La rivoluzione di un uomo integro. Il ricordo di Thomas Sankara a 20 anni dalla morte

Era un uomo integro Thomas Sankara, il presidente rivoluzionario del Burkina Faso assassinato il 15 ottobre del 1987. Non sorprende, dunque, che proprio con questo nome – Burkina Faso, la “terra degli uomini integri” (traduzione di due parole, una mooré e l’altra dioulà) – avesse voluto ribattezzare il suo Paese, l’Alto Volta, dopo il contro-colpo di Stato che lo condusse al potere nel 1983.  

“Tutti, anche fuori dall’Africa, dovrebbero sapere chi era Sankara”, scrive su Alias del 13 ottobre Marinella Correggia, del Comitato Sankara XX (curatrice del libro Thomas Sankara – I discorsi e le idee, 2006, pagine 126, ed. Sankara): “L’estrema attualità della sua esperienza rivoluzionaria ci fa pensare che egli sarebbe un attore importante non solo nelle attuali lotte dei popoli oppressi ma anche per la crescita di un modello planetario di giustizia sociale ed ecologica, un imperativo ambientale, etico e di sopravvivenza”.

E c’è davvero tanto da sapere sul presidente assassinato: le sue campagne in favore del disarmo, della cancellazione del debito nei Paesi del sud del mondo, dell’alfabetizzazione di bambini ed adulti (nei pochi anni del suo governo venne dimezzato il numero degli analfabeti), della riforestazione, della sicurezza alimentare e idrica; l’impegno per l’emancipa-zione delle donne; la lotta alla corruzione e l’abolizione dei privilegi per sé e per il suo staff, perché non voleva essere il presidente ricco di un Paese povero; l’austerità, che lo portava a girare in Renault 5 o in bicicletta e a fare l’aero-stop, accettando passaggi in aereo da colleghi più ricchi; la sua lotta per l’uso delle materie locali e per la divulgazione dei costumi e delle tradizioni locali, come aveva fatto Gandhi in India; la creazione di orti accanto ai ministeri, perché riteneva che i funzionari che non sapevano coltivare la terra non avrebbero potuto neanche comprendere le necessità del popolo burkinabé, dedito all’agricoltura; e la decisa opzione per il panafricanismo.

È per tutto questo, per il suo programma, per le sue idee, per le sue amicizie sospette, come quelle con Fidel Castro, Olof Palme (primo ministro svedese e grande uomo di pace, ucciso il 1986), Maurice Bishop (primo ministro di Grenada ucciso nel 1983), che Sankara è stato assassinato, per quanto il suo certificato di decesso parli di morte naturale. A tradirlo fu il suo amico fraterno Blaise Compaoré, artefice del colpo di Stato che lo rovesciò, e da allora presidente – tutt’altro che integro – del Burkina Faso, subito svenduto alle multinazionali e al Fondo Monetario Internazionale e oggi tra i 5 Paesi più poveri del mondo, con una speranza di vita intorno ai 45 anni e un tasso di analfabetismo pari al 60%. “Il cielo africano si è squarciato il 15 ottobre e ha sparso i suoi rottami su tutto il pianeta”, scrisse in un’orazione funebre nel 1987 Ouattara Ngoussou, africano migrante in Italia, citato da Marinella Correggia.

Tra le iniziative per il ventesimo anniversario dell’assassinio di Sankara, due convegni, in particolare, ne hanno ricordato l’opera e il pensiero, uno a Roma, il 2 ottobre, dal titolo “Thomas Sankara, l’esempio di una politica giusta” e l’altro a Torino il 14 ottobre, intitolato “Se ci fosse ancora Sankara”, entrambi promossi dal Comitato Italiano Sankara XX. Di seguito, in una nostra traduzione dal francese, l’intervento tenuto al convegno di Roma dal giornalista di Radio Vaticana Albert Mianzoukouta, originario del Congo Brazaville (DOC-1919. ROMA-ADISTA, c.f.)

 

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