Si SALVI chi può


La televisione ha chiuso con me. Bene, significa che porterò l’informazione direttamente alla gente. Il mio nuovo impegno si chiama ‘Si SALVI chi può’ e già nel titolo si può intuire dove andrò a parare. Cerco di raccontare di persona tutte le porcherie che vengono perpetrate in Italia e nel mondo e che non vengono mai divulgate attraverso la stampa e la televisione, perchè quest’ultima, è troppo occupata a produrre i grandi fratelli, i grandi varietà , a fare telegiornali che in realtà sono dei rotocalchi. Ormai dalle 20.15 in poi non vengono date notizie ma pettegolezzi su attori, attrici, matrimoni e separazioni miliardarie. E gli approfondimenti, quelli seri e interessanti, vengono relegati alle ore più tarde.

Bisogna prendere atto del fatto che gli organi di informazione non vogliono informare seriamente. Tanto vale, allora, incominciare a dare notizie vere alla gente che vuole conoscere la verità . Il mio paradosso è che non mi vogliono in tv, perchè la verità che dico è sempre più spesso scomoda, ma mi chiamano nelle Università dove ancora si può fare un’informazione libera.
Non mi sono mai chiesto se nel mio caso si tratti o meno di coraggio, so soltanto che non sopporto le ipocrisie e che, in nome della libera stampa, vengono perpetrate delle porcherie indicibili, facendo credere alla gente che esista la pluralità dell’informazione e l’integrità dei Media. La gente, e che si sappia, non è mai stata messa al corrente di tutto, davvero.
I potenti dell’informazione, in Italia e nel mondo, fanno sapere solo quello che vogliono.

Il Tour nelle Università mi porterà dunque a contatto con i giovani studenti che hanno il diritto di sapere e anche quello di affrontare criticamente le notizie che darò loro. Per questo al termine – ma spesso anche durante – lo spettacolo gli universitari intervengono per chiedere approfondimenti o per cercare un contradditorio. Discutere apre le menti e gli orizzonti e questo con la televisione non è possibile.

In ogni caso, in televisione, non mi si vedrà più: il contratto di Striscia la Notizia non mi è stato rinnovato . Il dovere di chi fa informazione è quello di denunciare le porcherie di qualunque colore siano e io ho sempre cercato di farlo, fino a quando ho potuto.
Vi spiego tutto dall’inizio: a Milano, un certo Gianstefano Frigerio, viene condannato, con sentenza definitiva, a sei anni e mezzo di galera per corruzione. Noncurante di ciò, Forza Italia lo candida, l’anno scorso, nelle sue liste in Puglia ma con il suo secondo nome, Carlo Frigerio. Accortomi di questo, vado da Antonio Ricci. Gli spiego che, se Frigerio dovesse risultare eletto, avvalendosi subito dell’immunità parlamentare, non sconterebbe neanche un minuto di galera. Gli chiedo di intervistare Berlusconi per chiedergli conto di questa porcheria. Ricci l’intervista non me l’ha fatta fare. Frigerio è stato eletto, ma non essendo decorsi i
termini per l’acquisizione dell’immunità parlamentare, il primo giorno che si è presentato in Parlamento, è stato arrestato. Tutto questo accadeva a giungo 2001, io me ne sono accorto ad aprile. Per questo motivo ed altri che vi spiegherò prossimamente, non sono stato riconfermato nella squadra di Striscia, ma preferisco così: ora sono libero di fare tutte le domande e le inchieste che ritengo opportuno fare.
Mi vanto di non essere scritto all’albo dei giornalisti, che ritengo una categoria di venduti. Se non lo fossero, uno come me non avrebbe mai dovuto diventare famoso. Io sono un inviato, un rompicoglioni civico, mi avvalgo dell’articolo 21 della Costituzione che più o meno recita che ogni cittadino ha il diritto, con ogni mezzo che la tecnica gli mette a disposizione, di informarsi e di formulare domande a chicchessia.
Io non ho bisogno di essere iscritto ad alcun albo. In nessun Paese civile esiste l’albo dei giornalisti.
Questo lavoro viene fatto da chi pone le domande giuste al momento giusto, non da chi ha la tessera di quel partito o di quell’albo. In un Paese civile uno come me non sarebbe mai diventato né famoso né popolare, perché in un Paese civile domande come quelle che faccio io sarebbero all’ordine del giorno.
Soltanto in un Paese del terzo mondo come è l’Italia, uno che fa le domande che tutti vorrebbero fare, ma che i giornalisti non fanno, diventa famoso. Non sono io che sono bravo, sono i giornalisti che fanno schifo. Questa è la nostra triste realtà . Ecco perché, secondo me, la categoria dei giornalisti è una categoria di ‘venduti’.
Ecco perché io accetto gli inviti delle università . Perché voglio informare i ragazzi, che saranno la classe dirigente di domani, della disinformazione che viene loro riservata dalla stampa nazionale e internazionale.
A me interessa parlare direttamente con la persone perché queste, a loro volta, prendano in considerazione determinati concetti, li facciano propri e se ognuno a sua volta li trasmette a trenta, quaranta, cinquanta persone forse prima o poi l’informazione sarà costretta a cambiare.

Stefano Salvi

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