L’insostenibile leggerezza del ‘peso’


In Argentina, 15 milioni di abitanti [su 37] sono poveri. Nel 1975, i poveri erano 2 milioni su una popolazione di 22. Cosa è successo ad un paese che per anni è stato la ‘terra promessa’ degli immigrati europei? Ci risponde Claudio Lozano.

di Paola Erba da Buenos Aires

Esperto di relazioni tra politica, lavoro e democrazia, Claudio Lozano è un economista molto noto nel paese. Lavora nel sindacato Cta [Central de Trabajadores Argentinos] ed è direttore dell’Idep [Instituto de Estado y Participacià³n]. Lo scorso gennaio, il governo di Eduardo Duhalde ha posto fine alla ‘convertibilità ‘, il sistema introdotto nel ’91 dall’allora presidente Menem, che dava al peso, la moneta argentina, il valore di un dollaro statunitense.

Quali sono stati i vantaggi e gli svantaggi della ‘convertibilità ‘?

Non ci sono stati vantaggi. L’esperienza storica ci insegna con assoluta chiarezza che la convertibilità instaurò un sistema economico perverso: frenò l’iperinflazione, ma facilitò l’accumulazione finanziaria, la fuga di capitali, potenziò l’indebitamento estero e provocò uno squilibrio fortissimo nei bilanci pubblici. La produzione lasciò il passo alla speculazione finanziaria. Fu così distrutta l’industria argentina, indebolita sia dal calo di interesse nella produzione, sia da una moneta così forte che non permetteva di esportare, ma neanche di vendere in patria, dove i prodotti argentini subivano la concorrenza di quelli importati. Con la disindustrializzazione aumentò la disoccupazione, diminuirono gli ingressi e si espanse in maniera strutturale la povertà .

E riguardo le misure prese oggi da Duhalde [svalutazione]?

Sono stati beneficiati alcuni imprenditori inseriti nel settore delle esportazioni e quelli che hanno [spesso sono gli stessi] un’ingente quantità di dollari all’estero. Fuori dal paese c’è quasi l’equivalente del debito pubblico argentino. A questi settori, la svalutazione permetterà di comprare per due soldi quello che resta dell’economia argentina.

Quindi la popolazione non riceve benefici dalla svalutazione-pesificazione?

Sarebbe servita se fatta secondo altre condizioni. Questa è ingannevole. Per aiutare l’economia argentina, occorrerebbe ‘sdollarizzarla’, ricreare le condizioni perché funzioni una nuova moneta nazionale e recuperare autonomia nella politica monetaria. Ma la manovra appena varata non ha nulla di tutto questo. Permette di trasferire entrate o patrimonio a gruppi fortemente transnazionalizzati; questi, dal momento che operano in divisa, tendono ad aumentare l’importanza del dollaro e non a creare le condizioni per cui il peso torni ad esistere.
In sostanza, chi opera in dollari guadagnerà , perché avrà il beneficio della svalutazione, che permette di dimezzare il valore del debito. Chi invece opera in pesos [per di più in un mercato che si contrae, con minor valore dei salari, meno capacità di consumo dell’insieme della popolazione], vedrà crescere il proprio debito più di quanto cresceranno le entrate e andrà incontro a perdite patrimoniali.

Sono aumentati anche i prezzi?

Sì, il primo mese c’è stato un incremento del 2,3% nei prezzi al consumatore, il che implica tornare a livelli inflazionari che non avevamo dal 1993. Se guardiamo i prezzi all’ingrosso nello stesso mese di gennaio, ci rendiamo conto che sono aumentati del 6,6% in un mese. L’economia si trova in una trappola mortale, perché se da un lato si riattiva, i prezzi crescono, mentre per controllare il sistema dei prezzi occorre mantenere l’economia in recessione. L’accelerazione dei prezzi c’è già stata durante il primo mese di svalutazione e si presume che sarà ancora maggiore con la svalutazione appena varata [un dollaro a 1,70 – 2 pesos]. Se proiettiamo l’effetto dell’inflazione e dei prezzi sui salari, a fine anno ci saranno 2 milioni e 100 mila nuovi poveri, oltre a quelli che già esistono. In altre parole, arriveremo a quasi 17 milioni di argentini sotto la linea della povertà [meno di 500 dollari al mese per famiglia].

La crisi dell’economia argentina cominciò con la convertibilità o ha origini più profonde?

Il problema argentino non iniziò con la convertibilità . Questa, semmai, approfondì una tendenza introdotta a metà degli anni 70 dalla dittatura militare, che si basava su un principio di fondo: aprire l’economia, tanto in termini commerciali che finanziari, cioè, non solo all’ingresso illimitato di produzione importata, ma anche all’entrata e all’uscita di capitali. Questa logica, naturalmente sostenuta dalla dottrina neoliberale, diede origine ad un sistema di accumulazione finanziaria e di uscita permanente di capitali all’estero. La speculazione finanziaria divenne l’asse portante dell’attività economica argentina. A tal punto che si può dire che fu la caratteristica che contraddistinse l’Argentina negli ultimi 26 anni.

Quali sono le cifre del collasso sociale?

Nel 1975, prima della dittatura, l’Argentina aveva 22 milioni di abitanti e meno di 2 milioni di poveri. Oggi siamo 37 milioni di cui 15 milioni di poveri. àˆ caduto uno dei miti che distingueva questa società dal resto dell’America Latina: l’esistenza di una forte classe media. Oggi, su 10 poveri, 6 vengono dalla classe media. àˆ un indice molto chiaro di involuzione sociale. Non dobbiamo dimenticare, poi, che in ogni crisi, i settori sociali più potenti, invece di perdere, hanno continuato a guadagnare. Il risultato è un quadro di disgregazione sociale, che limita profondamente la possibilità di dar vita ad un sistema democratico.

Cosa prevede per il futuro? Come si può uscire da questa crisi?

Uscire si può. Ma solo se l’Argentina passa attraverso la costruzione di una nuova esperienza politica. Non esiste una formula. Si tratta di organizzare una nuova esperienza democratica nel paese. Oggi ci sono indizi che lasciano sperare: a seguito della crisi, sono emerse nuove organizzazioni sindacali e sociali. C’è un maggior livello di mobilitazione generale della società e nuovi partiti. Se tutto ciò confluirà in un’esperienza comune ragionevole e fondata, ci sarà forse una soluzione interessante. Ma se il sistema tradizionale di governo si mantiene come elemento ordinatore della crisi, l’Argentina non solo non uscirà da questa situazione, ma finirà per vivere momenti drammatici, come di fatto già sta vivendo. Purtroppo, le misure prese dal governo non sono di buon auspicio, perché lungi dal risolvere un quadro sociale gravissimo, lo rendono ancora più acuto.

Be the first to comment on "L’insostenibile leggerezza del ‘peso’"

Leave a comment