L’Onu dà scacco agli Stati Uniti: approvato il trattato anti-tortura


Non è solo la Corte penale internazionale a dare fastidio agli Stati Uniti. E’ anche il Protocollo sulla applicazione della Convenzione dell’87 contro le torture. Alla riunione dello Ecosoc, il Consiglio economico sociale dell’Onu, gli Usa ne hanno chiesto l’annullamento. Nel dibattito si sono schierati dalla parte degli Usa anche Cuba, il nemico di sempre, oltre a Cina e Sudan. Contro: l’Unione Europea, il cui presidente di turno, la Danimarca, ha aspramente criticato gli Stati Uniti, che alla fine hanno perso per 35 voti a 8, con 10 astensioni [tra cui la propria]. L’alto commissario per i diritti umani dell’Onu Mary Robinson ha applaudito la sconfitta americana: «Il protocollo è un importante passo avanti – ha detto – verso la prevenzione non solo delle torture ma anche dei trattamenti crudeli e degradanti dei detenuti».
L’ambasciatore statunitense all’Ecosoc, Sichan Siv, si è ieri affrettato a precisare che l’America continuerà ad appoggiare «con fermezza» la Convenzione dell’87 contro le torture, ma che disconoscerà il protocollo «perché è incompatibile con la nostra Costituzione». Il protocollo prevede ispezioni carcerarie da parte dell’Onu in tutto il mondo, ma in America le carceri sono gestite dai singoli Stati, che vi si oppongono, e Washington sostiene di non avere autorità in merito.
In realtà , le ragioni del tentato colpo di mano degli Usa sono altre. Innanzitutto l’amministrazione Bush non vuole alcuna interferenza nella base di Guantanamo a Cuba, dove detiene oltre 500 talebani e terroristi di Al Qaeda. Sa inoltre che l’Onu avrebbe da obbiettare in generale al trattamento della popolazione carceraria negli Usa.
All’atto pratico, l’America non aveva bisogno di uscire allo scoperto: il Protocollo, che dev’essere approvato dalla maggioranza dell’Assemblea generale e ratificato da almeno 20 Paesi, è valido solo per chi lo firma. E la Convenzione dell’89 non ha sinora avuto grandissimi effetti, sebbene ratificata da 130 nazioni tra cui la stessa America: stando alle statistiche di Amnesty International, l’anno scorso fu ignorata da ben 111 Paesi. Ma l’amministrazione Bush intendeva evidenziare il suo crescente dissenso dall’Onu. Una settimana fa, ha ritirato 34 milioni di dollari dal Fondo per le popolazioni, protestando che viene impiegato per l’aborto, a cui essa è contraria: la somma verrà destinata ad aiuti umanitari gestiti dagli Usa.
La vicenda ha accentuato l’isolamento del segretario di Stato americano Colin Powell a Washington, isolamento a cui il New York Times ha ieri dedicato un lungo articolo. Powell è l’unica colomba dell’amministrazione e si trova spesso in contrasto con la troika conservatrice formata dal vicepresidente Dick Cheney, dal ministro della Difesa Donald Rumsfeld e dal consigliere della Sicurezza Condoleeza Rice. Secondo il giornale, il segretario di Stato avrebbe preferito che gli Usa rispettassero i trattati firmati, dal Protocollo di Kyoto alla Corte dell’Aja. Ma le delusioni non lo spingerebbero a dimettersi: «Non è uomo da arrendersi sotto il fuoco nemico», ha affermato il New York Times .

[Articolo di Ennio Caretto tratto da ‘Il Corriere della Sera’ di venerdì 26 Luglio 2002]

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