Paesi poveri, l’Italia mantiene gli impegni

Il governo italiano mantiene le promesse fatte al Paesi poveri.
Nel periodo luglio 2002-giugno 2003, informa l'annuale relazione sulle misure adottate dall'Italia per la cancellazione del debito estero presentata in base alla legge 209/2000 ogni autunno dal ministero dell'Economia al Parlamento, I'Italia ha firmato undici accordi bilaterali – tutti con Paesi africani tra cui Camerun, Ciad, Etiopia, Ghana, Senegal e Sierra Leone – nei quali è stata stabilita l'entitàƒ del debito nei suoi confronti che il nostro Paese si impegna a cancellare. La riduzione del debito saràƒ efinitivamente operativa con un secondo accordo che verràƒ firmato quando i Paesi debitori avranno raggiunto il cosiddetto “completion point”, ovvero quando avranno presentato i piani che assicurino l'utilizzo dei fondi risparmiati per fini di stabilitàƒ finanziaria e di riforme interne.


Tali condizioni sono state stabilite dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario internazionale nel 1997, quando fu lanciata l'”iniziativa Hipc” (Heavily Indebted Poor Countries) con l'adesione di una trentina di Paesi creditori.Per I'Italia gli accordi di quest'ultimo tipo, cioàƒÂ© di cancellazione finale, sono stati nello stesso periodo tre e hanno riconosciuto gli sforzi di Burkina Faso, Mauritania e Tanzania per raggiungere il “completion point” nell'arco di pochi mesi dopo la firma dei primi accordi (che sono detti anche di “interim debt relief”).
Per capire il tipo di accordi raggiunti dall'Italia, l'intesa con la Tanzania che àƒÂ© la piu cospicua cancella i crediti della Sace (polizze assicurative alle imprese italiane per i rischi legati al commercio in aree instabili) dei crediti di aiuto (nel caso specifico finanziamenti e forniture di beni e servizi per realizzare progetti idrici, elettrici, satellitari e portuali) per un totale di 141 milioni di euro.Entro la fine del 2003 l'Italia dovrebbe firmare altri cinque accordi bilaterali, di cui due di cancellazione definitiva con Benin e Mali etre di “interim debt relief” con Madagascar, Zambia e Nicaragua.
Non sono quindi solo africani, ma anche – seppure in misura ridotta -centro e sud-americani (Bolivia, Guyana, Honduras e appunto Nicaragua), asiatici (Laos, Myanmar e Vietnam) e mediorientali (lo Yemen) gli Stati che l'Italia si impegna a sostenere.
Come ribadito anche dalla legge italiana, tra i criteri per 'inclusione di un Paese nell'iniziativa Hipc c'è esplicitamente, oltre alla virtuositàƒ finanziaria e monetaria, anche il rispetto dei diritti umani, e davvero sotto questo aspetto lasciano a desiderare i trePaesi asiatici coinvolti e un certo numero di quelli africani (Angola, Burundi, Congo ex-Zaire, Liberia, Somalia, Sudane Uganda su tutti).
Evidentemente anche nel caso del debito estero, come avviene di fronte ad un embargo o a sanzioni economiche, il dilemma è tra una intransigenza assoluta contro qualsiasi forma di violazione umanitaria – assai rigorosa sul piano morale ma forse poco utile perchàƒÂ© a farne le spese sarebbero solo le inermi popolazioni – e una visione più pragmatica per la quale, visti i mezzi e il potere di molti despoti ricchissimi che non sono toccati personalmente da debiti esteri a volte stratosferici, il miglioramento delle condizioni di vita materialidei popoli più poveri deve avere comunque la precedenza.
Sulla carta, la strada scelta sia dalla Banca mondiale e dal Fmi che dai governi dei”grandi” del mondo àƒÂ© la seconda, e, almeno per il momento, àƒÂ© giusto che sia cosàƒÂ¬.Per esempio il G8 di Evian dello scorso giugno ha dedicato, come da tradizione ormai consolidata, la sua giornata inaugurale alla compilazione del “piano per l'Africa”, che àƒÂ© anche sanitario ed umanitario oltre che economico, e alla stesura del cosiddetto “approccio di Evian” dedicato appunto alla riaffermazione della cancellazione del debitoestero e, se possibile, alla sua implementazione.Sul tema del debito estero i Paesi più sviluppati non si riuniscono soltanto sotto l'egida della Banca mondiale e del Fmi: diciannove Paesi membri permanenti – dodici della Ue (sono fuori Grecia, Lussemburgo e Portogallo), Australia, Canada, Giappone, Norvegia, Russia, Svizzera e Usa – piu quarantanove creditori non permanenti si riuniscono una decina di volte l'anno nel Club di Parigi, nato nel 1956 e finora firmatario in totale di 369 accordi di cancellazione, riduzione e riconversione del debito estero con settantotto Paesi per un totaledi 410 miliardi di dollari.
Tuttavia ventitrè dei membri non permanenti, forti di una membership un po' ibrida e titolari di crediti pari a 580 milioni di dollari, non hanno finora rispettato gli impegni presi nei confronti dei Paesi che hanno raggiunto il “completion point”, mentre altri quattordici hanno assolto solo parzialmente gli obblighi assunti.
Come ribadisce anche la relazione del ministero dell'Economia, solo il 59 per cento del livello di riduzione attribuito alla categoria dei membri non permanenti àƒÂ© stato impegnato. In questo quadro internazionale ancora ricco di incognite, I'Italia sta assumendoun ruolo di sempre maggiore rilievo anche per il ruolo assunto di mediatrice tra le diverse anime del Club di Parigi, oltre che per la quantith e la qualita degli accordi firmati, ventiquattro in totale, dall'ottobre 2001 ad oggi.

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