Inflazione, disoccupazione, ignoranza

(Fonte: znetitaly.altervista.org)

 

Inflazione: sindrome ossessivo-compulsiva

di Paul Krugman ” 28 luglio 2014

Brad DeLong fa un duro e onesto lavoro di individuazione di un’autentica enciclopedia di proclami della destra negli ultimi cinque anni a proposito del fatto che un’inflazione elevata sarebbe appena dietro l’angolo o forse sia gia’ arrivata ma i federali la stiano nascondendo nell’Area 51. Ma io penso che egli non analizzi a fondo il fenomeno, tentando di attribuirlo a cattivi modelli o semplicemente ritenendolo incomprensibile.

Chiaramente c’e’ qui all’opera qualcosa di piu’ profondo. Dopotutto intestardirsi in convinzioni che si sono dimostrate sbagliate, sbagliate, sbagliate cosi a lungo ” convinzioni che sarebbero costate soldi se si fosse agito in base ad esse e si ricordi che Eric Cantor, il perduto cavaliere bianco del conservatori riformatori ha fatto in realta’ proprio questo ” dimostra che c’e’ una qualche ragione sottostante per cui tali convinzioni sono parte necessaria dell’identita’ della destra.

Cio’ che deve star succedendo e’ che l’odio generale dell’attivismo governativo, la costante lamentela che i burocrati stanno portandoci via la sudata ricchezza per darla a scrocconi e sciacalli porta con se’ l’irrefrenabile necessita’ di considerare un furto le politiche monetarie. Ci cascano persino i Repubblicani presunti moderati. E’ una forma di sindrome politica ossessivo-compulsiva, non suscettibile di discussione razionale.

E cio’, a sua volta, significa che i monetaristi del mercato hanno un compito senza speranza. James Pethokoukis scrive della bizzarra ossessione dei suoi colleghi per l’inflazione; deve chiedersi perche’ tale ossessione persista, di fatto si sia rafforzata, dopo cinque anni di fallimento empirico totale.

Come ho detto in passato ci sono due temi su cui, per la mia esperienza, i conservatori vanno completamente fuori di testa, paonazzi per la rabbia e urlanti. Uno e’ l’assistenza sanitaria, dove la possibilita’ di un riuscito programma sostenuto dal governo e’ inaccettabile nonostante tutti, persino gli Stati Uniti per i loro anziani, lo pratichino, e l’altro e’ la politica monetaria. E’ ora di smetterla di fingere che questi siano dibattiti razionali e di cominciare a cercare le origini della compulsione.

 

Inflazione, disoccupazione, ignoranza (leggermente per secchioni)

28 luglio 2014

Jared Bernstein osserva che di questi tempi non sembra che abbiamo una buona esposizione dell’inflazione e della disoccupazione, e si preoccupa che cio’ portera’ a una cattiva politica, in particolare a una stretta monetaria prematura. Sono d’accordo e ho qualcos’altro da aggiungere.

Il punto fondamentale e’ che sin dagli anni ’70 abbiamo insegnato una storia in cui un’economia con disoccupazione eccessiva e’ una in cui l’inflazione dovrebbe continuare a scendere. Poiche’ l’inflazione e’ oggi circa al livello di una dozzina di anni fa, questa esposizione suggerisce che in media abbiamo avuto piena occupazione in questo periodo. Ma sappiamo che questo periodo e’ stato marcato da un’espansione debole e da un crollo tremendo, dunque non puo’ essere vero. C’e’ qualcosa che non torna.

Ho sostenuto che i dati sono piu’ coerenti con una Curva di Phillips paleo-keynesiana in cui la disoccupazione determina il livello, non il tasso di cambiamento, dell’inflazione, il che potrebbe essere sensato date aspettative stabili e rigidita’ del ribasso dei salari. Ma questa e’, al meglio, un’ipotesi ragionata e in qualche misura a posteriori.

Il fatto e’, comunque, che questo non e’ un problema nuovo. Non c’e’ stata alcuna Curva Phillips, per non parlare di una Curva Phillips accelerativa, nel corso della Grande Depressione. Ecco i salari:

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I salari scesero con il crollare dell’economia, ma rimbalzarono successivamente anche se la disoccupazione era elevata. Applicando ragionamenti moderni a questi dati uno avrebbe potuto facilmente concludere che l’economia era prossima alla capacita’ piena nel, diciamo, 1939 e, in effetti, molti economisti sostennero all’epoca che la maggior parte della disoccupazione era strutturale, dovuta al disallineamento tra le competenze e le richieste dell’economia moderna e che non poteva essere curata da una maggiore domanda.

Ma poi arrivo’ il massiccio stimolo fiscale sotto forma di riarmo e guerra ed emerse che c’era una quantita’ di spazio nell’economia e che i lavoratori statunitensi erano adeguati.

La lezione per l’oggi, certamente, e’ che non dovremmo avviare una stretta sulla base di misure ipotetiche di esuberi, perche’ cio’ potrebbe portare a una decisione terribile: mantenere l’economia depressa senza alcuna buona ragione. Dovremmo invece attendere fino a quando non ci sia chiara evidenza di surriscaldamento sotto forma di prezzi in forte crescita. I rischi del muoversi troppo presto piuttosto che troppo tardi non sono simmetrici.

 

Altra della solita solfa

26 luglio 2014

Alcuni mesi fa c’e’ stato fermento sul fatto che la Heritage Foundation [ un think tank’ conservatore ” n.d.t.] stava diventando seria dopo una serie di errori eclatanti e di ricerche’ ridicolmente prevenute. La presunta prova di tale svolta era l’assunzione di Stephen Moore, dal Wall Street Journal, a capo economista. La cosa mi ha lasciato, diciamo, indifferente.

Ehm. L’economista preferito dai media conservatori colto a distorcere fatti sulle tassi e la creazione di occupazione:

Il 7 luglio Moore ha pubblicato un editoriale sul Kansas City Star che attaccava le politiche economiche favorite dall’economista premio Nobel Paul Krugman. L’editoria affermava che luoghi come New York, Massachusetts, Illinois e California ¦. sono massacrati da stati che tagliano le tasse. Moore proseguiva attaccando i liberali perche’ sceglievano strumentalmente pochi eventi nelle loro tesi contro grandi tagli fiscali, quando di fatto era Moore che citava dati inaffidabili a sostegno delle sue affermazioni.

Il 24 luglio il Kansas City Star ha pubblicato una rettifica all’editoriale di Moore, affermando specificamente che l’autore aveva riferito in modo sbagliato tassi di crescita dell’occupazione di quattro stati e per il periodo indicato.

Cio’ che qui mi colpisce e’ l’assoluta pigrizia; pare che Moore abbia ricavato cifre da un suo vecchio articolo e non si sia mai preso il disturbo di aggiornarle. Quanto e’ difficile controllare le cifre statali sull’occupazione?

In realta’ se si vuol fare qualcosa riguardo alla crescita dell’occupazione statale, il realmente minimo e’ tener presente che la recessione e la ripresa hanno avuto effetti differenziali negli stati, percio’ si potrebbe voler guardare alla crescita dell’occupazione nell’intero periodo di recessione e ripresa. Se lo si fa il quadro mostra cio’ che si vede riguardo ai quattro stati di Moore:

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Il Texas, non sorprendentemente, mostra i dati migliori. Lo stato di New York arriva secondo, seguito dalla California, con la Florida all’ultimo posto. Non un messaggio ideologico particolarmente chiaro qui.

Ne’ ci si dovrebbe attendere che ci fosse. Il reale lavoro empirico sulla crescita statale mostra molteplici fattori: mitezza del clima, basso costo degli alloggi, elevati salari e, si, un certo impatto delle aliquote fiscali. L’idea che si possa trovare una schiacciante correlazione univoca con le sole tasse e’ qualcosa che soltanto un, beh, analista della Heritage Foundation potrebbe credere.

Ultimo punto: ci sono in circolazione parecchi economisti politicamente conservatori ma tecnicamente competenti e la Heritage dispone chiaramente delle risorse per assumerli, se lo vuole. Ma non lo fa. Sospetto che sia perche’ teme che possano non essere fedeli alla linea. La competenza ha un ben noto pregiudizio liberale.

www.znetitaly.org

Fonte: [krugman.blogs.nytimes.com]

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2014 ZNET Italy ” Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

(Tratto da: http://znetitaly.altervista.org)

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