Settimanali diocesani: difendere il valore della famiglia. Ma chi difende l’economia delle famiglie?

“àˆ la prima volta, da cinquant’anni a questa parte, che la partita si gioca tutta sui valori” ha detto Luisa Santolini (candidata Udc e già presidente del Forum delle Associazioni Famigliari) commentando la prossima sfida elettorale. “Saranno infatti proprio i temi etici (politiche familiari, Pacs, eutanasia, aborto, difesa della vita) a fare la vera differenza tra la Cdl e l’Unione”. La destra cattolica, in vista delle elezioni, spara le sue ultime cartucce e punta sulla difesa dei valori cristiani per tentare di orientare verso la Casa delle Libertà l’elettorato cattolico [Valerio Gigante, Adista].

Il prossimo 9 e 10 aprile si giocherebbe in sostanza una partita analoga a quella del 1948, dove lo spauracchio agitato non è più quello dei cosacchi a S. Pietro, ma la disgregazione dei valori “tradizionali”. Una strategia che ha incassato il sostegno del card. Ruini che, sentendo l’esigenza di intervenire nella campagna elettorale in corso, invece di porre sul tavolo questioni altrettanto “cattoliche” come guerra, povertà , discriminazioni sociali, leggi ad personam, legalità , integrazione, nella sua prolusione ha deciso di parlare di radici cristiane, pericolo islamico e lotta a Pacs, aborto e eutanasia: insomma, se non un invito a votare a destra, di certo un monito all’elettorato cattolico che ha intenzione di votare centrosinistra.

I cattolici, secondo il cardinale, se proprio vogliono votare Unione, dovrebbero almeno optare per quelle forze politiche (Udeur e Margherita) che negli ultimi anni hanno esplicitamente sostenuto tutte le indicazioni della presidenza dei vescovi e nelle cui liste, non a caso, sono presenti molti candidati fedeli alla linea di Ruini.

Ma la base cattolica sembra orientarsi in modo diverso rispetto agli auspici della gerarchia. E diverso appare anche l’approccio dei settimanali diocesani al voto del 9 aprile. Certo, nessuno di loro si spinge a dare esplicite indicazioni di voto. Ma il fatto che in questi anni le testate diocesane abbiano espresso dure critiche al governo su tutti i temi “dimenticati” dalla prolusione di Ruini, dà già il senso di un atteggiamento di insofferenza nei confronti della politica di Berlusconi e del “berlusconismo”. Inoltre, nei commenti comparsi nelle ultime settimane, pure molto equilibrati e improntati a spirito super partes, l’accento, piuttosto che sui temi etici indicati dal cardinale, è stato invece posto prevalentemente sulle grandi questioni politiche e sociali che attraversano il Paese.

La famiglia si difende nel portafogli

Così, una risposta chiara, seppure indiretta, a Ruini arriva da mons. Luigi Barbarito, il quale dalle colonne del Ponte (Avellino, 18/3) scrive che per milioni di italiani “i conti non tornano alla fine del mese”, che le persone si vedono costrette “a fare acrobazie, a ridurre i sudati risparmi e ad indebitarsi”, che “nel sud il tasso di povertà relativa delle famiglie è salito al 25%”; “per non dire della crisi delle grandi aziende” e delle difficoltà “delle piccole e medie imprese a tenersi a galla”, del “calo delle esportazioni” e del “crescente deficit commerciale”: “sono questi i fatti di cui ogni cittadino elettore dovrebbe chiedere spiegazioni a chi di dovere, e non lasciarsi fuorviare da risse, sceneggiate, presunte persecuzioni, opuscoli propagandistici e bollettini di immancabili vittorie”.

Sulla stessa linea anche altri settimanali diocesani: piuttosto che le astratte questioni, scrive il settimanale di Pordenone Il popolo (19/3), in cabina elettorale “entra la borsa della spesa delle famiglie con le lunghe file per una visita specialistica, con le code per avere una badante, con le carte bollate per avere un permesso, con una riforma scolastica che deve essere poco gradita se vi è la corsa ai licei”. E anche mons. Giordano Frosini, su Luce (Varese, 19/3), ricorda che “va bene l’attenzione alla famiglia”, ma “i problemi della povertà “, che “non soltanto non si risolvono ma si stanno sempre di più aggravando”, creano una nuova emergenza sociale. “Non è uno slogan banale – scrive Frosini – quello che afferma che “i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi'”.

Governo al crepuscolo

Alcuni settimanali si soffermano poi a commentare gli episodi che hanno caratterizzato le ultime settimane di campagna elettorale. Su di essi, un giudizio particolarmente negativo lo ha espresso Beppe Del Colle in un editoriale comparso su Il nostro tempo (Torino-Milano, 19/3). Del Colle si sofferma in particolare sulla vicenda di spionaggio in cui è stato coinvolto l’ex ministro della Salute Storace. Le sue dimissioni, scrive, sono state una “decisione inevitabile, perché si tratta di una storiaccia di incredibile violenza contro il principio fondamentale di una corretta vita democratica”.

Del Colle parla poi dell’intervista di Lucia Annunziata a Berlusconi: “Dovevano avere entrambi ben chiaro che il loro non era un duello faccia a faccia fra avversari politici, dove tutto è permesso (esclusa la violenza fisica e verbale) ma un’intervista giornalistica”. Ma c’è un presupposto, che deve essere “ben chiaro e riconosciuto ovunque si pratichi la democrazia”: “l’intervistatore non può essere costretto a fare le domande secondo i desideri dell’intervistato”.

Luigi Bassano su l’azione di Novara (18/3) ricorda gli scontri di piazza seguiti alla manifestazione milanese della Fiamma Tricolore (la cui lista è apparentata con il centrodestra), “con tutto il contorno di saluti romani, gagliardetti, fasci littori, croci celtiche, apologia del fascismo”. Inequivocabile la condanna delle violenze. Ma, si chiede Bassano, nessuno nella Casa delle Libertà , “ha sentito il dovere di prendere un pochino le distanze” dallo scomodo “alleato’?

Gente veneta, come molti altri settimanali, esprime invece sdegno per le lunghe code cui sono stati costretti gli immigrati che volevano regolarizzare la loro presenza nel nostro Paese. Nella stragrande maggioranza, rileva il settimanale, si trattava di clandestini. E La Bossi-Fini punisce i clandestini rispedendoli ai Paesi di origine. Ma le forze dell’ordine che presidiavano massicciamente le code davanti agli uffici postali non hanno fatto nulla. “Ora – scrive il settimanale di Venezia – delle due cose l’una: o la forza pubblica non fa il proprio dovere e in questo caso va essa stessa sanzionata o, comportandosi in questo modo, lo Stato italiano riconosce implicitamente che la legge sull’immigrazione e i meccanismi che la regolano sono fatti male e vanno cambiati, come chiedono da sempre la Caritas e altre istituzioni che danno assistenza agli immigrati”.

Legge elettorale: disastro democratico

Sullo sfondo delle elezioni, quasi tutti i settimanali diocesani rilevano il grave vulnus arrecato alla nostra democrazia dalla legge elettorale. Con l’abolizione totale delle preferenze, scrive Luce (19/3) “la possibilità di decidere spetta ai vertici dei partiti. Così si crea il trionfo della partitocrazia, dove pochissimi hanno in mano le sorti di chi entra o meno a Palazzo Madama e a Montecitorio, in base alla posizione nella lista”. Inoltre, “con le liste bloccate e senza voto di preferenza ben pochi – scrive Paolo Pombeni su Vita trentina (19/3) – si mettono a battere la società civile ed tastare il polso all’elettorato: il seggio è sicuro e tanto basta”. Si accentua così il divario tra “politica mediatica’, fatta attraverso la presenza ossessiva dei leader di partito in televisione, e politica reale, quella fatta sul territorio. Togliere all’elettore il diritto di scegliere con il voto di preferenza, scrive Il Corriere Apuano (18/3) “suona come una beffa”: “Alla faccia della democrazia! Solo le grandi dittature hanno fatto questo e da noi lo ha fatto il fascismo”.

Tutti in Belgio!

In controtendenza, rispetto agli altri settimanali, Verona fedele. Non che la testata si sia schierata esplicitamente, ma da alcune settimane il direttore, don Bruno Fasani, ospita nelle rubrica delle lettere interventi dei lettori sulla prossima tornata elettorale. L’idea è quella di un confronto a più voci, ma in realtà le “voci” si esprimono quasi all’unisono. Ampio rilievo, ad esempio, viene dato, il 19/3, ad una lettera che denuncia come “dietro la maschera della “laicità dello Stato'” si nasconda spesso “la propria incoerenza e ipocrisia”. Per un “vero politico cristiano” non è possibile “scindere le convinzioni religiose dalle proprie scelte politiche”. Nel caso non fosse chiaro, l’esempio di “vera coerenza” cristiana è “quello di Re Baldovino del Belgio disposto a dimettersi pur di non convalidare l’autorizzazione a uccidere migliaia di innocenti con l’aborto (purtroppo nessuno dei nostri democristiani ebbe il coraggio di fare altrettanto!)”.

Valerio Gigante

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