La libertà di detenere armi collima con il diritto alla sicurezza?

Miriam Rossi – http://www.unimondo.org

Ha tentato di sottrarre la pistola a un poliziotto per uccidere Donald Trump, il candidato repubblicano alla Casa Bianca: il protagonista della vicenda è Michael Steven Sandford, un ventenne britannico arrestato alcuni giorni fa a Las Vegas nel corso del comizio tenuto dal miliardario newyorkese. Tra le dichiarazioni del giovane riportate nei resoconti del tribunale si legge che Sandford stava pianificando l’assassinio da circa un anno e che era entrato in azione solo dopo aver raggiunto la necessaria fiducia per compiere il gesto folle con un qualche margine di successo, nella certezza che in caso di sparatoria sul palco sarebbe stato ucciso dal servizio d’ordine o che, in caso di non attuazione dell’operazione, avrebbe tentato ancora nella successiva arringa resa dal magnate ai cittadini. Probabilmente ci si trova innanzi a un giovane mosso non tanto da idee politiche affinate ma piuttosto da un profondo disagio sociale che ha già fatto segnalare i suoi diversi tentativi di suicidio, una possibile forma di autismo, la condizione di disoccupazione, di solitudine e di senza fissa dimora.

Che sia o meno uno squilibrato, non sarebbe la prima volta che la storia politica statunitense si tinge di rosso: da Lincoln a J.F. Kennedy passando per Garfield e McKinley, sono questi i nomi dei 4 (su 44) presidenti uccisi a fronte di un numero ben più alto di ferimenti e attentati vari compiuti ai danni praticamente di tutti i presidenti in carica e dei candidati in corsa alla presidenza degli USA. Non è neanche la prima volta che la violenza risulta un attore di questa campagna presidenziale. Già da tempo si assiste, infatti, a veri e propri scontri durante i comizi elettorali di Trump, con le due fazioni dei sostenitori e degli avversari che si fronteggiano anche a suon di percosse. È un effettivo mirare alla pancia dell’altrui elettorato per sintetizzarlo in una freddura. Tuttavia è proprio la violenza, specialmente se sfogata con armi, uno dei temi più caldi negli Stati Uniti. E ora che il candidato repubblicano si trova a che fare anche con omicidi sventati alla sua persona, lo sarà ancora di più.

Come noto, la libertà di detenere un’arma è garantita dal II emendamento della Costituzione a stella e strisce e contribuisce a far mietere circa 33mila vittime all’anno negli Stati Uniti su una popolazione di 302 milioni di abitanti. Tanto per dare un dato di confronto, in un’Europa di 503 milioni di cittadini ma dove questa libertà non esiste, le vittime per armi da fuoco sono 6.700. Dati forniti dal Flemish Peace Institute ma confermati da altri enti di ricerca e da rilevazioni di diverse anime politiche, nazionali o sociali, che talvolta differenziano i loro report non sui numeri ma sull’analisi dell’esistenza di una causa diretta tra il possesso delle armi e il loro uso a fini violenti. Vero è che in certi efferati massacri, da quello registrato sulla pellicola di Bowling for Columbine dal regista Michael Moore ispirato alla strage alla Columbine High School del 1999 costata la vita a 12 alunni e a un insegnante per mano di due altri studenti a quello recente nel locale Pulse club di Orlando in cui hanno perso la vita 49 giovani, le armi automatiche usate dagli assassini hanno fatto la differenza. Se non altro per aver dato la concreta opportunità di trasformare rabbia e violenza in massacri, senza troppo fatica nel reperimento di un’arma con ottime “prestazioni” e con un così semplice utilizzo.

Ciononostante, il “troppo facile procurarsi le armi” dichiarato da tempo dal presidente Barack Obama, nulla ha potuto contro il voto del senato statunitense che pochi giorni fa ha bocciato per l’ennesima volta nuove misure per il controllo sulle armi. Anzi, proprio il timore che la legge passasse, ha indotto i cittadini a fare incetta di pistole, fucili e munizioni nonché ad aderire numerosi ai gruppi a difesa del II emendamento della Costituzione.

Proprio la strage di Orlando dell’11 giugno scorso, la più sanguinosa sparatoria di massa che ha avuto luogo sul territorio degli Stati Uniti, ha costituito materiale di campagna elettorale, risollevando il dibattito sulle armi con i punti vista completamente diversi dei due candidati, entrambi affidati a twitter. Hillary Clinton ha affermato che “dobbiamo tenere armi come quelle usate la scorsa notte lontano dalle mani dei terroristi o di altri violenti criminali. Questo è il più terribile massacro nella storia degli Stati Uniti e ci ricorda una volta di più che armi da guerra non devono avere posto nelle nostre strade. È arrivato il momento di unirci e fare di tutto per difendere le nostre comunità e il Paese”. Donald Trump ha invece puntato l’indice contro gli immigrati-terroristi, secondo un binomio fortunato dinanzi agli elettori ma privo di numeri reali, “il terrorista, Omar Mir Saddique Mateen, è il figlio di un immigrato dell’Afghanistan che ha apertamente dichiarato il suo sostegno per i talebani afghani… Secondo l’istituto di ricerca Pew, il 99 per cento della gente in Afghanistan appoggia l’oppressiva legge della Sharia. Noi ammettiamo negli Stati Uniti più di 100mila migranti dal Medio Oriente ogni anno. Dall’11 settembre, centinaia di migranti e i loro figli sono stati implicati in atti di terrorismo negli Stati Uniti”. Pur tacendo in questo caso sulla questione del controllo delle armi, l’America conservatrice e dei militanti “pro-gun” ha trovato in Trump un megafono che parla al Paese con slogan facili e ribadisce la centralità del cittadino nella difesa di se stesso, della sua proprietà e del suo Paese. I democratici appaiono, invece, più deboli nella loro richiesta di un controllo sulla vendita e sulla circolazione delle armi, percepita dai delatori come una riduzione del diritto delle persone di difendersi al 100% attraverso un indebolimento di un “cardine” della Costituzione e temuta anche dai loro stessi elettori in un Paese dove quasi il 60% della popolazione è favorevole all’uso delle armi.

Non si rilevano di certo gli stessi numeri pro-armi sul territorio europeo ma di certo la recente uccisione a colpi di arma da fuoco della deputata laburista Joanne Cox in Gran Bretagna restituisce la percezione di un dialogo fallace tra politica e base sociale, nonché di un aumento della violenza verbale e fisica anche nel Vecchio Continente. Un orrore che, a dispetto delle opinioni a caldo degli analisti della scorsa settimana, non ha condizionato la scelta al referendum sulla Brexit.

Tratto da:

http://www.unimondo.org/Notizie/La-liberta-di-detenere-armi-collima-con-il-diritto-alla-sicurezza-158454

 

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