La fine della rana…


Se butti una rana nell’acqua bollente, questa schizza via immediatamente, ma se la metti nell’acqua fredda e piano piano la scaldi fino a ebollizione la rana non se ne rende conto, e resta lì fino a che è cotta a puntino.
La storiella della rana la raccontava Paolo Martella sulle pagine di VpS già dodici anni fa, in un ampio dossier sullo sviluppo sostenibile. E terminava dicendo: stiamo facendo la fine della rana?
Mai come oggi l’esempio mi sembra calzante, sono passati dodici anni e l’acqua è molto più vicina all’ebollizione: la crisi ambientale è ormai parte della vita quotidiana di ciascuno, dai 15 mila morti l’anno in Italia, per malattie legate allo smog, ai grandi disastri, sempre più frequenti, legati ad alluvioni o siccità . Ma anche la crisi sociale lo è: 1 miliardo e 600 milioni di persone che vivono senza acqua potabile e con meno di un dollaro al giorno sono una bomba a orologeria. àˆ difficile continuare ostinatamente a pensare che non esista alcun legame tra l’incancrenirsi di situazioni di ingiustizia internazionale e il dilagare di forme diverse, e assurde, di terrorismo. Nessun terrorista sarà mai un paladino dei poveri, questo è certo, ma è anche difficile pensare che nasca semplicemente come ‘male puro’, secondo la definizione degli strateghi di Washington, se non, piuttosto, come prodotto perverso di società insostenibili. Non si affrontano veramente le cause, non ci si interroga profondamente su eventuali errori politici commessi, ma si prepara una nuova guerra – mentre scrivo sono ancora in corso le trattative sull’attacco all’Iraq- pensando di estirpare ‘il male’ con operazioni chirurgiche, o forse rilanciare l’economia in crisi con la produzione bellica. Operazioni, entrambe, che difficilmente si risolvono con le bombe.
E mentre l’acqua nella pentola si sta scaldando i ‘grandi’ riuniti a Johannesburg nel Vertice sullo Sviluppo Sostenibile non sono riusciti a fissare un solo obiettivo concreto e vincolante.
Dichiarazioni veramente coraggiose [bisogna ribadirlo perché pochissimo ne hanno parlato i media] si sono avute invece dalla Santa Sede. Per la prima volta il Papa ha posto l’emergenza ambientale tra le priorità , producendo un documento di 150 pagine sul rapporto della Chiesa con l’ambiente. E, condannando ogni forma di terrorismo, ha però richiamato più volte la responsabilità dei paesi ricchi riguardo le condizioni di vita insostenibili di tre quarti dell’umanità , e la necessità di operare con la politica e non con la guerra. Ma in un mondo in cui proprio la politica conta sempre meno, anche la voce del Papa non riesce più ad aprire le brecce che in passato apriva.

[editoriale de ‘Volontari per lo sviluppo’ ottobre 2002]

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