Sono numerose le voci autorevoli che commentano il controverso provvedimento che colpisce il mondo dei circuiti di scambio “peer to peer” (decreto Urbani). L'Espersso ha intervistato Paolo Attivissimo, scrittore e divulgatore informatico, noto anche per le sue indagini “Antibufala”.
[a cura di Federico Ferrazza]
E: Qual è il tuo commento sul decreto?
PA: Giuridicamente, un colabrodo inapplicabile; psicologicamente, un successo per le lobby cinematografiche, perché mette paura anche se non ce n'è motivo piu' di quanto ce ne fosse prima. Scaricare un film non libero da vincoli di copyright è illegale anche senza il decreto Urbani.
E: Dal punto di vista tecnico, è fattibile che una persona che si scarica attraverso p2p “Il signore degli anelli” e non tolga il file dalla cartella “file condivisi” finisca in carcere?
PA: In carcere no, dato che la pena detentiva, perlomeno nella versione attuale del decreto, non è prevista per il caso che descrivi. Personalmente, penso che chiunque scarichi un film così spettacolare, nato per il grandissimo schermo, si meriti comunque un ceffone, perché vedere un film in condizioni cosi' patetiche è un insulto all'arte prima ancora che un danno all'industria del cinema. Ma questa e' un'altra storia.
E: Insomma, secondo te, il decreto sarà effettivamente attuato?
PA: Ammesso che passi senza modifiche [l'intervista risale a prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale], credo che finira' presto nel dimenticatoio delle leggi da tirar fuori all'occorrenza contro i personaggi scomodi della Rete, come gia' avvenuto in passato per altre leggi riguardanti Internet. Puo' darsi che venga applicata a quale “caso esemplare”, per fare spettacolo e dare il contentino a chi crede ancora che la crisi del cinema sia dovuta alle pessime copie circolanti su Internet. Un film come il Signore degli Anelli incassa un miliardo di dollari, eppure era disponibile su Internet il giorno dopo la prima. Come mai?
E: Un'altra legge liberticida, quindi. Riusciranno le lobby delle grandi aziende a imbrigliare Internet o non hanno speranza?
PA: Non credo sia una legge liberticida, ma una legge che fa male alla Legge, quella con la L maiuscola, perché la ridicolizza tutta agli occhi del cittadino in quanto inapplicabile. E' come vietare la pioggia per decreto. A parte questo, non si può imbrigliare Internet senza riprogettarla dalle radici per ragioni squisitamente tecniche. Tutti i sistemi anticopia vengono sistematicamente scavalcati. I circuiti di scambio si stanno già attrezzando con tecniche anti-intercettazione. Soprattutto, in tempi come questi trovo ridicolo che si dedichi tanta foga poliziesca a proteggere un modello commerciale obsolescente come quello cinematografico che non ha saputo stare al passo con la tecnologia. A livello industriale, stampare il DVD di un film costa meno della videocassetta corrispondente, eppure il DVD viene venduto a un prezzo maggiore: come mai?
E: Credi che internet, dopo che per anni è stato sinonimo di libertà , possa trasformarsi in un sistema di controllo rigido?
PA: Dipende. Si dice spesso che affinché il male prevalga, è sufficiente che gli onesti non facciano nulla. Lo stesso vale per Internet: se gli utenti non imparano a conoscerne le vere potenzialità liberatorie e si fanno ingabbiare dall'Internet patinata e luccicante offerta dai servizi commerciali, la Rete diverrà sterile, una sorta di televisione cliccabile i cui contenuti sono imposti dall'alto. Se vogliamo conservare la libertà di creare e pubblicare senza dipendere da nessuno, dobbiamo diventare tutti un po' “hacker”, nel senso di “smanettoni”.
E: Esistono dei metodi per non farsi beccare che magari potrebbero essere usati da qui in avanti? Se sì quali?
PA: Sì, ce ne sono molti. Tuttavia, descriverli sarebbe una violazione di uno dei commi del decreto. Questa e' la parte più preoccupante del decreto, a mio avviso: come è già successo ai ricercatori informatici americani con la DMCA, se approvato imbavaglierebbe chiunque offra nozioni tecniche che si prestano al “dual use”: utilizzabili sia per fini leciti, sia per fini illeciti.
E: Poniamo che questa legge non fosse mai stata approvata. Come se ne potrebbe uscire dal conflitto p2p – major?
PA: Sono passati cinque anni dall'avvento di Napster e ancora le major non riescono a fermare il p2p. Potrebbero semplicemente arrendersi all'evidenza e sfruttare il p2p invece di contrastarlo invano. Le copie dei film di prima visione disponibili nei circuiti p2p sono spesso incomplete o di bassa qualità , addirittura con le sagome degli spettatori nel fotogramma; vedere un film scaricato in queste condizioni è una pena. Chi legifera su queste cose dovrebbe provare a scaricarne uno, così si renderebbe conto dell'assurdità del considerare queste copie una minaccia per il cinema. Le major potrebbero usare il p2p per offrire copie qualitativamente garantite, senza alcuno degli attuali oneri di tiratura e distribuzione, quindi a costi bassissimi, in contemporanea con l'uscita al cinema. Sono convinto che gli utenti pagherebbero volentieri un euro in cambio della garanzia di un film completo e ben fruibile. Gli utenti non sono tutti stupidi e disonesti, anche se le major continuano a trattarli come tali.
E: Se ne hai notizia, quali sono le norme in materia negli stati uniti e in alcuni altri paesi d'europa?
PA: Non sono abbastanza qualificato da farti una trattazione specifica, ma grosso modo le leggi sono simili in USA e in UE: scaricare o duplicare un'opera soggetta a vincoli di copyright è illegale ovunque. Cambiano la severità della pena associata e la tolleranza nell'applicarla, ma il principio di base è sempre lo stesso: copiare senza il permesso dell'autore (o di chi detiene i diritti) non si può, salvo casi molto limitati (brevi spezzoni, diritto di citazione). Ma siccome con la tecnologia d'oggi copiare è facilissimo, è ora di ripensare le leggi sul diritto d'autore per tenerne conto. Si potrebbe cominciare riportandole al loro scopo originale, che era quello di promuovere la creazione di cultura dando agli _autori_ (non alle multinazionali) un diritto esclusivo di sfruttamento _limitato nel tempo_, trascorso il quale l'opera diventava patrimonio della collettività . Inizialmente, il limite era ventotto anni: ora è arrivato, per i film, a centoventi. Un film prodotto oggi diventerà libero nel 2124, quando tutti coloro che vi hanno contribuito sono morti da un pezzo, ma la major continuerà a incassare. La canzone “Tanti auguri a te”, pubblicata nel 1935, frutta ancora due milioni di dollari l'anno alla Time Warner. L'ultima delle sorelle Hill che la scrissero è morta nel 1946. Ha senso?
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