L’argentino Kirchner vince le sfide del primo anno. Ora la verifica si fa più dura

Il Presidente argentino, Nestor KirchnerAd un anno dal suo mandato, il presidente dell'Argentina, Nestor Kirchner, mantiene un alto indice di gradimento tra il suo popolo (otto argentini su dieci lo approvano) – meno il suo governo (non più di sei su dieci) – e se si dovesse andare alle elezioni oggi sbaraglierebbe l'opposizione con il 74,4% dei consensi. Sono i dati emersi da un'inchiesta di portata nazionale realizzata per il quotidiano argentino el ClaràƒÂ­n dal Ceop (Centro di studi dell'opinione pubblica), pubblicata il 25 maggio.

[Adista n. 43, 12/06/2004]


Tuttavia si preannuncia un periodo critico, quello della verifica: Kirchner daràƒ battaglia fino in fondo, ci si chiede anche a livello internazionale, o cederàƒ lentamente all'establishment mafioso nazionale, alle compagnie transnazionali o agli organismi internazionali di credito sulla scia dei presidenti che lo hanno preceduto? Un periodo critico perchàƒÂ© i settori più conservatori stanno passando alla controffensiva, perchàƒÂ© anche tra i politici più progressisti di sinistra e centro-sinistra, che pure lo sostengono, non manca il malcontento: molte parole e pochi fatti soprattutto rispetto alle misure sociali contro povertàƒ , disoccupazione, sicurezza; carenza di una strategia politica a lungo termine; concessioni alle imprese private; fine dei rapporti con i partiti (e c'è chi parla di “pericoloso atteggiamento fascista”); e infine perchàƒÂ© anche la posizione dell'episcopato nei suoi confronti lascia il margine a qualche incertezza.

La battaglia economica

Kirchner si è battuto su molti fronti, ma un argentino su quattro reputa che il suo principale successo sia stato il recupero economico: nel 2003 la crescita è stata dell'8,3% rispetto all'anno precedente, l'attivitàƒ industriale è in ripresa, l'inflazione bloccata, il tasso di disoccupazione è passato dal 18% del giugno 2003 al 14,5% di fine anno. Le misure ufficiali che hanno provocato maggior impatto (21% dei consensi) sono state le posizioni assunte rispetto al Fondo Monetario Internazionale e ai gruppi economici internazionali. Lo scorso marzo Kirchner ha evitato la bancarotta pagando il debito di 3,1 miliardi di dollari al Fmi, ma incassando in cambio l'assicurazione di ottenere la seconda tranche del prestito – pari a 3,1 miliardi di dollari – di complessivi 13,3 miliardi di dollari: in pratica un vero e proprio rimborso. E fino ad oggi ha mantenuto ferma la sua posizione riguardo ai debiti con i creditori privati espressa a settembre a Dubai nel corso del summit del G8, ossia un taglio del 75% del debito (circa 66mila milioni di dollari) e il pagamento del restante 25% del suo valore nominale ma al lordo degli interessi e a lungo termine (35-40 anni). Il primo giugno peràƒÂ² il ministro dell'economia Roberto Lavagna (che fino ad ora, secondo il sondaggio del ClaràƒÂ­n, godeva il primato di miglior ministro tra i suoi concittadini) ha presentato, cedendo alle pressioni del Fmi, della Banca Mondiale e delle organizzazioni dei creditori, una nuova proposta che senza spostarsi ufficialmente dal dichiarato taglio del 75%, ne ridimensiona di fatto l'entitàƒ (portandolo ad una cifra tra i 44mila e i 50mila milioni di dollari) con misure complementari (riduzione dei tempi di pagamento, tassi di interesse più alti e un coupon extra legato alla crescita dell'economia). La questione verràƒ discussa il prossimo 11 giugno a Washington e per passare dovràƒ ottenere il consenso del 70% dei creditori. Comunque sia è una decisione che avràƒ un costo politico visto che la proposta di Dubai è stata una sorta di bandiera per questo primo anno di vita del governo. Si addensano nubi per Kirchner.

L'offensiva della destra

Nonostante gli indubbi progressi economici il Paese vive ancora un forte disagio sociale (il 20% della popolazione soffre la fame e il 51% vive sotto la soglia di povertàƒ ) e soprattutto una situazione di insicurezza e violenza che fa paura. La destra politica e suoi media hanno scelto proprio questo momento per organizzare la controffensiva, scaricando sul governo la responsabilitàƒ della situazione. àƒË† emerso chiaramente in seguito al sequestro e all'assassinio del giovane di classe medio-alta Axel Blumberg. Axel è l'ultima vittima di un clima di violenza cresciuto esponenzialmente dal crack economico del 2001: nella provincia di Buenos Aires vige una media di cinque sequestri al giorno. Spesso poliziotti e commissari sono complici dei rapitori (in perfetta rispondenza al persistente intreccio mafioso-poliziesco e di servizi segreti, regalo della dittatura militare). Questa volta, racconta la giornalista Angeline Montoya su La Croix, “è andato tutto storto. La polizia è intervenuta, il giovane ha tentato di fuggire e i suoi rapitori lo hanno assassinato. Folle per il dolore, il padre, Juan Carlos Blumberg, imprenditore tessile, ha organizzato una manifestazione. Lo hanno accompagnato 150mila persone” e “circa 5 milioni, dice lui stesso, hanno sottoscritto una petizione che chiede l'inasprimento delle pene”. Kirchner si è affrettato a presentare un “piano strategico di giustizia e sicurezza”, ma il fenomeno Blumberg sta montando a dismisura. E la destra si mobilita.

Proprio in questi giorni si è venuto a sapere anche di strane cene tra capi militari in pensione ed esponenti di spicco dell'opposizione. Per esempio, quella presso il Casino militare del Reggimento di Patricios. Lo scorso 20 maggio, alle dieci di sera, il ministro della Difesa JosàƒÂ© Pampuro riceve dal presidente l'ordine di presentarsi senza preavviso al Casino degli ufficiali dove, sorpresa sorpresa, trova diversi ex capi di Stato maggiore ed ex generali (l'unico ancora in carica, Francisco Goris, è implicato nel traffico di armi) a cena con politici menemisti, seguaci di AlfonsàƒÂ­n, nazionalisti e imprenditori. “Non stiamo cospirando”, si affretta ad assicurare, infrangendo l'imbarazzante silenzio, l'eminenza grigia del radicalismo Enrique Nosiglia, a suo tempo sostenitore delle leggi del Punto finale e dell'Obbedienza dovuta, ignaro forse che excusatio non petita à¢â‚¬Â¦ Raccontano di trovarsi làƒÂ¬ per celebrare il Giorno della patria che, non si sa perchàƒÂ©, nota il giornalista argentino Horacio Verbitski che riferisce dell'accaduto sul quotidiano Pagina 12 (23/5), festeggiavano il 20 maggio. E cosa festeggiavano, si chiede il giornalista, negli altri simili incontri avvenuti negli ultimi mesi? Un'ora dopo, a cena non c'era più nessuno.

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