L’unione bancaria e le colpe della Germania

premessa
Da qualche tempo la calma sembra regnare sul fronte dell’euro. Gli spread tra gli interessi sui titoli pubblici pagati dai paesi del Sud Europa e quelli tedeschi continua a scendere ed essi si collocano ormai a livelli impensabili soltanto un anno fa. Cosi a Bruxelles si da per sostanzialmente risolta la crisi della moneta unica e non ci si preoccupa piu’ molto dei possibili problemi che potrebbero ancora sorgere.

Ma in realta’ nulla appare veramente a posto. La mossa di Draghi che, nel luglio del 2012, dichiaro’ che la BCE avrebbe fatto di tutto per difendere l’euro, ha sino ad oggi funzionato, ma non si sa sino a quando durera’ la luna di miele con i mercati e comunque i problemi strutturali della costruzione europea sono tutti ancora al loro posto.
Cosi, un paese come l’Italia si ritrova oggi con un debito pubblico intorno al 135% del pil, con la conseguenza di dover ogni anno mettere in bilancio circa 80 miliardi di interessi passivi, sottraendo preziose risorse a impieghi piu’ produttivi e di essere inoltre sempre sotto la minaccia di un ritorno della speculazione internazionale. I metodi tradizionali con i quali di solito si ripagano i debiti, lo sviluppo dell’economia e/o l’inflazione, sembrano fuori portata. Tra l’altro, il paese non cresce sostanzialmente da venti anni.

il fallimento del progetto di unione bancaria
I tentativi di portare avanti la costruzione europea non hanno dato di recente grandi risultati. Nell’ultimo periodo si e’ dibattuto molto, tra l’altro, del progetto di Unione Bancaria. Tra gli obiettivi di fondo di tale costruzione c’era all’inizio quello di interrompere la simbiosi perversa instauratasi a suo tempo tra sistema bancario e debiti sovrani dei vari paesi.

Le azioni di fondo che si volevano portare avanti in tale ambito erano nella sostanza tre: trasferire la vigilanza sulle banche dalle autorita’ nazionali a quelle europee; mettere in piedi un meccanismo comune di soluzione delle crisi dei singoli istituti finanziari; avviare un sistema di garanzia dei depositi bancari sempre a livello europeo. Ma il risultato finale delle lunghe trattative che si sono sviluppate sul progetto appare largamente deludente, in particolare per quanto riguarda il secondo e il terzo obiettivo, per cui si puo’ dire che non ci sara’ nella sostanza nessuna vera unione bancaria.

La Germania, in particolare, si e’ adoperata per ridimensionare fortemente il progetto, per la semplice ragione che essa non vuole in alcun caso partecipare finanziariamente ai problemi degli altri paesi, mentre appare fiduciosa di potere far da sola per quelli propri; gli altri governi, d’altro canto, hanno accettato supinamente i voleri dell’ingombrante alleato.

Cosi alla fine, nella sostanza, la sorveglianza sulle banche da parte della Bce ed altri organismi europei e’ stata approvata, ma sono state escluse da tale ambito le banche meno grandi; e questo sempre per volere della Germania, paese nel quale le banche locali sono strettamente legate alla politica. Ma spesso le crisi, come mostra la storia anche recente, sono scatenate proprio dai piccoli e medi istituti. Valga per tutti il caso delle savings & loans statunitensi di qualche decennio fa. Comunque l’approvazione di questo specifico programma segna un passo in avanti di rilievo, anche se largamente insufficiente.

Per quanto riguarda la garanzia per i depositi a livello europeo, non se ne parlera’ piu’, perche’ sempre la Merkel non vuole. In relazione infine al meccanismo di risoluzione comune delle crisi, il risultato approvato appare del tutto deludente; si e’ accettato di nuovo nella sostanza il diktat tedesco. E’ stato, certo, creato un fondo comune per la risoluzione della crisi, ma esso fra otto anni ammontera’ ad appena 55 miliardi di euro, contro necessita’ potenziali di almeno una ventina di volte tanto, mentre il ruolo delle autorita’ nazionali restera’ molto forte. Da rilevare che la somma prevista per il fondo e’ appena pari al’1% delle passivita’ del sistema bancario europeo.

le colpe della Germania e quelle degli altri
A proposito della Germania, non vorremmo comunque che essa fosse considerata, come si tende da piu’ parti a fare, il solo grande colpevole delle difficolta’ europee. A tale proposito vogliamo ricordare che diversi autori, negli ultimi mesi, hanno portato avanti il concetto che tale paese starebbe distruggendo il nostro continente ormai per la terza volta, dopo aver provocato ben due guerre mondiali. In realta’ dobbiamo intanto sottolineare che la prima guerra mondiale non e’ stata solo colpa della Germania, ma come abbiano avuto responsabilita’ piu’ o meno dello stesso peso paesi quali la Gran Bretagna e la Francia. Per quanto riguarda poi l’attuale crisi dell’euro, bisogna anche ricordare il ruolo dannoso della Francia, che in passato ha respinto le offerte della Germania di avanzare sul piano dell’integrazione politica del continente e che oggi invece con un atteggiamento di supina obbedienza alla Germania ostacola l’uscita dalla crisi.

Ma poi bisogna mettere in campo anche il ruolo nefasto di Italia e Grecia, che hanno in passato irresponsabilmente aumentato fortemente il livello dei deficita’ e i debiti pubblici senza peraltro impiegare le uscite relative a fini produttivi. Cosi tali paesi hanno fornito a quelli del Nord Europa il migliore pretesto per obbligarci ora a politiche di austerita’, per scontare i nostri peccati di prodigalita’. Per quanto riguarda ancora il nostro paese vogliamo ancora sottolineare, su di un altro piano, che i vincoli dell’euro sono usati dalla nostra classe politica come un alibi per la paralisi su molti fronti. In realta’, i vincoli dell’euro non ci impedirebbero ad esempio di redistribuire su basi piu’ eque il carico fiscale, di riformare la pubblica amministrazione, di riqualificare la spesa pubblica, di portare avanti un progetto di politica fiscale, di combattere piu’ efficacemente la corruzione e l’evasione fiscale; e si potrebbe continuare a lungo nell’elenco. Alla fine, comunque, le prospettive appaiono come molto negative e la luce in fondo al tunnel ancora non si vede.

(Tratto da: http://www.finansol.it)

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