La sfida finale della globalizzazione passa per Cancun

La 5a conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio [World Trade Organization – WTO], che si svolgerà a Cancun in Messico dal 10 al 14 settembre, sarà senza dubbio cruciale per i destini dell’intero sistema delle istituzioni e delle relazioni internazionali. Il WTO è un’istituzione molto giovane, all’interno del cosiddetto sistema multilaterale che ha governato le relazioni politiche, commerciali, economiche e finanziarie dalla fine della seconda guerra mondiale fino ad oggi, ma fuori dal sistema delle Nazioni Unite. Oggi la posta in gioco è altissima.

di Antonio Tricarico[Campagna per la riforma della Banca mondiale]


Quella che è una conferenza che cade a metà del cosiddetto round negoziale del millennio, lanciato alla IV ministeriale svoltasi a Doha, in Qatar, nel novembre 2001, sembra ormai diventare un passaggio fondamentale del processo di globalizzazione così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi. Nel WTO, mai come oggi abbiamo assistito a conflitti così roventi tra i principali attori, al punto che qualche negoziatore nelle segrete stanze di Ginevra, dove l’istituzione ha sede dal 1995, inizia a parlare di crisi del WTO. Per capire la dimensione della partita di Cancun, dobbiamo guardare con attenzione all’agenda del vertice. A differenza delle ultime due conferenze del WTO, dove l’allargamento del mandato a nuovi accordi [a partire da quello sugli investimenti] ed il lancio di un nuovo round negoziale erano al centro del contenzioso tra i vari governi, a Cancun sarà dominante il tema dell’agricoltura. Ma allo stesso tempo sono diverse le questioni aperte sui diversi tavoli del negoziato a Ginevra, e quindi la possibilità di successo del più ambizioso round negoziale della storia del WTO dipende dalla capacità di trovare compromessi tra le posizioni dei diversi contendenti non solo all’interno dei singoli accordi ma anche tra i vari negoziati. Un’equazione difficile da risolvere, che per essere compresa nelle sue difficoltà ha bisogno di qualche ipotesi esemplificativa.

La sfida di Doha

La conferenza di Doha si è chiusa con un ambizioso piano di lavoro mirato a chiudere il nuovo round in poco più di tre anni, quasi per rifarsi dei due anni persi in seguito al clamoroso fallimento della Terza Conferenza ministeriale di Seattle nel dicembre 1999. In realtà , anche a Doha si andava verso il fallimento. Soltanto l’estensione in extremis di un giorno dei lavori negoziali — quando molti dei ministri, in particolare del sud del mondo, erano già in partenza, e l’utilizzo del sistema delle green room, ossia di negoziati ristretti tra un numero limitato di paesi che si auto-selezionano, in barba a qualsiasi regola democratica — ha permesso di superare le diffidenze nei confronti dell’inclusione nell’agenda di Doha del processo negoziale su quattro nuovi argomenti. Tra questi, gli investimenti e la trasparenza negli appalti pubblici. Con questo espediente si è potuta così chiudere con successo la conferenza con il lancio del round. Sono ben 19 complessivamente le aree di negoziato previste dall’agenda di Doha, definita sorprendentemente un’agenda ‘di sviluppo’ per ingraziarsi quei paesi in via di sviluppo emergenti, quali Sud Africa, India, Cina e Brasile, che hanno iniziato ad acquisire un consistente potere negoziale. In ogni caso, l’ambizioso round del millennio pone non pochi problemi ai paesi in via di sviluppo, dal momento che questi non hanno adeguato staff diplomatico al WTO a Ginevra per seguire tutte le questioni e soprattutto non hanno interesse e competenze in merito a tutti gli accordi. In questo modo, gran parte del negoziato spesso diventa una partita a scacchi per i negoziatori del nord, a partire dalle truppe di burocrati europei ed americani, che sotto l’influenza di lobby commerciali sempre più agguerrite dominano le tecnicalità dei negoziati.

Dalle merci ai servizi

Le decisioni da prendere prima della conferenza di Cancun possono essere accorpate in tre grandi aree tematiche: sviluppo, accesso al mercato e riforma del sistema di risoluzione delle dispute, che rappresenta il vero potere del WTO. All’interno dello sviluppo, troviamo il cosiddetto trattamento speciale e differenziato [ossia ai paesi in via di sviluppo è richiesto di liberalizzare un po’ meno ed in un periodo di tempo maggiore, in termini relativi, per bilanciare le asimmetrie del sistema commerciale globale], l’annosa questione dell’accesso agevolato ai farmaci generici contro le malattie infettive per i paesi del sud del mondo non produttori in eccezione all’accordo TRIPS sulla proprietà intellettuale che difende gli interessi delle multinazionali farmaceutiche, ed, infine, la valutazione dell’attuazione dei risultati dell’Uruguay Round, ossia del round negoziale che ha portato alla creazione del WTO nel 1994. A questo riguardo, va sottolineato che la nascita di questa istituzione ha rappresentato un primo allargamento sostanzioso degli accordi commerciali internazionali, rispetto al precedente Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio, che regolava soltanto le merci, escludendo l’agricoltura ed in parte settori industriali, quali il tessile, e soprattutto non si occupava né di servizi, né di diritti sulla proprietà intellettuale. Per quanto concerne l’area dell’accesso al mercato, troviamo la presentazione delle offerte iniziali di liberalizzazione nel negoziato sui servizi, il famigerato GATS, la definizione delle modalità per il negoziato agricolo ed anche delle modalità per il negoziato sui prodotti non agricoli. Infine, la questione della riforma del meccanismo di risoluzione delle dispute, che rappresenta la vera novità ed il vero potere del WTO.

I quattro temi di Singapore

Ma alla stessa conferenza di Cancun sono attese ulteriori decisioni, a partire dalla controversa questione dei ‘quattro temi di Singapore’ [commercio ed investimenti, commercio e concorrenza, trasparenza negli appalti pubblici e facilitazione al commercio]. La conferenza di Doha ha sancito l’ingresso nel round del millennio delle cosiddette questioni di Singapore secondo un processo a due tempi non affatto chiaro; fino a Cancun si negozieranno le modalità su come svolgere i negoziati; quindi in Messico sarà necessario un esplicito consenso di tutti i paesi membri del WTO sulle modalità per iniziare i negoziati. Il contenzioso tra nord e sud del mondo, che era al cuore del fallimento di Seattle e dei compromessi di Doha, reso clamorosamente evidente da un chiarimento legale del presidente indiano della conferenza di Doha ad incontro finito, riguarda la possibilità o meno che i negoziati facciano parte in ogni caso del pacchetto di decisioni da raggiungere per chiudere il round negoziale, come sostiene in maniera agguerrita l’Unione Europea, inimicandosi potenze emergenti quali India e Cina, o se invece un mancato accordo sulle modalità può evitare in toto l’inizio dei negoziati nel round di Doha. Infine, a Cancun si dovrebbe trovare un accordo anche sull’estensione della tutela delle indicazioni geografiche a prodotti diversi da vini e bevande alcoliche nell’ambito dell’accordo TRIPS. Ma soprattutto, a Cancun si parlerà della questione cruciale del rapporto tra regole commerciali ed accordi multilaterali sull’ambiente, ossia se i nuovi accordi scritti in ambito WTO vanno a sovrascrivere gli accordi ambientali internazionali firmati e ratificati da numerosi governi negli ultimi 30 anni.

La questione agricola

In ogni modo, la principale questione che sembra dominare i negoziati in vista di Cancun rimane quella agricola, sempre più centrale. E’ evidente, in proposito, tutta l’ipocrisia dei paesi industrializzati, in prima fila Stati Uniti ed Unione Europea, che denota un atteggiamento protezionistico a vantaggio soltanto della grande industria agro-alimentare. Al riguardo, proprio l’Europa è nell’occhio del ciclone, vista la sua incapacità di raggiungere una riforma della sua politica agricola comunitaria che dia maggiore credibilità alle limitate proposte negoziali in ambito WTO. L’agenda di Doha mira ad un accordo tra 145 paesi entro gennaio 2005, con un single undertaking, ossia un accordo che deve includere tutte le questioni attualmente in via di negoziazione. Per raggiungere questo ambizioso risultato, il WTO si è dato una serie di scadenze negoziali intermedie, la maggior parte delle quali non sono state rispettate. Tra le più importanti, quelle di fine dicembre sul trattamento speciale e differenziato per i paesi in via di sviluppo, sull’implementazione degli impegni dell’Uruguay Round e soprattutto sui farmaci salvavita. Sorprendentemente, quello che sembrava uno dei pochi successi strappati a Doha al nord dai paesi del sud, è stato rimesso vergognosamente in discussione, principalmente dagli interessi farmaceutici americani. L’attuale prosecuzione del negoziato, che sta compattando incredibilmente i paesi africani, in realtà non rientra nel round del millennio, perché si pensava fosse una questione chiusa, ma di sicuro discredita il WTO come istituzione se a breve non si arriverà al rispetto di una decisione già presa. Poi, lo scorso 31 marzo la scadenza per le offerte del negoziato sui servizi non è stata rispettata dall’Unione Europea, che aveva bisogno di qualche settimana di tempo in più per dirimere gli ultimi conflitti interni. Ma soprattutto, è saltata come previsto l’importante scadenza negoziale della definizione delle modalità di negoziato sull’accordo sull’agricoltura, mirato a ridurre le tariffe ed i sussidi nel settore agricolo. Questo nonostante la mini-ministeriale di febbraio in Giappone avesse cercato un accordo preliminare tra i 25 paesi invitati a discutere a porte chiuse.

La sfida finale

Anche in base a questi precedenti insuccessi Cancun rappresenta una sfida finale, alla quale la società civile deve andare preparata: Cancun è l’ultima spiaggia per fermare l’inclusione delle nuove tematiche di Singapore nel WTO bloccando così l’espansione dell’istituzione che con il round negoziale iniziato a Doha mira a diventare una World Economic Organization, dal momento che gli accordi sul commercio coprirebbero questioni economiche e finanziarie, nonché ambientali e sociali ad ampio spettro, esautorando le altre istituzioni del sistema ONU con competenze consolidate al riguardo. L’ambizione del WTO è quella di chiudere una volta per tutta la scrittura delle regole globali, sigillando l’approccio neoliberista promosso dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Sarebbe un errore pensare che non esistano attualmente regole nazionali ed internazionali per la salvaguardia dei diritti di base di tutti. L’attuale processo di globalizzazione, ed il WTO ne rappresenta un esempio cruciale, sta effettuando una riscrittura delle regole, in senso di deregolamentazione. E’ necessario fermare l’espansione del WTO a Cancun per rimettere in discussione l’intero round negoziale di Doha ed avere così due anni di respiro che permettano di elaborare proposte innovative per un commercio mondiale equo ed a sostegno delle popolazioni locali intorno cui trovare il consenso di forze sociali e di alcuni paesi in via di sviluppo.

La società civile si prepara

Cancun difficilmente sarà come Doha. Allora, un mutato clima politico sull’onda dei tragici attacchi terroristici dell’11 settembre e la retorica dell’amministrazione americana, che aveva subito chiesto più libero mercato come unica soluzione per portare la pace sul pianeta, aveva condotto al lancio del round del millennio con una forzatura da parte dei paesi industrializzati a danno di numerosi paesi in via di sviluppo. Nelle stanze di Ginevra la paura di un fallimento politico del WTO in Messico oggi è forte. Inoltre la società civile si prepara da tempo all’appuntamento messicano. Cancun sarà blindata, ma in ogni caso più accessibile di Doha, e la società civile globale non mancherà la scadenza. Il vero punto debole dei negoziati verso Cancun rispetto alla preparazione del vertice di Doha è la grave rottura dell’asse Unione europea–Stati Uniti, con al centro la questione agricola. Le tensioni commerciali tra le due sponde dell’Atlantico, infatti, erano già aumentate nell’ultimo anno, a partire dalla disputa sui sussidi per l’acciaio americano e la costante minaccia, ora attuata, degli Usa di ricorrere ad una disputa secondo l’accordo fito-sanitario ed agricolo contro l’Ue sulla moratoria europea sull’utilizzo e l’importazione di organismi geneticamente modificati. In realtà la potenza più esposta attualmente nei negoziati rimane l’Unione europea, con il suo potente commissario al commercio Pascal Lamy, che in questa prima fase del round negoziale ha puntato moltissimo sul negoziato GATS.

L’Europa all’attacco, e l’Italia?

Ci sono già segni che l’intransigenza europea sull’agricoltura ed in altri settori stia portando altri paesi membri del WTO a dubitare dei negoziati in altre aree, quali ad esempio i servizi, che in realtà non sono sull’agenda di Cancun. Tra l’altro, l’aggressiva richiesta europea di liberalizzazione dei servizi verso gli Usa ha ulteriormente irrigidito la posizione americana. ‘Se non eravamo offensivi con gli Usa, con chi altro allora?’, sostengono i negoziatori europei, ma in pratica il negoziato GATS si sta infuocando poiché i paesi in via di sviluppo si sono resi conto che le richieste a loro rivolte di liberalizzazione dei servizi includono anche alcuni servizi di base, quali la distribuzione dell’acqua, mentre l’Ue non offre sostanziali aperture dei propri mercati. Sarebbe da chiedersi quale sarà il ruolo del governo italiano nella partita di Cancun visto che nel secondo semestre del 2003 l’Italia ha la presidenza di turno dell’Unione Europea. Di sicuro, quello che si è registrato fino ad oggi è un basso profilo del nostro paese, che sembra prepararsi al mezzo fallimento previsto del vertice del WTO, con la speranza di ottenere a Cancun quanto meno l’estensione del round negoziale fino al gennaio 2007. In realtà , rimarrebbe sempre la patata bollente del negoziato su TRIPS e farmaci che ha bisogno di un lieto fine per non indebolire ancora di più la credibilità internazionale del WTO. Stupisce in ogni caso che l’Italia non pensi ad aumentare la sua presenza negoziale nelle sedi internazionali, visto il controverso e problematico appuntamento messicano durante la sua presidenza.

Chi governa la globalizzazione?

Fino a pochi mesi fa sembrava che l’agenda di Doha dovesse produrre un nuovo quadro per la cooperazione commerciale e politica a livello internazionale, ma attualmente i negoziati del WTO sono un chiaro esempio di indecisione ed incapacità di mediazione politica tra numerosi ed accesi interessi.

E’ per questo che la conferenza di Cancun può fallire. Un ipotetico insuccesso di Cancun apre, però, una questione chiave: quella della governance, ossia del sistema equilibrato di regole da definire per l’attuale processo di globalizzazione economica e commerciale che l’intero pianeta sta vivendo con gravissimi impatti, poiché fino ad oggi incentrato sul dogma neoliberista della crescita economica a tutti i costi e dell’espansione del libero commercio come panacea di tutti i mali. Un modello la cui bontà non è mai stata dimostrata nei fatti dall’economia reale e dallo sviluppo dell’intero pianeta.

La vera partita commerciale a livello globale dovrebbe diventare la profonda riforma del WTO, ed in particolare del suo meccanismo di risoluzione delle dispute e della trasparenza del processo decisionale. Il WTO rimane, infatti, l’unico, insieme al consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su materie militari, ad avere un potere coercitivo e sanzionatorio formale contro i paesi che violano gli accordi commerciali sottoscritti al suo interno.

Multilateralismo sotto attacco

Ma un fallimento di Cancun metterebbe gli Stati uniti di fronte a una scelta fondamentale: o emergere con una nuova iniziativa politica, oppure seguire l’istinto dei neo-conservatori, che oggi guidano gran parte dell’amministrazione americana, e diminuire il profilo Usa anche nel WTO, perseguendo il rafforzamento di accordi commerciali bilaterali e regionali, quali il famigerato ALCA in America Latina ed accordi bilaterali sugli investimenti imposti un po’ ovunque nel mondo ai partner commerciali. Questo sarebbe l’attacco finale al multilateralismo, che già fa acqua da tutte le parti. Per questo di fronte all’auspicato fallimento di Cancan, la proposta della società civile globale non può che prefigurare un nuovo sistema multilaterale di relazioni internazionali giusto, equo e trasparente che prevenga senza armi i conflitti di domani.

RIVA DEL GARDA CHIAMA CANCUN

Dal 4 al 6 settembre – Tutti a Riva del Garda al Forum ‘L’Europa che vogliamo!’ e per la manifestazione ‘Fermiamo il WTO’, promuove il Tavolo trentino ‘Per un’Europa sociale’.

Il Tavolo trentino ‘Per un’Europa sociale’, a cui aderiscono più di 25 associazioni delle varie reti e movimenti, lavorando sulle giornate dal 4 al 6 settembre quando a Riva del Garda si incontreranno i ministri degli esteri dell’UE per discutere di sicurezza, immigrazione, politica estera e quindi anche delle trattative rispetto al commercio internazionale in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio, che dal 10 al 16 Settembre si incontra a Cancun [Messico] nella 5a Assemblea ministeriale.

Vista l’importanza dei temi che si andranno ad affrontare durante questo vertice, il Tavolo trentino ‘Per un’Europa sociale’ intende promuovere il 4 e 5 settembre un ‘Forum alternativo’ incentrato sul ruolo dell’Europa per una politica di pace, di giustizia e il suo ruolo nelle regole commerciali e sul processo di privatizzazione in corso. Sono numerose le realtà nazionali coinvolte quali tra le quali Attac Italia, Altragricoltura, Contratto Mondiale sull’Acqua, Rete di Lilliput che contribuiranno con l’intervento di relatori nazionali e internazionali a voce della società civile organizzata, movimenti e campagne. Per il sabato 6 settembre prevista nella mattinata un’assemblea conclusiva e una manifestazione a carattere nazionale dal titolo ‘Fermiamo il WTO, per un’Europa sociale’.

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