La sociologa che si fece povera


La sociologa che si fece povera

da “Repubblica” del 5 Giugno 2001
Usa, una studiosa ha svolto per due anni lavori umili. “Con questi salarinon si sopravvive”

dal nostro inviato FEDERICO RAMPINI

———————————————–
SAN FRANCISCO – Barbara Ehrenreich é una nota sociologa americana, docenteall’università di Berkeley e giornalista, ma i suoi titoli non le sonoserviti a nulla per cucinare hamburger nei fast-food, pulire le toilettes,fare la commessa nei supermercati. Nel 1998, mentre l’America era ancora inpieno boom economico e i giornali parlavano solo di ventenni miliardarigrazie alle stock options, la Ehrenreich si é lasciata alle spalle lavoro,casa e famiglia, per vivere sulla sua pelle le condizioni di un’altraAmerica: quella di milioni di working poors, lavoratori poveri occupati alsalario minimo garantito di 6 o 7 dollari l’ora. Per due anni, senza maiattingere ai propri risparmi o chiedere aiuto ad amici e conoscenti, Barbaraha lavorato come cameriera o inserviente. Il racconto di questa sua discesaagli inferi, in una moderna schiavitù di massa, diventa ora un bellissimolibro – “Nickel and Dimed” (“pagati con gli spiccioli”) – poco ideologico,molto fattuale: un pugno nello stomaco, una requisitoria implacabile controun mondo la cui prosperità si regge su un esercito di proletari sottopagati,obbedienti, vaccinati contro ogni rivendicazione sindacale.

Barbara lo ha presentato ieri a San Francisco, raccontando la sua vita inquesti due anni: a cominciare dalla catena di fastfood di Key West (Florida)dove il suo vero salario (mance incluse) era di soli 5,15 dollari all’ora,cioé inferiore al minimo legale.«La mia scoperta più sconvolgente? Che con quel reddito é impossibilepagarsi un alloggio: anche una sola camera in un quartiere degradato, in unghetto di immigrati lontano molte miglia dal posto di lavoro. No, perfinoquello non era alla mia portata. A quei livelli di salario la caparradiventa una barriera insormontabile: é impossibile mettere da parte un mesedi affitto anticipato. Quando ho cercato di far quadrare i conti, ho capitoperché la mia compagnacameriera Marianne vive in una roulotte, el’inserviente Tina col marito si rovina a pagare una squallida camera dimotel: più cara di certi appartamenti poveri, ma almeno i motel non chiedonodi essere pagati in anticipo. Sono finita anch’io al motel, col privilegiodi essere sola: nella stanza a fianco c’era una famiglia di messicani, conun solo letto per dormire mangiare e per i compiti dei bambini.Molti lavoratori americani vivono così, senza neppure una cucina o un fornoa microonde: l’altra faccia della vita in motel é la condanna a nutrirsisolo nei fastfood, una dieta di hamburger e hot dog».

Dell’esperienza di lavoro al ristorante rimane la descrizioneraccapricciante della cucina: una caverna dove si mescolano in un fetoreindelebile alimenti, avanzi, immondizie; una bolgia dove il pavimento éperennemente viscido di salse, i banconi sono così unti che é impossibiletoccarli senza che le dita si incollino a qualche sostanza indefinita. «Macon le stesse mani devo poi afferrare le foglie d’insalata per i panini,acchiappare fette di torta alle mele, perfino spostare patatine fritte da unpiatto all’altro».

I ricordi dei ritmi massacranti si mescolano con l’ammirazione per icolleghi: «A fianco ho un ragazzo che per guadagnare di più fa tre turni diseguito, 24 ore senza staccare. Io dopo otto ore in piedi ho dolorilancinanti alla schiena, alla mattina arrivo al lavoro già imbottita diaspirine». Anche i più forti comunque finiscono abbrutiti dalla fatica.«Perché non c’é ribellione, conflitto? In parte la spiegazione é l’immensastanchezza fisica. Alla sera per molti di quei ragazzi l’unico divertimentoe` un uscita in macchina, un birra, poi crollano».

Un altro squarcio di America reale sono i suoi mesi da commessa di WalMart,la più grande catena di supermercati americani. La Ehrenreich si sposta nelMaine, e là al Nord i suoi compagni di lavoro non sono più in maggioranzaimmigrati ispanici ma «bianchi poveri», con gli occhi azzurri e i capellibiondi come lei.Da WalMart Barbara scopre un universo paternalistico e incredibilmenteautoritario. c’é un’ideologia aziendalista da grande famiglia («le miglioriidee innovative vengono sempre dai nostri dipendenti») ma al tempo stessogli esami delle urine all’assunzione servono per identificare le donneincinte o chi fuma lo spinello. Delle otto ore di formazioneindottrinamentoper i nuovi assunti, fa parte una serie di messaggi intimidatoriantisindacali. «I sindacati tentano da anni di entrare da WalMart – recitail filmato aziendale – ma pensateci bene prima di iscrivervi. Se aderite aun sindacato perderete 20 dollari di tesseramento, perderete il diritto dipensare con la vostra testa, e forse perderete anche qualcos’altro». Neldecalogo della commessa c’é il divieto di parlare con le colleghe anchedurante i tempi morti. Indossare bluejeans é consentito solo al venerdì, econ una penale di un dollaro sul salario.Barbara Ehrenreich ha vissuto questa esperienza senza furbizie né trucchi.Ha cercato di lavorare al meglio, di guadagnare il massimo in quellemansioni, non si é mai ribellata ai capi («in quel mondo di sottomissionealla fine mi sentivo gratificata quando ero riuscita a pulire un cesso neitempi prestabiliti»).

«Sia chiaro – dice oggi – non ho vissuto un’esperienza estrema, ai marginidella società . No, ho fatto la vita normale di milioni di lavoratoriamericani, con la sola differenza che io sapevo che un giorno ne sareiuscita».

l’America di questo viaggio agli inferi é il luogo in cui Bill Clinton havarato l’esperimento sociale del «welfaretowork», cioé il tentativo diridurre il numero di disoccupati assistiti, spingendoli a tornare al lavoro.Statisticamente é stato un successo: molti exdisoccupati sono riusciti ainserirsi, e il lavoro li rende senz’altro meno dipendenti, meno emarginati,meno passivi. Ma si é creato un esercito di lavoratori poveri: il 67% dicoloro che chiedono cibo all’assistenza sociale attualmente hannoun’occupazione. «Prima – dice Barbara – il ceto medio americano era convintoche il Welfare servisse a mantenere dei parassiti, ragazze madri nere chevivevano alle spalle del contribuente. Ora le ragazze madri fanno lecommesse da WalMart, le cameriere da Wendy’s, o puliscono le case altrui.Trascurano i propri figli perché i figli degli altri siano accuditi. Vivonosenza alloggi perché le case degli altri siano pulite. Si privano di tuttoperché l’inflazione resti bassa, e i profitti delle imprese alti. I workingpoors sono i filantropi della nostra epoca, donatori anonimi, i nostribenefattori senza volto».

Be the first to comment on "La sociologa che si fece povera"

Leave a comment