L’addio alle armi di Banca Intesa

Il gruppo bancario ha reso noto, il 18 marzo scorso, che In coerenza con i valori e i principi di eticità a cui si ispira, Banca Intesa ha deciso di sospendere la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano l'esportazione, l'importazione e transito di armi e di sistemi di arma, che rientrano nei casi previsti dalla legge 185/90.

[di Benedetta Verrini – Vita non profit magazine]


Una grande conquista per la società civile, che attraverso la campagna Banche Armate ha mobilitato in questi anni vasti settori dell'opinione pubblica, rendendo visibili le banche che annualmente entravano nella Relazione del ministero del Tesoro per operazioni autorizzate (generalmente, il ricevimento di bonifici e altri servizi finanziari a favore delle aziende belliche) nel commercio d'armi.

Nell'ultima Relazione, ad esempio, il Gruppo Banca Intesa, con la Banca Commerciale, aveva appoggiato operazioni per 54,5 milioni di euro rappresentando il 7,4% del totale, preceduta da Banco Bilbao Vizcaya, BNL, Banca di Roma e Gruppo San Paolo IMI (e seguita da un altro Gruppo che ha annunciato l'addio alle armi, Unicredito, che evidentemente deve smaltire vecchie operazioni e si mantiene piuttosto rappresentativo, con una percentuale del 6,8% per il Credito Italiano e 6,8% per Unicredit).

L'intervista
L'ordine di servizio di chiudere con le operazioni riguardanti armi è giunto questa mattina. Il nostro Gruppo, nell'ambito della sua responsabilità sociale, non può non essere sensibile a questa tematica spiega a Vita il responsabile policy del Gruppo, Valter Serrentino.

Come siete arrivati a questa decisione?

E' evidente che la tematica delle cd. Banche armate e della Campagna in difesa della legge 185 del 1990 in questi anni ha creato un vasto fronte trasversale, laico e cattolico, che ha notevolmente sensibilizzato l'opinione pubblica. Non potevamo non guardare con attenzione questo mondo e questi temi. Si è svolto un momento di confronto interno, nel Gruppo, che ha condotto a questa decisione. Aggiungo che in questo momento storico, così intriso di violenza, si sente fortemente il bisogno di una risposta diversa da quello puro e semplice della forza e delle armi.

Ha inciso anche l'impronta sociale cui tiene il vostro amministratore delegato, Corrado Passera?

Senza dubbio. Questa decisione è legata all'ambito della responsabilità sociale e ambientale, che è di pertinenza dell'amministratore delegato. Si inserisce perfettamente nel nostro Piano d'Impresa di essere Banca per il Paese, che significa anche avere una particolare attenzione alle domande e ai bisogni emergenti nella società .

Mi spieghi la questione delle operazioni che continuerete a svolgere in eccezione a questa decisione storica.

Banca Intesa si riserva comunque di valutare autonomamente operazioni che, pur rientrando fra quelle previste dalla legge 185/90, non abbiano caratteristiche tali da essere incoerenti con lo spirito di 'banca non-armata'”. Pensate alle operazioni di peacekeeping, in cui i soldati Onu vanno comunque armati. Si tratta comunque di operazioni singole, che verranno decise una ad una e in questi casi, le operazioni verranno segnalate sul sito internet dell'istituto. Sarà un modo per garantire il massimo della trasparenza, e dare modo alla società civile di dire la sua e segnalarci anche le diverse posizioni.

La vostra è una scelta che ha anche un contraccolpo economico.

Non siamo mai stati la prima banca armata nella classifica del ministero. Certo, toccare quasi il 10% del totale significa aver avuto un certo peso. Questa decisione ha di sicuro anche una dimensione economica, ma con il nostro Piano d'Impresa stiamo facendo anche un discorso di allocazione del credito, aprendo i nostri servizi a soggetti che finora sono stati esclusi, come gli studenti universitari, che presso i nostri sportelli possono ottenere prestiti d'onore, o le imprese sociali, con cui abbiamo di recente fatto un consorzio, il Pan, per creare nuovi servizi all'infanzia. E' un modo di aprirsi a una vasta fetta della società che ha esigenze cui noi vogliamo venire incontro per far crescere il paese.

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