fanno riferimento provengono da un’altra raccolta e gran parte del  comportamento è differente. Ma è stata soprattutto la politica che ha teso a cambiare le cose nel corso dei secoli.

Qual è l’area di interesse che più ti sei spinta a studiare?

Più la cultura che la lingua. Mi è sempre interessata la gente e i loro comportamenti, anche in relazione alle loro scelte religiose.

Qual è la caratteristica che secondo te appare di meno a noi, per quanto hai potuto constatare dall’esperienza in quei luoghi e con quella gente?

Gli occidentali non si accorgono di quanto sani e responsabili siano i principi degli orientali. I musulmani credono che la virtù stia nel mezzo per cui sono tendenzialmente dei moderati, al contrario di quanto appare a noi, tengono massimamente alla famiglia, sono persone rispettose che sostengono saldamente moltissimi valori che qui in occidente sono andati completamente perduti. Qui da noi invece vengono rilevate solo le carenze e i difetti e mai si sottolineano le virtù.

Da dove nasce l’interesse per quel mondo, come si è sviluppato?

Mi sono laureata in arabo più di vent’anni fa e all’inizio studiavo solo per curiosità. Ho cominciato a occuparmene nuovamente  e seriamente a causa delle grandi migrazioni e a causa dell’impatto che l’islam aveva nel nostro territorio. Per esempio avevo molti studenti musulmani che non riuscivano ad integrarsi. Il fatto di aver lavorato a progetti che favorivano l’integrazione ha dato luogo, negli anni, all’accettazione dell’altro nei nostri territori. Come si vede alcuni passi avanti sono stati fatti finora , ma molto rimane ancora da fare.

Il luogo comune che ti da più fastidio?

Il fatto che la loro civiltà sia arretrata. Non è così. Infatti esiste una cultura e una tradizione che sarebbero soddisfacenti, esclusi i diritti umani, se si parte dal presupposto che è creata per dare un ordinamento tranquillo e regolare in quelle zone e in società non ancora democratiche. Il vero problema della cultura musulmana è che fiorisce in società dominate da dittature e prevalentemente povere.

E’ difficile divulgare i contenuti di quella cultura, in modo serio, da noi?

Non è difficile comunicare con chi è già interessato, perché è aperto a capire e perché non si fa fuorviare da preconcetti. E’ difficile parlare, o far accettare discorsi culturali diversi, con chi ha qualcosa da difendere, per esempio difendere interessi economici o religiosi, oppure tradizioni sociali. Ognuno di noi solitamente accetta subito, perfino dalla religione, ciò che gli conviene direttamente o anche indirettamente, ma difficilmente si spinge a capire i perché delle richieste difficili, quelle che non sono immediatamente accettabili. Aggiungo che la parola ‘divulgare’ mi sembra un po’ eccessiva in quanto non c’è bisogno di divulgare un’altra religione o cultura qui da noi, dal momento che è preferibile riscoprire quella locale, però è altrettanto vero che nel Veneto è davvero difficile andare oltre il pregiudizio e molti musulmani sono tollerati fintanto che rimangono come subalterni. Una forma di colonizzazione interna quindi, sciocca e distruttiva. Affermo invece che è proprio riscoprendo le parti per noi inaccettabili di un’altra cultura  che possiamo allargare i nostri orizzonti.

Raffaella Biasi:   www.raffaellabiasi.it

Intervista a cura di Alberto Leoncini

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