Idrogeno: un futuro presente


[di ANGELO TOSSIO] segnalato da Matteo Colognese.

Ormai sono oltre 200 i progetti in corso sull’idrogeno: alla pagina www.hydrogen.org compare la lista completa. Solo ovviamente quelli resi disponibili sul web. Idrogeno sembra ormai la parola chiave di un futuro prossimo, la soluzione a un problema globale: quello dell’esaurimento delle scorte del petrolio e dei suoi derivati. Gli ultimi anni hanno fornito cifre allarmanti: entro il 2030 i pozzi di greggio saranno esauriti. Ma ancor più dell’esaurimento delle fonti, troppe volte prevista e poi allontanata nel tempo, è piuttosto l’insostenibilità di un modello energetico tutto basato sul petrolio a spingere verso la ricerca di fonti alternative. E così negli ultimi anni la caccia alle alternative energetiche è avanzata a ritmo sostenuto: l’eolico, il fotovoltaico, l’idroelettrico. Ma l’idrogeno e la sua applicazione, le fuel cell, o «celle a combustibile», stanno acquisendo una importanza primaria in termini di investimenti e studi. Come nel caso di quelli previsti dal VI programma quadro dalla comunità europea, che cercano di esaminare i numerosi aspetti dell’uso dell’idrogeno: dalla sicurezza allo stoccaggio, dalla produzione alle possibili applicazioni nei trasporti – da quello su strada a quello marittimo. Insomma l’idrogeno e la sua applicazione come sostituto del petrolio è, fra le possibili alternative energetiche, quella che trova maggiore disponibilità . La storia dell’idrogeno e delle sue applicazioni è antica: già nel 1839 Sir William Robert Grove ha unito idrogeno e ossigeno in presenza di un elettrolita e ha prodotto elettricità con acqua. L’invenzione viene poi conosciuta come cella combustibile ma non produce ancora elettricità utilizzabile per essere utilizzata. Ma è solo l’inizio: il termine «fuel cell» viene per la prima volta coniato da Ludwig Mond e Charles Langer che cercano di costruire una cella usando aria e gas prodotto da carbone industriale.

Nel 1960 la General Electric produce celle per i primi usi in campo militare spaziale [la Gemini e la capsula Apollo della Nasa]; la compagnia ha usato i principi della «Bacon cell» come base dei suoi progetti. Oggi, la Nasa produce elettricità nello Shuttle tramite le fuel cell e le stesse producono acqua per l’equipaggio. Anche perché l’energia nucleare è troppo rischiosa e l’energia solare troppo ingombrante per i veicoli spaziali. Non dimenticando il fatto che applicazioni e studi di questo tipo hanno sempre i loro risvolti positivi in settori privati.

Nel 1998 l’Islanda annuncia di voler creare una economia dell’idrogeno in cooperazione con le auto tedesche create da Daimler Benz e Canadian Fuel Cell sviluppate dalla Ballard Power system . Il piano, decennale, prevede di coprire tutti i veicoli e ogni trasporto, dagli autobus urbani alla flotta navale islandese. Proprio in Islanda nel marzo del 1999 nasce un consorzio formato da Shell, Daimler Chrysler e Norsk Hydro per continuare a sviluppare la tecnologia dell’idrogeno. Sempre nel 1999 La Daimler Chrysler annuncia di aver messo a punto un suo liquido a idrogeno per le auto [Necar 4]. L’azienda prevede di usare celle a combustibile nella produzione di auto dall’anno 2004, e prevede di spendere 1.4 miliardi di dollari per lo sviluppo della tecnologia delle celle. Ancora, nello stesso anno dei fisici a Singapore annunciano un nuovo metodo per immagazzinare idrogeno che denominano Alkali doped carbon nanotubes, che migliorerebbe lo stoccaggio di idrogeno e la sua sicurezza. Una compagnia di Taiwain, la San Yang, ha sviluppato la prima cella per una motocicletta. I tentativi di estendere l’applicazione delle fuel cell si moltiplicano, nei settori più diversi. Nuove soluzioni tecnologiche possono ampliare le possibilità : infatti le celle possono risolvere la maggior parte dei problemi più pressanti: piccole dimensioni, alta efficienza, basse emissioni, minima acqua prodotta. Il vero ostacolo a presentarsi sul mercato per ora sono i costi, che restano alti.

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