Le domande dell Africa

Nei giorni scorsi si è svolta a Roma una sorprendente manifestazione a sostegno dellà¢â‚¬â„¢Africa. Sorprendente perchàƒÂ© non vi era alcun evento particolare che la ispirasse, eppure vi hanno partecipato oltre 100mila persone.
Le parole dà¢â‚¬â„¢ordine della manifestazione, oltre alla simpatia e alla solidarietàƒ , erano essenzialmente tre: cancellazione del debito dei paesi africani, medicine a prezzi accessibili e divieto di vendita di armi.

Queste tre parole dà¢â‚¬â„¢ordine sono economicamente razionali e la loro eventuale accettazione da parte dei paesi occidentali e delle istituzioni multilaterali potrebbe portare benefici concreti allo sviluppo del continente africano?

Articolo di Pier Luigi Parcu
Tratto da LAVOCE.INFO


Debiti, medicine e armi

Il primo tema, la cancellazione del debito, è stato molto discusso nelle sedi internazionali.

Il Washington Consensus in passato è stato che la cancellazione del debito toglie uno strumento di pressione per là¢â‚¬â„¢adozione di politiche economiche corrette e rischia di portare alla concessione di nuove risorse che verrebbero presumibilmente sprecate in politiche sbagliate. Meglio quindi dilazioni e richieste di pagamenti parziali in cambio di serrati controlli sulle politiche economiche dei paesi debitori, sotto la regia del Fmi o di altri controllori internazionali.

Anche sul secondo tema, medicinali a prezzi accessibili, ci sono state molte discussioni.

La delicatezza dellà¢â‚¬â„¢argomento rende meno decisa la risposta negativa, ma sembra prevalere la nota tesi secondo la quale qualsiasi esproprio di diritti brevettuali porterebbe a minore innovazione futura, distorcendo un sistema di incentivi di mercato che funziona. Quindi, sia pure a bassa voce, il tema non viene perseguito.

Sul terzo argomento, la vendita di armi, la discussione è ancora meno esplicita. A onor del vero là¢â‚¬â„¢Fmi e i donatori generalmente contrastano là¢â‚¬â„¢uso di risorse di bilancio per là¢â‚¬â„¢acquisto di armi. Diverso naturalmente è accettare, anche da parte dei paesi produttori, che la vendita sia esplicitamente vietata. Si tratterebbe infatti di imporre divieti al libero scambio delle merci: un intervento che gli economisti giudicano sbagliato e spesso anche inefficace.

Questi argomenti fanno parte di una ricetta che purtroppo non sta funzionando. Il mancato sviluppo di tutti i paesi dellà¢â‚¬â„¢Africa è forse il principale fallimento storico dellà¢â‚¬â„¢intera comunitàƒ internazionale e dei paesi donatori, comprese le loro strutture operative in materia di sviluppo economico, cioè là¢â‚¬â„¢Fmi e la Banca Mondiale. Si dovrebbero cercare nuove strade.

Una ricetta diversa

Se là¢â‚¬â„¢obiettivo condiviso è lo sviluppo dellà¢â‚¬â„¢Africa, una risposta diversa alle tre domande iniziali potrebbe avere senso anche da un punto di vista economico.

La completa cancellazione del debito avrebbe due effetti immediati.

Il primo è ovvio: si eliminerebbe qualsiasi flusso di restituzione di fondi, perciàƒÂ² là¢â‚¬â„¢Africa sarebbe immediatamente più ricca. E potrebbe essere una precondizione positiva per là¢â‚¬â„¢afflusso di nuovi capitali. La limitata capacitàƒ di remunerare capitale da parte delle economie africane potrebbe essere messa al servizio di nuovi prestiti per realizzare eventuali nuovi progetti economicamente fondati, identificati e proposti anche con la partecipazione e supervisione delle organizzazioni internazionali.

Naturalmente, là¢â‚¬â„¢afflusso di capitali, e il loro impiego corretto, dipende da molti altri elementi, ma non direttamente influenzati dallà¢â‚¬â„¢esistenza dellà¢â‚¬â„¢attuale debito.
La gestione etero-diretta delle economie africane semplicemente non ha funzionato, quindi non hanno molto senso i timori per la perdita del potere di pressione, conseguenza della cancellazione del debito. Anzi, non si puàƒÂ² affatto escludere che una negoziazione meno squilibrata tra Fmi, Banca Mondiale, donatori occidentali e governi dei paesi africani, potrebbe dare risultati migliori di quelli fin qui ottenuti. Il negoziato infatti non sarebbe più concentrato sulla remunerazione di investimenti sbagliati fatti nel passato, spesso in contesti geo-politici ormai superati, ma sulle possibilitàƒ di favorire investimenti di sviluppo futuri. E si dovrebbero tenere in maggiore conto le opinioni di chi conosce meglio la situazione reale.

Per le medicine, si potrebbe pensare a una “eccezione Africa”, alla sospensione di tutti i brevetti per un certo numero di anni.
I benefici immediati di una simile scelta sono evidenti: vite umane salvate e di capacitàƒ di lavoro preservata.

Ma quali sono i danni? Da un punto di vista quantitativo, per le grandi imprese farmaceutiche, là¢â‚¬â„¢Africa è una fonte di reddito estremamente limitata. Là¢â‚¬â„¢effetto sui profitti di una vendita al costo sarebbe perciàƒÂ² assai ridotto.
E le preoccupazioni sugli incentivi allà¢â‚¬â„¢innovazione non appaiono economicamente fondate.

Proprio perchàƒÂ© là¢â‚¬â„¢Africa non dàƒ oggi grandi profitti, non si vede perchàƒÂ© una eccezione ben delimitata dovrebbe far temere alle case farmaceutiche di perderne in futuro. Il provvedimento si potrebbe giustificare con là¢â‚¬â„¢assoluta emergenza sanitaria del continente, che si trova in una situazione molto diversa rispetto ad altri paesi in via di sviluppo. I grandi paesi asiatici, per esempio, appaiono in condizione di controllare le proprie emergenze sanitarie e possono indirizzare a questo settore risorse proprie ingenti.

Infine, le armi. Il divieto di vendita, pur non semplice da applicare, avrebbe là¢â‚¬â„¢effetto di ridurre il flusso di armi verso là¢â‚¬â„¢Africa e, di conseguenza di aumentarne il prezzo. Ambedue sono conseguenze positive. E là¢â‚¬â„¢Occidente puàƒÂ² certamente rinunciare a questi proventi. In ogni caso, non vi è nessuna buona ragione economica per cui prodotti nocivi come le armi, debbano essere liberamente venduti sui mercati internazionali.

Nessun principio di libero mercato è da ritenere sempre superiore a qualsiasi altra considerazione. Ad esempio, la vendita di molti prodotti occidentali ad alta tecnologia è vietata nellà¢â‚¬â„¢interesse della sicurezza del paese produttore. PerchàƒÂ© non si potrebbe imporre un medesimo divieto per prodotti a tecnologia inferiore, nellà¢â‚¬â„¢interesse della popolazione del paese acquirente? Non si tratta di violare la libera circolazione delle merci, ma semplicemente di applicarla secondo regole condivise, come sempre accade.
Non vi è dubbio che un bando di una qualche efficacia richiederebbe un vasto accordo internazionale: le organizzazioni multilaterali, sotto la spinta dei paesi occidentali, potrebbero fare di questo punto una prioritàƒ negoziale dei prossimi accordi commerciali.

La manifestazione di Roma in definitiva ha chiesto di ricercare soluzioni non utopiche, ma razionali anche sotto il profilo economico, che possano migliorare la situazione attuale.

Naturalmente questo deve essere solo là¢â‚¬â„¢inizio: là¢â‚¬â„¢Africa è una grande emergenza che merita intelligenza, fantasia e cuore, anche da parte degli economisti.

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