Quando la ricchezza fa male


Siamo un’arma biologica. Sabato scorso il movimento anti-guerra ha scaricato qualcosa come 80.000 tonnellate di materiale organico nelle strade di Londra, e quantità simili in altri posti in giro per il mondo. Quest’arma di contestazione di massa era considerata la maggiore minaccia per la sicurezza
dei governi occidentali.
Le nostre marce erano senza precedenti, ma sono state sinora fallimentari.
Il sistema immunitario del governo americano e di quello britannico hanno dimostrato di essere ben più resistenti di quanto tutti noi sperassimo. La loro intransigenza lascia al mondo una serie di domande senza risposta.
Quando il confronto nucleare tra India e Pakistan rappresenta la più concreta minaccia derivante da armi di distruzione di massa illegali, perché il governo Usa si concentra sull’Iraq? Quando il governo USA dà prova di interessarsi così poco della propria gente demolendo i servizi sociali,
perché sembra maturare tanta preoccupazione per gli interessi del popolo irakeno? Quando si ritengono i diritti umani così importanti, perché si finanziano le oppressioni dei popoli algerini, uzbeki, palestinesi, kurdi e
colombiani? Perché il bombardamento dell’Iraq, anziché la lotta alla fame, la fornitura di acqua pulita o la prevenzione delle malattie, è diventato la preoccupazione umanitaria prioritaria nel mondo? Perché la sua importanza è
diventata tale da imporre stanziamenti pari a quattro volte l’ammontare degli aiuti stanziati annualmente dall’America per i paesi d’oltremare?
In una serie di lezioni tenute ad Oxford, il Professor David Harvey, tra i più autorevoli geografi al mondo, ha fornito quella che può essere considerate la prima spiegazione efficace della determinazione con cui il
governo USA sta spingendo per la guerra. La sua analisi, suggerisce che essa ha poco a che fare con l’Iraq, ancor meno con le armi di distruzione di massa e nulla con il soccorso delle popolazioni oppresse.
La ragione sottostante è rappresentata dal problema che, come tutte le economie di successo, gli USA devono periodicamente affrontare: la sovraccumulazione di capitale. L’eccesso di produzione di un qualsiasi
bene – si tratti di auto o scarpe o banane – si traduce in una caduta del prezzo di quel bene e dei profitti, a meno che non vengano individuati nuovi mercati di sbocco. Esattamente come nei primi anni ’30 dello scorso secolo,
gli USA sono afflitti da un surplus di merci, prodotti manifatturieri, capacità produttiva e surplus di moneta. Così come allora, devono affrontare anche un eccesso di offerta di lavoro, per cui i due surplus non possono
annullarsi vicendevolmente in maniera profittevole. Questo problema si è avuto negli USA sin dal 1973. àˆ stato utilizzato qualsiasi mezzo a disposizione per risolvere questo problema e mantenere allo stesso tempo il
dominio globale. Resta solo un’opzione politicamente praticabile: la guerra.
Negli anni ’30, il governo USA affrontò il problema dell’eccesso di capitale e dell’eccesso di lavoro tramite il New Deal. I suoi ingenti investimenti in infrastrutture, istruzione e spesa sociale cancellarono l’eccesso di moneta,
crearono nuovi mercati per l’industria manifatturiera e ridiedero un lavoro a centinaio di migliaia di persone. Nel 1941, la spesa militare venne usata
per avere risultati analoghi.
Dopo la Guerra, gli enormi investimenti in Europa e Giappone permisero all’ America di scaricare il surplus monetario, costruendo nuovi mercati. Nello stesso periodo, si investì generosamente nelle infrastrutture domestiche e nello sviluppo delle economie degli stati federati del sud e del sud-est. Questa strategia funzionò bene fino ai primi anni settanta. In quel periodo, tre processi ineluttabili cominciarono a completarsi. Lo sviluppo delle
economia tedesca e di quella giapponese non permetteva più agli USA di dominare la produzione mondiale. Crescendo, queste nuove economie smettevano di assorbire surplus di capitale e cominciavano ad esportarlo.
Contemporaneamente, gli investimenti dei primi decenni cominciavano a dare i loro frutti, producendo nuovo surplus. La crisi del 1973 iniziò col collasso dei mercati immobiliari in tutto il mondo, i quali, infatti, stavano
rigurgitando l’eccesso di moneta che non potevano più digerire.
Gli USA vollero dar vita urgentemente ad un nuovo approccio e immaginarono due rimedi. Il primo consisteva nel passare dal dominio della produzione globale al dominio della finanza globale. Il Tesoro americano, lavorando in
accordo col FMI, cominciò a costruire nuove opportunità per le banche commerciali americane nei paesi in via di sviluppo.
Il FMI cominciò a richiedere ai paesi che ricevevano il suo aiuto di liberalizzare il loro mercato dei capitali. Ciò consentì agli speculatori di Wall Street di entrare in quei mercati e, in molti casi, razziare le loro economie. Le crisi finanziarie causate dagli speculatori hanno indotto la svalutazione dei titoli di quei paesi. Due gli impatti benefici per l’
economia USA: il fallimento delle banche e delle imprese manifatturiere dell ‘America Latina e dell’Asia dell’Est implicava la distruzione del surplus di capitale; le imprese fallite sono state portate dalle multinazionali
americane a prezzi irrisori, creando nuovo spazio per l’espansione del capitale americano.
Il secondo rimedio è ciò che Harvey ha definito ‘accumulazione tramite espropriazione’, che è un’espressione molto educata per indicare una rapina
alla luce del sole. àˆ stata strappata la terra ai coltivatori diretti, le risorse pubbliche sono stati tolte ai residenti tramite le privatizzazioni, la proprietà intellettuale è stata confiscata a chiunque tramite i brevetti sulla conoscenza scientifica, i geni umani e quelli animali e vegetali.
Queste sono le pratiche che, insieme a quelle predatorie del FMI e delle banche commerciali, hanno condotto alla nascita del movimento per la giustizia globale. Ad ogni modo, nuovi territori erano stai creati per l’ espansione del capitale e l’assorbimento del surplus.
Ma entrambi questi rimedi stanno fallendo. La ripresa dei paesi dell’Asia del Est, le cui economie furono distrutte dal FMI cinque anni fa, ha condotto, ancora una volta, ad una nuova creazione di propri surplus di capitale. Il passaggio americano dalla produzione alla finanza come
strumento di dominio globale, e la conseguente malamministrazione dell’ economia interna, ha reso gli USA più vulnerabili rispetto alle influenze negative e alle possibili cadute dell’economia. Le multinazionali incontrano
ora molta più resistenza nell’opinione pubblica riguardo ai loro tentativi di espandere le loro opportunità attraverso l’espropriazione. L’unica soluzione pacifica è un nuovo New Deal, ma questa possibilità è impedita dalla classe politica Americana: le uniche nuove spese consentite sono
quelle militari. Quindi, ciò che resta è la Guerra e il controllo
imperialista.
L’attacco all’Iraq offre agli USA tre ulteriori strumenti per scaricare capitale mantenendo il dominio globale. Il primo consiste nella creazione di un nuovo spazio geografico per l’espansione economica. Il secondo [anche se
questa non è un ragione avanzata da Harvey] è la spesa militare [che alcuni chiamano ‘keynesianismo militare’]. Il terzo è la possibilità di controllare le economie degli altri paesi controllando l’offerta di petrolio. Quest’
ultimo strumento, dato il progressivo esaurimento delle riserve, diventerà quello più potente. Guarda caso, dato che è necessaria una legittimazione, schiere di ex-progressisti sia in USA che in Gran Bretagna improvvisamente
hanno deciso che impero non è poi una parola tanto sporca, e che le orde barbariche degli altri paesi potrebbero davvero beneficiare della civilizzazione offertale dalla superpotenza benigna e altruista.
Gli strateghi statunitensi hanno programmato questo successivo stadio dell’ espansione per anni. Paul Wolfowitz, attualmente sottosegretario alla difesa, scriveva della necessità di invadere l’Iraq già a metà degli anni ‘
90. La Guerra imminente non sarà combattuta a causa del terrorismo, dell’ antrace, del gas VX, di Saddam Hussein, della democrazia o del modo in cui il popolo irakeno è governato. Ma ha a che fare, come in quasi tutti i casi,
col controllo del territorio, delle risorse naturali e delle economie degli altri paesi. Coloro che la stanno programmando hanno capito che il loro dominio futuro può essere sostenuto grazie ad una semplice formula: il
sangue è una risorsa rinnovabile, il petrolio no.

Articolo di George Monbiot

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