Perché il ceto medio venezuelano si oppone a Chavez


‘L’errore capitale di Chavez è stato voler fregare il ceto medio’, sostiene Carlos Escarrà¡, noto costituzionalista ed ex giudice della corte suprema venezuelana, che si
autodefinisce come un sostenitore del ‘proceso’ ma allo stesso tempo come non ‘chavista’.

di Gregory Wilpert

Il ‘proceso’ è il processo di trasformazione sociale iniziato dal movimento che avrebbe portato al potere il presidente Chavez. All’inizio, quando Chavez fu eletto quasi 4 anni fa, sembrava che una vasta maggioranza
fosse favorevole al ‘proceso’. Adesso, tuttavia, larghi settori della società originariamente sostenitori di Chavez, in particolare la classe media, sembrano essere
passati all’opposizione. Un chiaro sintomo di questa opposizione è stata la manifestazione antigovernativa del 10 ottobre scorso che ha attratto tra i 400.000 [secondo il governo] e un milione [secondo l’opposizione] di manifestanti, per lo più del ceto medio. A prescindere dalle cifre, non v’è dubbio che si è trattato di una delle manifestazioni più vaste nella storia del Venezuela controbilanciata, due giorni dopo, da una manifestazione filogovernativa dalle proporzioni quanto meno analoghe a quella precedente, cui hanno
partecipato soprattutto i ceti meno abbienti della società venezuelana. Perché dunque il ceto medio è così contrario a Chavez ed i ceti meno abbienti no? Le ragioni sono numerose ed hanno a che fare con l’economia, le politiche del governo, i mass media ed il razzismo.

L’economia

Il 2002 era e continua ad essere un anno difficile per il Venezuela. La moneta nazionale si è svalutata del 50% nel primo semestre, l’inflazione si è impennata vertiginosamente passando dal 12% nel 2001 al 35% o più nel 2002, a fronte di un tasso di disoccupazione
lievitato dal 13 al 17%. Contrariamente a quanto molti venezuelani sembrano pensare,
questi trend economici negativi si sono fatti sentire molto di più sul ceto medio che sui
poveri. La ragione risiede nell’impatto economico negativo della svalutazione che si è
ripercosso molto di più sul ceto medio che non sui poveri perché il ceto medio tende ad
acquistare più prodotti il cui valore è espresso in dollari, siano essi automobili,
computer, immobili o viaggi di piacere negli Stati Uniti. Ora la classe media, ad un
tratto, non può più permettersi questi acquisti perché il suo reddito si è dimezzato
rispetto al periodo che ha preceduto la svalutazione.
Allo stesso tempo, mentre la svalutazione provoca una generale spirale inflazionistica,
perché più del 70% dei beni di consumo vengono importati, l’inflazione è più acuta tra i
prodotti consumati dalla classe media perché, a differenza dei più poveri, denota una
maggiore tendenza ad acquistare prodotti importati. Un’altra ragione per il maggiore
impatto dell’inflazione sul ceto medio invece che sui poveri dipende dal fatto che il
reddito della classe media è già stabilito all’inizio dell’anno. I poveri, invece, la cui
attività lavorativa rientra, per lo più, nell’economia sommersa, riescono ad adeguare il
loro reddito all’inflazione con maggiore facilità perché, non avendo bisogno di aspettare
l’aumento di stipendio annuale, semplicemente aumentano ipso facto il prezzo dei loro
prodotti e servizi.
Infine, i poveri possono contare maggiormente su ammortizzatori sociali in grado di
stemperare l’impatto dell’inflazione. Questi ammortizzatori possono essere una famiglia o
una comunità numerosa i cui membri si aiutano reciprocamente o, ancora, servizi pubblici
gratuiti come, ad esempio, la sanità e l’istruzione. La classe media, invece, tende ad
usufruire di istruzione e sanità private e se è vero che può contare su servizi di
migliore qualità è anche vero, tuttavia, che è costretta a rinunciarvi non appena i costi
diventano troppo alti per le sue possibilità .
Il governo venezuelano detiene un ruolo importante nell’economia del paese. Ciò significa
che le fluttuazioni nella spesa pubblica comportano ripercussioni quasi immediate sull’
attività economica in generale. In altre parole, i tagli alla spesa pubblica operati dal
governo inducono una recessione dell’economia. Poiché circa un terzo delle entrate del
governo provengono dalla produzione petrolifera, ogni fluttuazione del prezzo del petrolio
si fa sentire rapidamente sul resto dell’economia. Alla fine del 2001, ad esempio, il
prezzo del petrolio venezuelano è sceso da 18 a 16 dollari a barile. Ciò ha significato
una drammatica carenza di entrate e un conseguente calo del reddito pubblico che, nel
primo trimestre del 2002, è diminuito del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno
precedente. La maggior parte di questo decremento è da attribuire ad un ridimensionamento
delle entrate garantite dal petrolio, che hanno subito un calo del 46% nel primo trimestre
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Conseguentemente è stato necessario
rivedere al ribasso il bilancio dello stato per il 2002 che risulterà del 7% inferiore a
quanto preventivato. Contemporaneamente, alla fine del 2001, l’opposizione decideva di
intensificare la sua campagna antigovernativa proclamando uno sciopero generale ed
organizzando imponenti manifestazioni. La crisi economica e politica hanno contribuito ad
innescare una massiccia fuga di capitali che, a sua volta, ha peggiorato ulteriormente la
crisi. La banca centrale non è stata più in grado di difendere la moneta nazionale dalle
spinte svalutative indotte dalla fuga di capitali e, una volta abbandonate le sue velleità
di resistenza, la valuta venezuelana si è deprezzata e l’inflazione si è impennata.
Dalla concomitanza di inflazione e tagli alla spesa pubblica è risultata una doppia
batosta per l’economia. Molte aziende sono state costrette a chiudere provocando una
crescita drammatica della disoccupazione. Mentre il tasso di disoccupazione si era ridotto
dal 18% del 1999, anno in cui Chavez ha preso il potere, al 13% nel 2001, secondo
statistiche governative esso è nuovamente aumentato fino a raggiungere il 16% alla fine
del 2002. Come se poi non bastasse, nella prima metà del 2002 l’economia ha subito una
pesante contrazione pari al 7%. Sicuramente il tentato golpe dell’11 aprile del 2002 ha
esacerbato la situazione economica perché ha provocato il blocco temporaneo di alcune
forniture di petrolio e, in generale, ha acuito l’incertezza economica e politica nel
paese. Adesso che però il prezzo del barile di petrolio venezuelano ha superato i 27
dollari e che la deflazione ha reso più facile al governo coprire il bilancio del 2003 con
gli introiti del petrolio, l’economia dovrebbe ritornare a crescere in maniera
significativa tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003.

Politiche governative

Come già detto in precedenza, la recessione non è l’unico motivo di malcontento che il
ceto medio rinfaccia al governo Chavez. Un altro motivo è dato dal fatto che le politiche
di questo governo non hanno favorito molto questa classe sociale. Infatti le riforme più
importanti introdotte dal governo come, ad esempio, quelle che hanno interessato la nuova
costituzione, l’istruzione, la sanità o la riforma agraria, tendono tutte a favorire le
classi povere piuttosto che il ceto medio.
Le politiche governative relative alla sanità ed all’istruzione hanno avvantaggiato più i
poveri che la classe media perché quest’ultima tende a rivolgersi alla sanità ed all’
istruzione private. Invece i poveri hanno tratto beneficio dall’istituzione, per la prima
volta nella storia del Venezuela, di un sistema sanitario universale che, pur con tutte le
sue gravi carenze, se non altro è accessibile ai poveri più di quanto lo sia mai stato
precedentemente. La situazione è analoga anche per quanto concerne l’istruzione. Il
governo ha aperto migliaia di scuole ‘bolivariane’ in tutto il paese in grado di offrire
tre pasti completi giornalieri a tutti gli studenti, una prestazione di cui non potrebbero
mai usufruire se rimanessero a casa. Il risultato è che a scuola si sono iscritti un
milione di nuovi studenti che prima non avevano mai fatto parte del sistema scolastico.
Una delle conquiste più importanti della nuova costituzione è l’aver infranto una volta
per tutte il sistema bipartitico venezuelano consentendo, pertanto, la partecipazione di
vasti settori della società tradizionalmente esclusi, altrimenti, dalla gestione della
cosa pubblica. A questo riguardo appaiono importanti l’inclusione nella costituzione di
donne, popolazione indigena e omosessuali cui, nella costituzione precedente, venivano
riconosciuti solo pochi diritti. Tuttavia si tratta di nuovo di cambiamenti che, nel
migliore dei casi, lasciano la grande maggioranza del ceto medio piuttosto indifferente.
Un altro tema particolarmente sentito nell’agenda del governo Chavez, ma che non coinvolge
la classe media, è la riforma agraria. Il governo ha introdotto due tipi programma di
riforma, uno rurale e l’altro urbano. La riforma agraria per le aree rurali ha attirato un
bel po’ di attenzione e la sua approvazione nel novembre del 2001 ha presumibilmente
segnato l’inizio della campagna dell’opposizione contro il presidente Chavez. La legge di
riforma agraria è destinata essenzialmente alla messa in produzione dei terreni incolti ed
alla loro distribuzione ai braccianti agricoli senza terra qualora i legittimi proprietari
rifiutino di coltivare i loro terreni. L’obiettivo è duplice: da un lato si intende creare
una maggiore giustizia sociale e, dall’altro, si vuole consolidare la produzione agricola
del paese. Questo programma è sostenuto anche da una vasta gamma di progetti di credito
fondiario e avviamento professionale. Invece, la riforma agraria destinata alle aree
urbane, è destinata a conferire i diritti di proprietà alle terre attualmente possedute
illegalmente dai poveri dei centri urbani che le hanno occupate, così come anche ad
aiutare questi ultimi a migliorare le loro comunità esercitando forme di autogoverno. Il
programma di riforma per le aree urbane prevede la creazione di comitati agrari nei
quartieri poveri cui possono partecipare fino a 200 famiglie e che avranno il compito di
aiutare a misurare gli appezzamenti di terreno, determinare la proprietà comunale,
negoziare con il governo l’erogazione dei servizi essenziali, come acqua ed elettricità , e
creare una identità territoriale. La democratizzazione della proprietà deve essere
coniugata ad una democratizzazione delle forme di governo locali pianificando programmi di
partecipazione ai progetti locali alla stregua di quanto è già stato sperimentato in
alcune regioni del Brasile governate dal Partito dei lavoratori.
Altri progetti governativi di primo piano a favore, principalmente, dei poveri e non già
della classe media, sono il progetto di alloggi pubblici e i programmi di microcredito. A
questo riguardo il governo ha recentemente annunciato l’istituzione di un nuovo ministero
dell’ ‘Economia Sociale’. Il ministero ha il compito di sostenere la democrazia nei posti
di lavoro, soprattutto la creazione di cooperative ed altri programmi a sostegno della
giustizia sociale come, appunto, quelli relativi al microcredito.
Una politica che inficia direttamente gli interessi soprattutto della classe medio alta è
il tentativo del governo di riscuotere, per la prima volta nella storia del Venezuela, l’
imposta sul reddito. A versare l’imposta sul reddito sono soltanto quelli il cui stipendio
rientra nel 20% dei meglio retribuiti.
La guerra mediatica e psicologica.
Alla miscela di declino economico della classe media e all’assenza di programmi di governo
tesi a favorirla va aggiunta anche un’aspra campagna in chiave anti-Chavez condotta dai
mezzi di informazione. E se l’indifferenza nei confronti della classe media non fosse già
un motivo sufficiente per opporsi al regime di Chavez, allora ci pensano i mass media a
sfornarne altri a ritmo giornaliero. Le accuse di incompetenza, malgoverno e corruzione
riempiono ogni giorno i giornali. In teoria queste accuse dovrebbero essere il segnale di
un’informazione libera che prende sul serio il suo compito se non fosse, però, per un
particolare: la stragrande maggioranza delle accuse sono frutto di segnalazioni non
verificate dei politici dell’opposizione. I mezzi di informazione, infatti, solo raramente
verificano la fondatezza dei fatti e concedono all’accusato la possibilità di replicare
all’accusa.
Spesso i mass media riflettono il latente razzismo, classismo, della società venezuelana.
Un saggio di questo razzismo/classismo era sotto gli occhi di tutti lo scorso 14 ottobre
quando l’editoriale di uno dei più grandi quotidiani seri [non sensazionalisti] del paese
recitava sulla manifestazione filogovernativa davvero massiccia:
+’la risposta del presidente e dei suoi seguaci alle preoccupazioni della società
venezuelana sulla drammatica crisi che attraversiamo [economica, politica, militare ed
istituzionale] è stata quella di portare dalle zone interne i soliti squattrinati ‘lumpen’
di sempre trasformati in passeggeri di residuati di autobus con un tozzo di pane ed un po’
di rum affinché, una volta giunti, potessero acclamare il grande imbonitore della nazione’
L’effetto cumulativo dell’attacco mediatico è la guerra psicologica in cui i mezzi d’
informazione offrono all’opinione pubblica un’immagine della società venezuelana sull’orlo
del collasso totale con un governo che ha perso del tutto il sostegno popolare e la sua
legittimità legale. Accuse prive di fondamento sulle prime pagine dei giornali non sono
inconsuete. Ad esempio come quelle di Carlos Ortega, leader della confederazione sindacale
CTV [Confederacià³n de Trabajadores de Venezuela], secondo le quali il governo avrebbe
progettato l’assassinio di due o tremila persone alla manifestazione antigovernativa del
10 ottobre ed il massacro sarebbe stato sventato proprio grazie agli organizzatori della
manifestazione. Larga parte dell’opposizione sembra comunque essere sinceramente convinta
che il Venezuela sia sotto il gioco di una dittatura ‘comunista stile Castro’.
Il nocciolo duro dell’opposizione che include la CTV, la camera di commercio principale,
Fedecameras, quasi tutti i partiti di opposizione e quasi tutti i mezzi di informazione
privati ha finito per credere alle sue stesse campagne mediatiche sviluppando la
convinzione che praticamente nessuno sostiene il governo e che quelli che partecipano alle
manifestazioni pro Chavez, come quella di domenica 13 ottobre, vengono ricevono una
ricompensa dal governo pari a circa 30 dollari a testa.
Certo la propaganda mediatica dell’opposizione riesce a darla a bere non solo al ceto
medio ma anche a molti poveri così come, per converso, un analogo numero di esponenti di
questo ceto non crede a questa versione della realtà diffusa dai media e continua a
sostenere Chavez. Comunque, appare abbastanza sensato affermare che la maggioranza del
ceto medio si oppone a Chavez e la maggioranza dei poveri lo appoggia.
Mentre la società venezuelana è stata sempre divisa lungo demarcazioni di classe e di
razza, per la prima volta nella storia di questo paese le classi sociali [e le razze]
adesso sono separate anche lungo chiare linee di demarcazione ideologica catalizzate
soprattutto dalla figura di Hugo Chavez. Per molti venezuelani e osservatori esterni è
difficile comprendere perché la società venezuelana sia così polarizzata e, nella loro
perplessità , suggeriscono semplicemente che i venezuelani dovrebbero imboccare il sentiero
del dialogo. Senza dubbio si tratta di un approccio lodevole. Tuttavia esiste un ostacolo
fondamentale al dialogo se una delle due parti si rifiuta, innanzi tutto, di riconoscere
alcune regole basilari per consentire un dialogo. In altre parole, l’opposizione è
convinta fermamente di essere espressione della maggioranza del paese e che, pertanto, ha
il diritto di esigere l’allontanamento immediato del presidente prima ancora della fine
del suo mandato. L’opposizione sembra non rendersi conto che anche se costituisse
effettivamente la maggioranza, il che è opinabile, una delle regole fondamentali del gioco
democratico è che i leader politici sono eletti per un periodo di tempo prestabilito e che
se qualcuno preferisce nuovi leader deve aspettare le elezioni successive fissate dalla
costituzione e non già un calo di popolarità nei sondaggi d’opinione. Sinora l’
opposizione, vale a dire, in larga parte, i ceti medi e alti, rifiutano categoricamente di
riconoscere questa regola basilare rendendo virtualmente impossibile un dialogo
significativo.

Documento originale
Why Venezuela’s Middle Class Opposes Chavez
Traduzione di Giampiero Budetta
Gregory Wilpert è giornalista freelance e sociologo. Vive a Caracas e al momento sta lavorando a un libro sul Venezuela sotto la presidenza di Chavez che sarà pubblicato nel 2003 presso la Zed Books. Per contattarlo: Wilpert@cantv.net

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