Mente, corpo e cultura

Come le diverse espressioni culturali modificano la nostra fisiologia e psicologia | Jader Tolja dirige un laboratorio di ricerca presso l’Università di Bratislava, dove si studia la relazione tra corpo, mente e spazio cercando di capire come tutte le forme di progettazione, dalla pianificazione urbanistica alla moda, cambiano le persone a livello neurologico. In questa intervista, descrive come lo spazio e la cultura da un lato, e il funzionamento del cervello e la fisiologia del corpo, dall’altro, si influenzano a vicenda.

In quale misura lo spazio influenza la nostra fisiologia?

Il nostro sistema nervoso è progettato in modo da innescare modifiche nel corpo in risposta a stimoli esterni. Qualsiasi stimolo esterno, come una piazza senza vegetazione oppure la presenza di acqua, provoca un cambiamento all’interno del nostro corpo.

Qual’è il problema?

Il problema è che i progettisti non conoscono, non sempre sono consapevoli, degli effetti fisiologici che si innescano. Davanti ad una piazza di cemento il sistema nervoso reagisce all’essere a contatto con qualcosa di duro e secco con un atteggiamento di allarme, il corpo non si rilassa. Mentre lo fa in presenza di acqua o terra.

Esistono studi a questo proposito?

Si. Sappiamo, per esempio, che se dalla camera di un ospedale si vedono alberi e verde, la persona ricoverata guarisce tre giorni prima rispetto ad una che non vede il verde.

Curioso.

Un bosco ci permette di non fissare l’attenzione su qualcosa di particolare, è armonioso e questo attiva automaticamente l’emisfero destro del cervello, più legato alle sensazioni. Se ci sono molti stimoli visivi nell’ambiente, attiviamo invece l’emisfero cerebrale sinistro, che ci porta a restringere la visione, a focalizzarci.

La vita moderna ci porta ad essere sotto la direzione dell’emisfero sinistro del cervello .

Sì, mentre in realtà l’emisfero sinistro è stato progettato per servire il cervello destro. Conosce Perry Mason?

Puro cervello destro?

Sì, Mason ha una visione generale e quando ha bisogno di informazioni puntuali manda il suo assistente, Paul Drake: il cervello di sinistra. Oggi, la nostra educazione, la cultura e la progettazione dei sistemi operativi ci convertono tutti in Paul Drake.

Questo che tipo di società crea?

Visiva, incapace di distinguere tra forma e contenuto, e quindi molto facilmente manipolabile. Vedere il cielo stellato ci permette di capire che siamo parte di una coreografia globale. Se tutto è Selfie, facilmente mi credo il centro dell’universo.

E lei studia come evitarlo.

Investigo su come intervenire a livello culturale per riprogettare ciò che sta intorno a noi, in modo che si adatti al nostro sistema nervoso.

Si tratta di cambiare il punto di vista.

Sì, occorrerebbe progettare a partire dal corpo. Nel design di interni, ad esempio, se l’arredamento e i mobili sono bassi e orizzontali il sistema nervoso si calma. 

Al contrario, se ci sono molti elementi alti e verticali il nostro sistema nervoso rimane in uno stato costante di vigilanza.

Potremmo andare lontano.

Uno spazio lungo e stretto, come un canyon ad esempio, porta ad una situazione di allarme, perché limita la nostra possibilità di fuga e quindi ci attiva a percorrerlo il più in fretta possibile. Un orizzonte ampio fornisce un senso viscerale di benessere. Le città e la maggior parte degli oggetti sono stati progettati a partire dalla teoria, dall’astrazione, dalla razionalità, causando di conseguenza situazioni di continuo sforzo fisico e mentale.

Questo è palpabile.

Noi ci adattiamo all’architettura, alla moda, piuttosto che adattare a noi l’abbigliamento e lo spazio, ed è un circolo vizioso: maggiore scollegamento del corpo – minor controllo del design, perché le persone perdono la capacità di comprendere il prezzo che paga fisicamente.

I tacchi ne sono un esempio.

Se guardiamo ai piedi, con le loro 26 ossa e 33 articolazioni, il problema maggiore non sono tanto i cinque centimetri di tacco che accorciano e atrofizzano del 13% i polpacci, quanto il fatto che quasi tutte scarpe non danno spazio alla distensione naturale delle dita lateralmente. Il design parte da un’idea astratta di come è fatto un piede, a partire da uno stampo di legno conico con una estremità appuntita, l’esatto opposto del piede.

Cosa causa?

Il corpo è una tensostruttura e bloccare un’articolazione significa bloccare anche tutte le altre parti del corpo. Basta provare: se si cammina con i piedi contratti non si può avere il resto del corpo rilassato e libero, tutto il corpo è teso. Ma il problema va oltre.

Cioè?

L’ansia è l’espressione di un blocco della respirazione. Se il piede non ha la giusta mobilità, si limita la respirazione. Se entrambi i piedi si muovono costantemente come due blocchi, abbiamo inibito l’alternanza di rilassamento e contrazione tra i due lati del corpo, sradicando il concetto di “due” sia a livello corporeo che a livello psichico.

Con quali conseguenze?

Per esempio abbiamo difficoltà di sviluppare la capacità di percepire insieme le esigenze di due persone differenti come equivalenti. In fondo continuiamo a ritenere che una debba adattarsi all’altra.

Dobbiamo quindi progettare a partire dal corpo.

La cultura è dominata dal cervello di sinistra, espressione del mentale e dell’astratto, e ci condiziona in qualsiasi sua espressione, dall’educazione al modo di vestirci. Nell’istruzione o nello sport abbiamo bisogno invece di partire dall’idea che il corpo funziona su un principio di piacere.

Quale sarebbe la cosa giusta?

Un processo di umanizzazione culturale, capire come funzionano il nostro corpo e la nostra psiche; si tratta in pratica di un processo di ‘educazione somatica’. Fondamentalmente abbiamo bisogno di recuperare la nostra capacità di ‘sentire’ il proprio corpo.

Intervista realizzata da I. Sanchís, per il quotidiano spagnolo La Vanguardia.

Tratto da: Bodythinking.com

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