Dai crack ai buoni propositi. Etica, la coperta corta dell’Impero


di Redazione [redazione@vita.it]

05/09/2002

Una riflessione sul capitalismo americano da un operatore di primo piano della borsa italiana. di Brando

La polvere delle Torri ha finito per ammorbare anche l’aria dell’economia americana; non che prima dell’11 settembre 2001 le cose andassero magnificamente. Già da alcuni trimestri l’andamento rovinoso degli indici borsistici segnalava un costante indebolimento della “locomotivaâ€Â� Usa. Ma quell’avvenimento [causa o effetto? Sarebbe una interessante discussione…], ha aperto uno squarcio difficilmente riparabile e l’intero sistema economico e finanziario è entrato in un’impasse dalla quale, ancor oggi, non s’intravede una via di uscita.
Come sempre nella storia, in quella economica in particolare, il tracollo della facciata mette a nudo gli altarini retrostanti: corruzione, arricchimenti personali, frodi, tutto ciò che ormai, anche per la più disinteressata massaia, va sotto il nome di “enroniteâ€�.
La preoccupazione per le conseguenze che ne potranno derivare nel lungo periodo, ha portato l’élite politica americana, dopo una fase di sconcerto [non breve in verità ] a individuare la via d’uscita. E il nuovo verbo è: «Il capitalismo deve tornare a essere etico».

Profitto ma con moderazione?
Se non fosse per l’immane impatto che tutto ciò ha, e avrà , sulla nostra vita quotidiana, si sarebbe tentati di farsi una sonora risata. Dunque, bisogna far profitto con un po’ più di moderazione? O non bisogna più farne? O si devono devolvere in beneficenza un po’ di utili? E a cosa fa riferimento questa etica invocata, al comandamento cristiano di non rubare? Ci son già le leggi che tutelano il rispetto di questo principio, se chi è deputato si fosse dato pena di farle rispettare…
O forse si riferisce a un sistema di valori e tradizioni scolpite nel cuore del capitalista? Ma non pare proprio, guardandosi in giro, che di sistemi ce ne sia uno solo. E quelli che vanno per la maggiore non sembrano in splendida forma.
O si pensa forse che vada ripensato il ruolo dell’economia di mercato, o meglio dell’economia finanziarizzata? Non si può certo dire che i migliori think tank dell’Impero si stiano dedicando a questa ricerca, visto che per il momento vanno per la maggiore gli strateghi militari più che gli economisti.
E a quale periodo della storia dovremmo ispirarci per avere traccia della via da percorrere? Come sempre l’acclamazione dell’etica è la coperta corta o dell’irrealismo e dell’astrazione o della bassa cucina che si consuma all’ombra dell’ideologia; certo ha fatto un effetto sinistro vedere una torma di “ceoâ€Â� correre a giurare sulla veridicità dei loro bilanci, documenti di cui nella migliore delle ipotesi controllano forse un millesimo della redazione, tutti fieri di poter così ristabilire onore e dignità , speranzosi di evitare ogni critico interrogativo e desiderosi solo di per poter rimettere in piedi la giostra.

La complessità non governata
Il problema è che questa panzana dell’etica rischia di oscurare il tema vero che, già prima delle torri e del similare cataclisma che travolge ormai da mesi le Borse e il risparmio mondiali, agita i sonni del capitalismo.
C’è un modello di sviluppo che non tiene più, c’è un meccanismo di crescita perpetua che ha sostenuto soprattutto gli ultimi 15/20 anni dell’economia mondiale che non si sostiene più, c’è il credo ideologico del libero mercato che ogni settimana, dal centro dell’Impero alle più remote province, si mostra inadeguato a governare la complessità delle cose; e tutta questa insostenibilità emerge non per competizione ideologica, ma semplicemente per ragioni ed evidenze pratiche. L’intolleranza e l’ideologia dei peggiori no global si salda con l’assolutismo dei peggiori capitalisti; entrambi accecati dal furore contribuiscono a eludere il problema dei problemi: cioè un modello economico costruito sulla globalizzazione e la finanziarizzazione che sperequa a livelli non più sostenibili.
La cosa più etica, e più pratica, sarebbe fare su ciò una seria e ponderata riflessione; la vera speranza è che soprattutto i ricchi capiscano la valenza pratica di questa scelta: l’alternativa sarebbe essere meno ricchi oppure ricchi in un mondo troppo insicuro in cui non potersi nemmeno godere i soldi.
Quanto alle malefatte, se si vuol fare una cosa etica, invece che giurare sui bilanci [anche giurare il falso è peccato!] meglio una sana cattolica confessione!

*dietro questo pseudonimo si nasconde un operatore di primo piano della Borsa italiana

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