Parla Adolfo Esquivel. Il terrorismo delle brigate Fmi


di Paolo Manzo [p.manzo@vita.it]

‘Gli Usa prima hanno distrutto l’economia argentina. Ora ci hanno occupato militarmente’. Intervista al Nobel per la pace

Fa caldo. A Buenos Aires l’inverno è ai minimi termini, come l’economia reale, se è vero che ci sono 36 gradi ad agosto, il mese che equivale al nostro febbraio. Si suda al 730 di Calle Piedras, nello scarno ufficio del Serpaj Argentina, un’ong che tutela i diritti umani in un continente dove troppo spesso sono violati. àˆ qui che incontro Adolfo Pérez Esquivel, nel 1980 Nobel per la pace, in prima linea durante gli anni dei desaparecidos, in prima linea oggi, essendo del Serpaj il presidente. Me l’aspettavo immerso nella sua torre d’avorio, lo scopro umile, disponibilissimo, sommerso da un fiume di richieste via fax, via posta, via telefono. Ha la faccia stanca Adolfo, come qui lo chiamano tutti, ma ha la gentilezza tipica del sudamericano di campagna. Ma appena inizia a ragionare, l’antica grinta riemerge: «Negli anni 70 c’era la dottrina per la sicurezza nazionale, l’implementazione delle dittature militari nel continente, il terrorismo di Stato. Con il patrocinio Usa, come dimostrano i documenti pubblicati dalla Cia proprio in questi giorni. Oggi s’è passati al terrorismo economico».
Vita: Lei parla di «terrorismo economico», ma l’11 settembre ha posto sotto gli occhi del mondo un altro tipo di terrorismo, quello delle Torri…
Adolfo Esquivel: Guardi, l’11 settembre 2001 ero a Porto Alegre per lanciare il Forum. Quel giorno la Fao segnalò in un suo report che, ogni giorno, muoiono di fame oltre 35mila persone al mondo. Se non è terrorismo economico questo… Poi, quello stesso giorno, ci fu l’attacco alle Twin Towers e il dato Fao passò completamente sotto silenzio sui mezzi di comunicazione internazionale. Ecco, l’attentato dell’11 settembre ha convogliato l’attenzione di tutti sul terrorismo degli attentati, mentre nessuno più si preoccupa del terrorismo economico.
Vita: Dove può condurre tutto ciò?
Esquivel: Al caos. Alla guerra civile. Vengono violati i diritti umani, i trattati come la Convenzione internazionale sull’infanzia. àˆ aumentata la repressione della polizia. C’è uno spreco enorme. Ma nonostante ciò bisogna essere ottimisti: la capacità di resistenza del popolo sta aumentando. E questi sono segnali positivi.
Vita: Lei si riferisce alla capacità di resistenza del popolo argentino. Ma il suo Paese non ha nessuna responsabilità ?
Esquivel: Nessuno entra in casa di un altro senza la complicità di qualcuno che apre la porta. Da dentro. C’è stata una gran complicità di persone influenti: imprenditori, politici ed ex governanti. Come Carlos Menem. O Domingo Cavallo: quando fu presidente del Banco centrale all’epoca della dittatura militare, statalizzò il debito estero argentino. Da debito privato lo trasformò in statale, trasmettendo a tutti gli argentini un tremendo e ingiusto debito estero. Come ministro di Menem, iniziò una politica monetaria restrittiva e poi le privatizzazioni…
Vita: Ma all’epoca Baires era il modello…
Esquivel: Già , l’alunno buono del Fondo perché faceva benissimo il suo dovere: svendere le imprese dello Stato ai privati. Poi di colpo ci siamo trovati con i problemi veri: lo smembramento di un’impresa come Aerolineas Argentinas fatta da Iberia, azienda statale spagnola. E lo stesso è accaduto con Repsol Ypf che, privatizzando, ha lucrato migliaia di dollari e ha licenziato oltre la metà dei dipendenti. Tutti gli utili sono usciti dal Paese, e nessun investimento nello sviluppo sociale.
Vita: E l’Fmi?
Esquivel: Oggi ha pretese ogni giorno più dure. Sono stato un’ora a colloquio con la loro delegazione e sa dove mi hanno ricevuto? Nella Banca centrale argentina, che ho scoperto essere anche la sede del Fondo. Inconcepibile. Incredibile.
Vita: E la società civile fa qualcosa?
Esquivel: Non c’è solo il popolo delle pentole o i piqueteros. Sono nate le assemblee di quartiere, con un nuovo modo di far politica. Molti hanno smesso d’essere spettatori per trasformarsi in protagonisti. Faccio parte del Fronte nazionale contro la povertà [Frenapo] che lavora in tutto il Paese con commissioni, con temi all’ordine del giorno precisi: salute, educazione, bilancio partecipativo, microcredito e mense dei poveri. La commissione per la salute sta cercando di fabbricare da sé i medicinali generici, perché gli ospedali non hanno nulla. Istituti che erano un orgoglio internazionale come l’Istituto Malbrà¡n, non hanno nemmeno più i vaccini.
Vita: Facciamo una lettura più profonda dell’America latina.
Esquivel: In Sudamerica c’è un ritorno alla militarizzazione, il che è gravissimo. Qui ci sono state manovre militari negli ultimi due anni, sotto il comando unificato degli Usa, con truppe latinoamericane. C’erano tutti meno il Venezuela e, naturalmente, Cuba. A queste operazioni è stato dato due anni fa il nome di Cabaà±as 2000 e si sono tenute nella provincia di Cordoba. Il tutto finanziato dal Dipartimento per la sicurezza degli Usa. L’anno scorso c’è stata l’operazione Cabaà±as 2001 ed è stata fatta a Salta. Un teatro d’operazione geografico molto simile alla Colombia. Queste truppe si sono esercitate contro un’ipotesi di conflitto molto chiara, contenuta in un documento discusso dal parlamento argentino per concedere il permesso d’entrata delle truppe.
Vita: E il Parlamento cosa fece?
Esquivel: Non diede l’autorizzazione ma le truppe sono entrate lo stesso. Noi abbiamo fatto un’interrogazione alla magistratura ma il giudice non l’ha nemmeno guardata. E lì è morta la nostra richiesta di spiegazioni. Sono stati un mese a fare operazioni e, oggi, abbiamo basi militari degli Usa nelle province di Salta e di Missiones, nel nord del Paese, in Patagonia e nei pressi del centro sciistico di Bariloche. I nemici per le truppe che hanno preso parte a Cabaà±as 2000 e 2001, in base al documento, sono «le organizzazioni sociali, le organizzazioni non governative e non meglio specificati nemici potenziali». Le ipotesi di conflitto, quindi, sono le stesse di quelle contenute all’interno della dottrina per la sicurezza nazionale: il nemico è il popolo stesso. Come negli anni 70. Questo documento, che è davvero sinistro, è stato presentato dal governo De la Rua al parlamento, con la firma del capo di Gabinetto, Colombo, del ministro degli Esteri, Giavarini e del ministro della Difesa, Arena. E quest’ultimo continua a essere ministro della Difesa anche oggi, con Duhalde.
Vita: Indicatori preoccupanti quelli contenuti in questo documento…
Esquivel: Certo. àˆ sempre preoccupante quando il nemico è il popolo. Anche perché ogni reazione che questi potesse avere contro l’attuale sistema, avrà come risultato una reazione molto dura. E militare.
Vita: Perché l’esercito Usa è entrato qui?
Esquivel: Per il Plan Colombia. Se gli Usa sviluppano un conflitto regionale, possono giustificare qualsiasi altro tipo di repressione della situazione sociale del continente. E poi perché gli Usa, all’interno del loro progetto di egemonia internazionale e continentale, vogliono imporre l’Alca, l’Associazione per il libero commercio delle Americhe. Vogliono che sia vigente al più presto, lo volevano già a partire dal 2003. Chi si è opposto è stato il brasiliano Cardoso e per questo gli Usa hanno una paura folle se, nelle elezioni d’ottobre in Brasile, vincerà Lula. In America latina, il Plan Colombia prevede un sistema di dominazione integrale e il conflitto regionale. Se a ciò si aggiunge l’Alca, ci sarà la distruzione definitiva dei mercati regionali. Il Mercosur, il mercato andino, quello centroamericano, e quello del Caribe. àˆ quindi la colonizzazione del continente sotto il mandato unificato degli Stati Uniti.
Vita: Il che andrebbe contro gli interessi economici dell’Europa…
Esquivel: Certo, perché la Ue sarà pregiudicata nei suoi interessi, dati gli accordi commerciali che Bruxelles ha con i Paesi Acp. Gli Usa controlleranno tutto il mercato regionale. E a ciò si aggiunge un altro fattore spesso non considerato.
Vita: Quale?
Esquivel: La transnazionalizzazione del lavoro. Oggi le imprese non entrano né restano in un Paese ma vanno dove possono produrre a un prezzo il più economico possibile. Qui molte fabbriche hanno chiuso e un Paese come il mio è rimasto senza il suo patrimonio, venduto alle grandi multinazionali che non hanno un codice di condotta nel mondo. E fanno e disfano a seconda dei loro interessi. Questo ha un alto costo sociale. In vite umane. Per l’educazione. Per la salute. Il tutto è parte di un complesso meccanismo di dominazione implementato in un momento di debolezza del Paese. E quindi è stato attaccato. Con totale impunità .

Serpaj, ovvero Servicio Paz y Justicia. Una ong in prima linea
Nati per difendere i diritti umani
Il Serpaj promuove la solidarietà e la non violenza, si batte per una società che riconosca i diritti delle persone e dei popoli ed è stato fondato, nel 1974, per liberare i Paesi latinoamericani dalla violenza istituzionalizzata e dall’oppressione. Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la pace nel 1980 e attuale presidente del Serpaj Argentina, è stato tra i padri fondatori della ong ed è stato coordinatore generale negli anni difficili delle dittature, tra il 1974 e l’86. Oggi il Serpaj ha segretariati in Bolivia, Brasile, Cile, Costa Rica, Ecuador, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay e Uruguay, detiene lo status d’organo consultivo del Consiglio economico e sociale dell’Onu [Ecosoc] ed è organo consultivo dell’Unesco da cui, nel 1987, ha ricevuto il Premio Unesco per l’educazione alla pace. Fa parte della Lega internazionale per i diritti e per la libertà dei popoli e, in Argentina, opera con comitati di zona e gruppi regionali in tutto il Paese [la sede centrale è a Buenos Aires, in Calle Piedras, 730]. I principali programmi d’attività vertono su diritti umani, costruzione democratica, educazione alla pace, diritto allo sviluppo e diritto a un ambiente sostenibile. Nella sede centrale c’è un Centro di documentazione ricco di pubblicazioni e documenti.
Info:
http://www.derechos.org/serpaj

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