Clessidra punta sul food

di Ulisse Spinnato Vega (http://www.lettera43.it)

Il fondo Clessidra è un po’ come il prezzemolo: sta bene ovunque. Anche solo a livello di indiscrezioni, non c’è stato dossier finanziario importante, negli ultimi anni, in cui non sia comparso il nome della Società di gestione del risparmio guidata da Claudio Sposito, Sandro Grimaldi e soci, dalla cordata dei «capitani coraggiosi» di Alitalia fino all’interessamento per il pool di «patrioti» che dovrebbe salvare Parmalat dalle grinfie francesi. Ma anche Snai, Gemina, Coin e addirittura la vendita dell’As Roma. Inoltre, è di pochi giorni fa l’interessamento per Metroweb.
Di Clessidra, insomma, si parla quasi sempre e «d’altronde hanno una bocca di fuoco da centinaia di milioni di euro che consente loro di entrare in aziende dalle quali vogliono estrarre valore», dice a Lettera43.it il trader indipendente di Bellelli.biz, Pietro Origlia.
IL SUCCESSO DELL’ALIMENTARE.

L’ultima indiscrezione vorrebbe Sposito e compagni interessati a un altro marchio dell’alimentare italiano, nulla a che fare con Parmalat. Dopotutto il settore va a gonfie vele, è anticiclico, rappresenta uno dei punti di forza del made in Italy e risente positivamente della bolla sui prezzi delle materie prime. «I rincari a doppia cifra di cacao, mais, zucchero o soia stanno trasformando l’alimentare in un comparto strategico e altre operazioni importanti si profilano all’orizzonte», dice l’analista Fabrizio Zampieri, socio di Assoconsulenza.
«Ormai sono molti i fondi internazionali che hanno nei loro portafogli quote di società alimentari in previsione di ulteriore apprezzamento nel medio periodo. E il settore può dare ancora grandi soddisfazioni agli azionisti. Tra i nomi da tenere sotto controllo nei prossimi mesi, ci sono senz’altro Danone, Campari, Kraft Foods, Unilever, Nestlè, Dean Foods, oltre alla stessa Parmalat», aggiunge Zampieri.

Riflettori puntati su Campari

Sul listino milanese, tenendo da parte Collecchio, le società del comparto si contano sulle dita di una mano. Ha suscitato grande interesse la Centrale del latte di Torino che, durante il battage su Parmalat, ha guadagnato il 35-40% a Piazza Affari (malgrado si registrino le fisiologiche prese di beneficio).
E poi si fa un gran parlare di Campari e delle sue performance nel ramo food&beverage, dallo shopping di marchi esteri (l’ultima preda nel mirino sarebbe Stock) ai buoni dati di bilancio dell’esercizio 2010.
UN’AZIENDA SANA. «È uno dei migliori brand a livello mondiale. Ma ha una proprietà molto solida, per cui nuovi ingressi societari sarebbero forse prevedibili solo a livello di partnership», dice Origlia. «D’altro canto», replica Zampieri, «la struttura finanziaria delle imprese del comparto è sana in generale, con buone redditività, al di sopra della media dell’industria nel suo complesso. Ma il progressivo aumento dell’indebitamento degli scorsi anni, combinato a un grado di capitalizzazione basso, porterà alla necessità di ottenere nuove risorse attraverso capitale di rischio con acquisizioni e partecipazioni».
Insomma, Campari resta osservato speciale. Ma tutto il settore alimentare italiano piace agli investitori e fa gola a fondi italiani e a multinazionali estere (anche perché resta sottovalutata la domanda dei Paesi emergenti, a cominciare dalla Cina, che amano sempre di più le prelibatezze della Penisola). Qualche nuvola, però, potrebbe stagliarsi all’orizzonte. Origlia ha le idee chiare: «La bolla non può andare avanti a lungo. In questo modo, la flebile crescita economica è a rischio. Pure il petrolio sta salendo troppo e nel medio termine dovrà andar giù, anche perché le banche centrali si preparano a un giro di vite sui tassi». Zampieri è sulla stessa lunghezza d’onda: «Il rischio bolla potrebbe portare a un crollo nelle quotazioni dei mercati di riferimento nel prossimo biennio».

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