La Vandea non parte

A urne da poco tempo chiuse é difficile già delineare una panoramica complessiva di un voto, che ha avuto territorialmente una valenza nazionale, dato anche il fatto che erano interessate le principali città italiane: Milano, Roma, Napoli e Torino. Abbiamo, comunque, dei dati alla mano, che attestano una forte tenuta de l’Unione e una perdita ulteriore di consensi per il centrodestra. Possiamo dire che la controrivoluzione populista di Vandea, che voleva vedere le province di un impero rivoltarsi contro il centro, magari sbandierando minacce di astensione dal dovere civile di ottemperare agli impegni fiscali e tributari, non é partita [Alessandro Rizzo].


Non é partita neanche dal Nord, quel Nord su cui il Polo aveva tanto investito, fomentando e sobillando gli animi “secessionistiâ€� di coloro che vedevano come forte sgarbo da parte del governo il non avere posto ministri “padaniâ€� nella compagine; considerazione, questa, insussistente in quanto i ministri sono perfettamente equilibrati come provenienza geografica e territoriale, nonché non fondata in quanto le designazioni vengono fatte seguendo altri presupposti e criteri, non certo quelli della territorialità . Possiamo dire che “la rivincitaâ€� del cavaliere rodomonte di Arcore non ha avuto il suo incipit. Nell’immaginazione del dominus feudale vi era la prefigurazione di una riscossa del centrodestra alle amministrative, che avrebbe potuto prefigurare una vittoria al referendum, con conseguenze di accusa di inaffidabilità del responso elettorale del 9 e del 10 aprile.

Possiamo sottolineare che, invece, questo scenario del giustiziere della notte non ha avuto esordio: il governo é stabile, il voto conferma, anzi, possiamo dire, avvale la scelta fatta dalla maggioranza della cittadinanza alle elezioni politiche nazionali, e, infine, il referendum avrà un responso totalmente non dipendente dagli esiti delle consultazioni precedenti, essendo quest’ultimo un appuntamento specifico e non confondibile. A Torino il risultato per Chiamparino, sindaco uscente e rientrante de l’Unione, é a dir poco eccezionale e fuori da ogni aspettativa: il dato é maggiormente avvalorato dal fatto che il competitore di centrodestra era l’ex ministro delle politiche comunitarie, Buttiglione, figura che certamente ha ottenuto considerazione da parte dei media locali e nazionali, durante la campagna elettorale. Stessa cosa é da dirsi per Roma, dove viene premiata una buona amministrazione fortemente propositiva e altamente qualificata, in cui le persone che ne sono state protagoniste, in primis il sindaco Veltroni, hanno dato prova di competenza, responsabilità e di capacità di immaginare un’altra città possibile, quella che in questi anni ha visto Roma essere capitale europea della cultura e dell’innovazione strutturale e urbanistica.

Anche nell’urbe candidato concorrente era un ex ministro del governo Berlusconi, Alemanno, fortemente sconfitto da un plebiscito che ha rinnovato pieno mandato nelle mani de l’Unione e di una maggioranza coesa. A Napoli la forza della legalità ha sopravvalso sulla forza della demagogia populista delle feste e dei baccanali tuonanti di un cavaliere del Nord in visita presso il “regnucoloâ€� da liberare del Sud, nonostante Berlusconi stesso fosse capolista e nonostante le sue ripetute parate presso la città partenopea, promettendo balocchi agli uditori.

A Milano, roccaforte dell’aziendalismo del partito populista di plastica, sempre considerata casamatta, isola felice, oasi permanente, feudo sforzesco, del centrodestra, l’Unione ha registrato una non vittoria, anziché una sconfitta: il divario tra Ferrante, il perfetto prefetto, e la Brichetto, l’ex ministro dell’istruzione, autrice della controriforma dissipatrice del patrimonio scolastico e formativo, di cui, fino a pochi anni fa, si sfoggiava il nostro Paese, all’avanguardia europea internazionale, é minimo, tant’é che fino a tarda sera, a scrutinio inoltrato, nel capoluogo lombardo non si sapeva bene se si dovesse andare al ballottaggio, dato il testa a testa tra i due contendenti la carica di primo cittadino. Possiamo dire con grande consapevolezza che, rispetto a 5 anni fa, l’Unione conquista consenso anche nel capoluogo lombardo, luogo in cui il cavaliere nero dichiarò di scendere in campo, città dove é nata la prima tangentopoli, le molteplici inchieste contro la malagestione affaristica e, infine, città di nascita delle concentrazioni di potere economico, finanziario e mediatico nelle mani dell’azienda del “biscioneâ€�. Anche nelle città più piccole, tra cui Grosseto, Arezzo, il risultato per l’Unione é confermato, così come per alcune province.

In Sicilia ritorna a essere presidente di regione il plurinquisito Cuffaro, il quale ha già dichiarato di “interessarsiâ€� durante lo svolgimento della legislatura dei fatti giudiziari propri, assumendo, così, una conferma dello stile ad personam, già avutosi drammaticamente a livello nazionale, della gestione amministrativa e politica di un territorio, paese, regione o provincia quale esso sia. Ma la Sicilia totalmente azzurra, ossia del 61 a 0, per il centrodestra é un “sognoâ€� al tramonto: l’Unione si differenzia dal Polo di 11 punti in percentuale, la metà del distacco che vi era nella precedente tornata regionale, portando, così, maggiore potere all’opposizione, guidata dall’onesta Rita Borsellino, non solo esempio di legalità ma, concretamente, portatrice di messaggi e di atti contro la mafia e la prevaricazione dello stato nello stato, contro l’illegalità diffusa, l’ineguaglianza e l’antidemocrazia, la sovversione brigantesca e secessionista.

Il paese ha confermato sostanzialmente, avvalendo con una maggiore dose di consenso, il responso uscito dalle urne nazionali, smentendo ufficialmente e clamorosamente chi ancora avrebbe tentato di appellarsi, per fini di delegittimazione del governo attuale, alla non consistenza del legittimo dato del 10 aprile. Il Centrosinistra si dimostra essere una coalizione che mantiene unità e forte capacità amministrative e progettuale di proposta politica per un’alternativa e per una continuità del cambiamento, in particolare nelle città dove viene riconfermata come maggioranza uscente.

Il centrodestra é in fibrillazione, al rischio quasi scontato di collasso definitivo: Berlusconi, come ogni padrone del vapore fa con i propri dipendenti che producono male, redarguisce con tono ferino e fortemente adirato i propri alleati vassalli, accusando di essere stato lasciato solo nel combattere e battagliare contro il cattivo comunista che espropria le case. Casini e Fini, invece, già palesano senso di inadeguatezza nel proseguire nell’esperimento di un’alleanza che é raccogliticcia e che non offre più nessuno spunto di possibile rimonta e di offerta di governo per il Paese. l’ideologia e il populismo non pagano: e i due alleati se ne sono accorti, pur essendo stretti nelle maglie vendicative del proprio primus inter dispares. La verità é che non riescono a dare un volto diverso alla propria coalizione, perché impossibilitati e perché ostaggi di un burbero imprenditore, uso a ricatti e a provocazioni di stampo demagogico e reazionario. Potrebbero diventare polo conservatore, liberale, fortemente nazionalista, post rivoluzionario, ma con grande senso di modernismo e di consapevolezza delle presenti dinamiche sociali ed economiche. Non riescono a farlo e il volo non credo possa spiccare presto, pena, appunto, l’implosione di un grande carrozzone di teatranti carnevaleschi, che sfiorano il grottesco.

Alessandro Rizzo

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