In Libia l’obiettivo e’ uccidere Gheddafi

(Fonte: Inviatospeciale.com/)

Mentre divampa la disinformazione sul conflitto, il vero scopo delle truppe Nato appare sempre piu’ evidente. Ma non si dice.

Alberto Negri, inviato del Sole24 Ore, ha scritto ieri sul quotidiano di Confindustria: “La caduta del regime e’ l’obiettivo, celato dietro la foglia di fico della missione umanitaria e della risoluzione dell’Onu, dei raid della Nato in Libia. Lo affermano in molti, anche un intellettuale moderato di origini libiche come Karim Mezran, direttore del Centro studi americani di Roma, autore di un libro fresco di stampa, “L’Africa mediterranea”, che vede comunque nell’intervento internazionale forse “l’unica possibilita’ di affermazione nel suo Paese di un nuovo sistema politico””.

 

Ieri le Nazioni Unite hanno chiesto l’immediato cessate il fuoco ed il segretario Ban Ki-moon ha chiesto alle forze governative di cessare gli attacchi contro civili. Mostrando una ‘seconda personalita”,  l’Alleanza Atlantica per voce di Carmen Romero ha sostenuto: ‘La Nato ritiene che la soluzione in Libia non sia militare, ma politica. Un cessate il fuoco faciliterebbe la ricerca di questa soluzione ma deve essere credibile e verificabile e deve essere accompagnato da uno stop completo della violenza’. La risposta dei cosiddetti ‘insorti’ e’ stata comunque negativa alle proposte di tregua.

Sempre Negri nel suo articolo aveva con molta precisione descritto la situazione: “E’ quello che accadra’ dopo il Colonnello l’interrogativo oggi piu’ inquietante. La diplomazia internazionale, mossa da folto un corteo di attori, da Washington a Roma, da Parigi, Londra ad Ankara, si sta muovendo per trovare una soluzione. Questa vicenda, iniziata con i bombardamenti francesi, una decisione presa da Sarkozy con sospetta rapidita’, continuata con l’atteggiamento ambiguo degli americani e proseguita con il coinvolgimento dell’Italia, deve trovare una via di uscita che non si esaurisce con la fine di Gheddafi. I libici non sono il popolo di guerrieri che voleva il Qaid ma una nazione senza Stato e istituzioni che confina, dalla fascia nordafricana a quella sotto il Sahara, con Paesi poveri e in preda a conflitti e instabilita’. Nel buco nero della Libia non c’e’ soltanto il petrolio che fa gola all’Occidente ma anche qualche imprevedibile rischio”.

Intanto ieri pomeriggio un folto gruppo di attivisti della Rete romana contro la guerra hanno organizzato una protesta davanti alla sede nazionale del Pd a Roma. Sui cartelli innalzati dai manifestanti si leggeva: “Non si puo’ votare a favore della guerra’, ‘Non esistono guerre umanitarie’,’L’art.11 va rispettato’.

Il partito di Bersani e’ considerato responsabile di aver votato in Parlamento a favore della guerra e dei bombardamenti sulla Libia invece di incalzare il governo sulle sua contraddizioni. Critiche sono state lanciate anche verso il Presidente della Repubblica Napolitano che secondo i sostenitori della Rete contro la guerra ha il dovere di difendere anche l’art.11 della Costituzione e non di fare la sponda a chi ha voluto portare l’Italia a fare la guerra in Libia. Gia’ alla fine di marzo era stata organizzata una manifestazione sotto il Quirinale.

La Rete ha anche richiamato i risultati di alcuni sondaggi secondo i quali la maggioranza dell’opinione e’ contraria all’intervento militare italiano in Libia ed in Afghanistan. I pacifisti hanno chiesto un incontro con la direzione nazionale del partito di Bersani ed annunciato una assemblea nazionale contro la guerra per domenica prossima.

(Tratto da: http://www.inviatospeciale.com/)

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